«Il tempo è scaduto: non c'è tempo per intervenire in punta di piedi solo con i prelievi selettivi»
Il lungo intervento in merito del gruppo consiliare in Provincia "Centro destra per Piacenza"
Il gruppo consiliare in Provincia "Centro destra per Piacenza" anche alla luce del convegno organizzato dal Consorzio dei salumi Dop alla presenza del commissario per la Peste Suina Africana Vincenzo Caputo torna sul tema caccia e controllo del cinghiale.
Franco Albertini, Paola Galvani, Giulia Monteleone, Federico Bonini, Giampaolo Maloberti, Massimiliano Morganti e Armando Piazza preoccupati dalla diffusione del virus che potrebbe avere effetti negativi su tutta la filiera dei salumi assumono una posizione ben precisa in merito alla caccia al cinghiale. «Nella nostra provincia - dicono - fino a dicembre 2021 era in vigore un piano provinciale di controllo del cinghiale che prevedeva oltre all'autodifesa e al tiro selettivo anche e soprattutto l'impiego della minibraccata con l'utilizzo di massimo 5 cani da seguita (muta di cani segugi specializzati sulla specie cinghiale)».
«La decisione sul numero massimo impiegato per ogni singolo intervento era lasciata al buon senso degli operatori autorizzati che valutavano di volta in volta la quantità di cani necessaria in rapporto alla dimensione dell'area boschiva e al numero degli operatori presenti considerando anche la necessità di un recupero rapido dei cani a fine battuta. Nel 2021 - spiegano - il numero dei cinghiali prelevati in controllo in collina e pianura, dove normalmente vengono eseguiti gli interventi, era stato di 826 cinghiali».
«A caccia sempre nello stesso periodo e con lo stesso sistema ma anche in alta collina e montagna e con un numero superiore di cani (fino a massimo 12) sono stati prelevati 1585 capi. Dal mese di gennaio 2022 è entrato in vigore il piano regionale quinquennale di controllo del cinghiale. Proprio nel periodo in cui veniva ritrovato il primo cinghiale positivo alla Peste suina africana. Il piano pur auspicando una massiccia riduzione della popolazione di cinghiali e sottolineando che l'ottanta per cento dei capi prelevati durante la caccia e il controllo si sono ottenuti in passato attraverso la caccia in braccata con l'utilizzo di massimo 12 cani non abilitati Enci, ha di fatto eliminato tale metodologia, seppur efficace consentendo la sola girata (utilizzo massimo da parte di un conduttore autorizzato di un cane abilitato limiere e minimo 4 massimo 10 operatori), il tiro selettivo da postazione fissa di sparo e la cattura con trappola o chiusino. Con 524 interventi di autodifesa con tiro selettivo da postazione fissa di sparo nei primi 6 mesi del 2023 sono stati abbattuti solo 9 cinghiali».
«Successivamente attraverso il Priu c’è stata una modifica al piano di controllo introducendo la possibilità dell'utilizzo di una muta composta al massimo da tre cani da seguita. Se la questione sembrava avviata verso una soluzione di buon senso che rispondevaalle innumerevoli richieste delle province, l'obbligo di utilizzare solo mute abilitate Enci (Ente Nazionale Cinofilia Italiana) ha di fatto bloccato tale possibilità. Infatti nella regione Emilia Romagna non ci sono mute abilitate proprio perché non ne vige l'obbligo durante la caccia al cinghiale e in Emilia non vengono utilizzati mai più di dodici cani».
«La braccata emiliana è sostanzialmente diversa da quella Toscana. In Toscana vengono utilizzati anche 40 cani e i cacciatori si schierano al di fuori delle zone boscate. In Emilia invece vengono liberati solo i cani strettamente necessari in rapporto al numero dei cacciatori presenti e al territorio in cui insiste la caccia considerando anche l'esigenza di un rapido recupero dei cani .
Quindi è ideologicamente sbagliato giudicare la braccata come metodo che di per sé incentiva la dispersione degli animali qualunque sia il modo in cui questa viene condotta. Oggi il mondo venatorio ha a disposizione decine di mute e cacciatori formati che possono intervenire immediatamente se autorizzati a farlo anche in montagna dove è prevalente la continuità boschiva e altri metodi non possono portare gli stessi risultati in tempi ragionevoli».
«La caccia in minibraccata (massimo 12 cani), come prevede il Calendario Venatorio Regionale, in soli 3 mesi, da ottobre a dicembre, consente di abbattere l'ottanta per cento dei cinghiali. Sarebbe doveroso ed auspicabile anticipare l’apertura della caccia e chiuderla molto dopo. Chiudere la caccia nel periodo migliore quando i boschi sono spogli ed è più efficace l'azione dei cacciatori è completamente sbagliato! Un periodo più esteso della caccia, fin quando le condizioni della vegetazione lo consentono contribuisce sicuramente al tanto desiderato de popolamento dei cinghiali».
«Attivare piani di controllo con la limitazione del numero dei cani e condizionarne l'utilizzo ai solo abilitati Enci nello stesso luogo in cui pochi giorni prima era consentito utilizzare 12 cani non abilitati è altrettanto illogico e inspiegabile. Il tiro selettivo e le catture con trappole possono contribuire a risolvere situazioni particolari ove le attività collettive con i cani non siano attuabili. Non possono però’ essere considerati i sistemi più efficaci e risolutivi anche per la conformazione e la continuità boschiva che caratterizza il nostro territorio».
«Il tempo è ormai scaduto e non c'è tempo per intervenire in punta di piedi con i soli prelievi selettivi. Sarebbe sufficiente eliminare l'obbligo dell'abitazione Enci dei cani e già da subito avremmo a disposizione decine di mute e centinaia di operatori per interventi in aree boschive e nei grandi e impenetrabili campi di mais che caratterizzano la pianura padana. La tecnica della girata da utilizzare prevalentemente in collina e pianura dove è più spiccata la vocazione a questa tecnica di prelievo. La minibraccata in montagna e dove le condizioni ne consigliano l'utilizzo perché più efficace».
«L'autodifesa e il tiro selettivo, che anche se con tempi tecnici di prelievo più lunghi, possono soddisfare le richieste d'aiuto del mondo agricolo in quelle situazioni particolari dove le altre tecniche per vari motivi non sono immediatamente impiegabili.
Questi concetti sono stati espressi dalla Polizia Provinciale della Regione, prima dell'adozione e in altre successive occasioni ai redattori dei piano di controllo e del Piano Regionale di Intervento Urgente per la Peste Suina Africana. Sono sempre rimasti inascoltati».