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«Lasciamo il Pci, non parteciperemo al congresso»

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di IlPiacenza

Abbiamo deciso di non rinnovare la nostra adesione al PCI per l'anno 2018 e conseguentemente di non partecipare al congresso “farsa” convocato ad Orvieto dalla maggioranza “squalificata” del gruppo dirigente nazionale del PCI. Per tutti noi, una decisione sicuramente sofferta, ma inevitabile. Il PCI in provincia di Piacenza lo avevamo costituito con grande entusiasmo a partire dalle elezioni di Rottofreno, dopo anni di militanza spesi a tentare di costituire un partito, che potesse dare risposte concrete ai cittadini. Una delusione cocente ci ha portato a questo epilogo.  

La nostra amarezza è maturata dopo che una maggioranza “squalificata” del partito non ha rispettato il documento approvato dal comitato centrale del 26.11.2017, che stabiliva “qualora non ci fossero state le condizioni politiche di un accordo egualitario con le altre forze comuniste, di avviare la raccolta delle firme per la presentazione della lista del PCI” e non di partecipare ad una lista “anonima” guidata dai centri sociali e dove la nostra posizione era di evidente subalternità alle altre forze aderenti a quel deprimente progetto denominato Potere al Popolo. Quest'amarezza, si è ulteriormente consolidata, dopo le decisioni assunte, sempre da una parte del PCI, contro le regole statutarie nei Comitati Centrali del 16 (visto anche l’annullamento della votazione stessa da parte della Commissione Nazionale di Garanzia in data 30 dicembre 2017), del 30 dicembre 2017 e quando, illegittimamente e senza mandato politico, una parte del partito ha aderito alla lista di Potere al Popolo ed ha partecipato all'assemblea nazionale del 17 dicembre.

Le mille promesse e rassicurazioni del segretario nazionale Alboresi, che fin dalla presentazione della nostra lista di Rottofreno ci disse: "Quello che oggi presentiamo a Rottofreno, sarà quello che d'ora in avanti faremo in tutti i territori ed alle elezioni politiche nazionali, e cioè presenteremo la falce e martello del PCI sulla scheda elettorale", si sono rivelate inattendibili. Fino al 14 dicembre scorso, siamo stati “presi in giro” dal segretario nazionale, quando telefonicamente ci aveva confermato, che per la nostra adesione a quel maldestro progetto, “era IMPRESCINDIBILE la presenza della falce e martello sul simbolo di PaP”. Così non è stato. Le promesse non mantenute davanti ai militanti, hanno innescato un grande malcontento negli iscritti e nel gruppo dirigente piacentino. Quella forzatura politica avviata dal segretario nazionale e da parte del gruppo dirigente nazionale per la partecipazione alla lista elettorale di Potere al Popolo ha portato a rinnegare la nostra linea politica, a cancellare tutto quello che c'eravamo detti negli ultimi due anni.

Dicevamo “Faremo ritornare il nostro simbolo sulle schede elettorali”, ed invece, ancora una volta, si è deciso in modo arbitrario, di aderire ad un progetto guidato esplicitamente dai centri sociali napoletani e nel quale il PCI è stato costretto a subire scelte programmatiche ed elettorali (in particolare sull’Europa, sulla giustizia, sulla cancellazione dell’art. 41 bis, sulla politica internazionale, ecc.) e una deriva movimentista e mutualistica, contraria agli storici valori del Partito Comunista Italiano.

Tutto questo ha portato il 20 gennaio scorso, 13 componenti su 14 della direzione federale  a dimettersi dagli incarichi dirigenziali della federazione di Piacenza. Ma il segnale politico, purtroppo non è stato recepito dal gruppo dirigente nazionale. Dopo il disastro elettorale è stato ancora più devastante per la tenuta del PCI, la scelta di proseguire nel progetto di Potere al Popolo. Anche dopo l'evidente fallimento della lista, che con l’1,12% ha ottenuto il risultato più negativo della Storia dei Comunisti in Italia, si è pensato ancora di portare avanti quel disastroso percorso.

Inoltre il deprimente tentativo di impedire il regolare funzionamento della Commissione Nazionale di Garanzia e quindi del partito, con assenze “ingiustificate” di alcuni componenti, con il solo intento di “bloccare” di fatto le decisioni assunte e di delegittimare il lavoro svolto da chi aveva il compito e la volontà di fare rispettare lo Statuto e di non piegarsi ai voleri del gruppo dirigente nazionale, gli evidenti “errori di trascrizione del numero dei partecipanti” al voto della riunione del 30 dicembre  da parte del presidente del Comitato Centrale, hanno dequalificato inesorabilmente questo gruppo dirigente. E poi le finte dimissioni del Segretario, della Presidente e della Segreteria nazionale, che di fatto mantengono la gestione del Partito fino al congresso e si auto-nominano nella Commissione Congressuale nazionale. Ed infine, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, la decisione di imporre la convocazione di un congresso nazionale con un documento unico, negando di fatto la possibilità di un confronto tra compagni e impedendo la partecipazione democratica e la discussione congressuale.

