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L’industria piacentina sorride: «Mai così bene da quando c’è la crisi»

Confindustria commenta l’indagine congiunturale del secondo semestre 2017: numeri positivi in tutti i settori. Per tasso di occupazione Piacenza è dietro solo a Bolzano, Milano e Bologna. Gli industriali: «Non toccate il Jobs Act»

«Mai così bene in questi ultimi anni». Non nasconde un po’ di gioia il direttore di Confindustria Piacenza Cesare Betti nel commentare – come da tradizione – l’indagine congiunturale che l’associazione degli industriali del territorio effettua su un campione equilibrato di cento aziende ( per 9mila addetti e 3 miliardi di euro di fatturato). L'ufficio studi di Luca Groppi ha diffuso i dati relativi agli ultimi sei mesi dell'anno scorso, e i confronti con il secondo semestre del 2016 permettono diverse considerazioni. 

Nella sede dell’associazione anche il presidente Alberto Rota fa un’analisi di una serie di buoni risultati che fanno ben sperare per l’economica locale. «Abbiamo tutti i settori, compresi i materiali edili (non l’edilizia pura) – commenta il presidente – che presentano tendenze positive. I materiali edili registrano il +0,33% (erano tre anni e sei rilevazioni consecutive che non vedevamo il segno +). I nostri due settori più importanti, la meccanica e l’agroalimentare, toccano il +8% e il +10%. Sono insomma tre semestri consecutivi che presentano trend positivi. E riscontriamo una grossa spinta per le nostre imprese dal settore metalmeccanico». L’oil&gas arranca ancora. «Ci aspettavamo una crescita maggiore, l’attendiamo più avanti».

Ma da parte di Confindustria c’è ottimismo. Il fatturato complessivo aumenta dello 7,7%. «Non possiamo dire di aver recuperato – riflette Rota - parte della crisi ma la tendenza è positiva. L’occupazione piacentina cresce dello 0,83% (per quanto riguarda le aziende del campione, non considera i cassa integrati e i lavoratori somministrati, ora il tasso sfiora il 70 per cento). Piacenza è al quarto posto per tasso di occupazione dopo Bolzano e Milano-Bologna a pari merito. Siamo sulla strada giusta, abbiamo aziende che stanno investendo bene e credono nella loro crescita. Abbiamo istituti scolastici che permettono ai ragazzi di inserirsi bene nel mercato del lavoro. Gli investimenti sono cresciuti del 15%: formazione e “information tecnologies” la fanno da padrone. Le aziende credono che sia necessario fare formazione, investire in tecnologia, fare ricerca e sviluppo».

«Abbiamo un’aspettativa – continua il presidente - sui prossimi sei mesi importante da parte delle aziende che si aspettano una nuova crescita. C’è un’aspettativa di ottimismo buona. I dati sull’occupazione sono in crescita: le aziende lavorano in questa direzione»

«Essere la terza provincia con il migliore tasso di occupazione è un dato che ci fa molto sperare. Abbiamo avuto alcune cessazioni di attività e crisi aziendali, ma è segno che non ci sono state troppe ripercussioni. Quello +0,83% potrebbe essere ancora più alto se non fosse per la chiusura di alcune importanti aziende locali». «Puntiamo più in alto del 2017 – aggiunge Rota - ma rimaniamo prudenti. Ci sono diverse incognite da valutare: la Brexit e i dazi americani, l’incertezza del nuovo governo italiano. Ma siamo positivi per i trend registrati dai nostri associati, stiamo vivendo un momento di ripresa».

IL CONFRONTO CON I TEMPI PRE-CRISI (INIZIATA NEL 2008)

«Rispetto al periodo pre-crisi – riflette ancora Rota -, siamo ancora sotto di 6 punti rispetto ai dati pre-2018: ne avevamo persi 20 nel periodo peggiore della crisi.  È stata una crisi talmente lunga che ha fatto pensare di che fosse uno “stato d’essere” definitivo. Gli Stati Uniti, intanto, hanno ripreso a macinare ordini, il Giappone è in crescita, la Cina non ha mai smesso, e l’Europa si è difesa. L’Italia conserva ancora il suo secondo posto europeo nel manifatturiero. Se andiamo avanti di questo passo potremmo recuperare ancora. Nel Piacentino siamo in una fase di evoluzione. Possiamo dire che su 100 aziende, 25 sono “lepri” e macinano numeri importati, 50 sono stabili e 25 vivono un po’ in difficoltà. Il numero di lepri sta aumentando, però – purtroppo – qualche azienda che finisce fuori dal mercato c’è».

JOBS ACT: UN GIUDIZIO DEFINITIVO

«Il Jobs Act – ha commentato Rota - ha cambiato le relazioni sulle assunzioni dei dipendenti. Pensare adesso di fare un contratto a tempo indeterminato dà una serenità di operatività che prima non si aveva. L’imprenditore sa già quanto gli costerà il dipendente. Non significa che lo voglio mandare via, ma si conosce già la potenzialità dell’investimento sulle assunzioni. Il Jobs Act ha influenzato positivamente questi dati. Passati i primi due anni - dove intervenivano consistenti vantaggi fiscali -, la macchina non si è comunque fermata». «Il jobs act? Non ce lo toccassero! – aggiunge Betti -. Dovremmo avere più maturità nelle decisioni, le cose buone teniamole. Non è che chi deve governare deve distruggere le cose fatte dei predecessori. Queste riforme degli ultimi anni hanno permesso di avere questi dati. Diciamo questo non perché siamo a favore di un partito, ma perché ci sono risultati che lo dimostrano. Poi è evidente che vi sono riforme che non hanno attecchito in un’ampia zona d’Italia, il Sud. Noi fortunatamente siamo un’area d’Italia che presenta buoni risultati».

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