Questa frattura insanabile tra il gruppo dirigente e la base del Partito, ha portato allo svilimento politico di diversi compagni, ha calpestato lo spirito dell’Assemblea costituente di Bologna, rinnegandola nei fatti, sia per quanto riguarda il tema della ricostruzione del Partito Comunista Italiano, sia perciò che concerne il necessario perseguimento dell’obiettivo dell’unità dei comunisti.

In tutta Italia centinaia di compagni hanno abbandonato il partito. Ci abbiamo creduto. Abbiamo cercato la sintesi fino alla fine. Ma un gruppo dirigente “sordo” ci ha confermato che non ci sono più le condizioni per continuare. Non ha senso partecipare ad un congresso con un documento “blindato” da una commissione congressuale di auto-nominati e composta dagli stessi responsabili dei fallimenti politici ed elettorali dello scorso 4 marzo.  Hanno distrutto il partito con la scelta di aderire ad un progetto fallimentare e adesso sono pronti anche a gestire il “post-disastro”. Sempre loro e sempre gli stessi. Un congresso irregolare, che alla data di convocazione dello stresso, non si conoscono nemmeno i dati degli iscritti del 2017 e quindi la composizione della platea congressuale.

Un congresso falsato e con regole “circensi” che non tiene conto delle centinaia di compagni che, come noi, hanno deciso di non rinnovare l'iscrizione per l'anno 2018. Non tiene conto, per esempio, che ad oggi nessun iscritto della federazione di Piacenza ha rinnovato l'adesione al Partito per il 2018. Un congresso, che falsa la rappresentanza, difatti, se per ipotesi, 1 o 2 persone, anche se non iscritti nel 2017, decideranno di tesserarsi in futuro (quindi a congresso già convocato) potrebbero rappresentare, “indegnamente” naturalmente, gli iscritti al partito dello scorso anno, che costituiscono “di norma” la rappresentanza della platea congressuale.  Avremmo voluto dare battaglia al congresso a questo gruppo dirigente “squalificato” qualora ci fosse stata la possibilità di un confronto leale su opinioni diverse.

Un dibattito su documenti alternativi, dove su ogni territorio avremmo potuto spiegare la nostra diversa visione di partito, soprattutto per le future alleanze elettorali. Questo era l'unico modo per poter continuare in questo percorso, ma hanno preferito evitarlo.

Imbavagliare i compagni, non è da comunisti. La storia del P.C.I. è nostra, ma questo gruppo dirigente non ha niente in comune con la gloriosa storia del Partito Comunista Italiano. Noi, con chi teme il confronto e si barrica dietro una misera maggioranza non vogliamo più condividere un percorso politico. Questo “gruppetto”, screditato e privo di qualsiasi credibilità, tenuto insieme solo dalla voglia di mantenere l’occupazione dei posti di comando in un delirio di autoconservazione, non può minimamente ambire a ripercorrere la gloriosa storia del P.C.I.. Costoro hanno infangato indegnamente il nome del Partito Comunista Italiano e hanno strumentalizzato i sentimenti, la passione e l’entusiasmo di tante comuniste e tanti comunisti, provocando solo delusione, amarezza, sfiducia e scoramento.

Continueremo a LOTTARE per la costruzione di un PARTITO COMUNISTA ITALIANO, avviando relazioni e un raccordo con le organizzazioni territoriali e con i compagni e le compagne che su tutto il territorio nazionale condividono la scelta compiuta e vogliono continuare con modalità diverse il percorso iniziato a giugno 2016. Avvieremo il coordinamento provinciale dei comunisti piacentini, mantenendo ferma e, ove possibile, rafforzando l’organizzazione politica dei comunisti nella provincia di Piacenza, rimettendo al centro anche il tema ineludibile dell’unità dei comunisti. I comunisti e le comuniste che in tutta Italia condividono questo documento e che intendono partecipare a questo percorso politico sono invitati/e a comunicare la loro adesione, inviando una mail al seguente indirizzo:                   comunistiitalia@gmail.com

Laura Lo Presti                                (ex segretaria provinciale PCI Piacenza ed                                                          ex componente Direzione Regionale )

Andrea Poggi                                  (ex segretario sezione PCI Rottofreno ed                                                                      ex componente Comitato Regionale )

Domenico Siciliano                          (ex presidente comitato regionale PCI Emilia                                                                 Romagna ed ex componente Comitato Centrale)

Giuseppe Vrenna                    (ex direzione provinciale PCI Piacenza)

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