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La scelta

«Le discriminazioni non si combattano imponendo modelli di educazione sessuale ai bambini in tenera età»

I consiglieri comunali di Fratelli d’Italia commentano la scelta, compiuta dall’Amministrazione di rientrare nella "Rete Re.A.Dy": «Serve una cultura del rispetto per l’essere umano in quanto tale»

«Siamo profondamente contrari alla scelta, compiuta dall’Amministrazione pochi giorni fa, di rientrare nella Rete-antidiscriminazioni “Re.A.Dy". La decisione è stata presentata dalla Giunta come pura adesione “simbolica” ma chi conosce i programmi e gli intenti della “Rete Re.A.Dy” sa bene non essere così». Lo sostengono in una nota i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia, Nicola Domeneghetti, Sara Soresi e Gloria Zanardi. «Bene – dicono - aveva fatto l’amministrazione Barbieri ad uscirne: la “Rete” comporta anzitutto costi e ciò che maggiormente preoccupa, prevede l’adesione a progetti di educazione sessuale, rivolti a bambini anche in tenerissima età, non rispettosi dell’autonomia di scelta e dell’indirizzo genitoriale».

«Per farsi un’idea – dicono - circa il contenuto dei progetti e delle collaborazioni promosse dalla Rete è sufficiente recarsi sul sito web a ciò dedicato: si noterà l’immediato riferimento ad “azioni informative e formative rivolte al personale impegnato in campo scolastico, socio-assistenziale e sanitario” così come non potranno sfuggire i percorsi formativi promossi da alcuni Comuni aderenti». «Citiamo – tra gli altri – quello del Comune di Bologna, rivolto ad insegnanti ed educatori dei servizi scolastici 0-6 anni (ebbene si, 0-6!) il cui scopo è quello di, citiamo testualmente,  “affrontare i concetti di identità e differenze, per riflettere su ruoli e stereotipi di genere e per approfondire il tema delle diverse forme famigliari”. C’è poi il Comune di Villasanta (MB), rivolto anch’esso ad insegnanti della scuola dell’infanzia, Primaria e Secondaria ed avente lo scopo di, citiamo testualmente, “Preparare gli insegnanti ad affrontare il tema della variabilità di genere attraverso l’individuazione di strategie educative e didattiche specifiche”».

«Pare allora di palpabile evidenza la volontà di imporre un pensiero unico nel lavoro, nella società ma, soprattutto, nella scuola, a bambini in tenerissima età, mediante la formazione del personale impegnato nel campo educativo e scolastico. Troviamo profondamente sbagliato il tentativo di indottrinamento degli alunni, in generale, ma, soprattutto, dei bambini». «Riteniamo che le discriminazioni non si combattano imponendo modelli di educazione sessuale ai bambini in tenera età e, men che meno, invitandoli, nemmeno troppo velatamente, ad una vera e propria “caccia all’omofobo”, come avvenuto nell’anno 2014 con la diffusione, nella nostra città, di un questionario nelle scuole, proprio nell’ambito del progetto Re.a.dy., in cui veniva chiesto agli studenti di indicare se vi fosse un compagno, un insegnante o un bidello solito ad insultare persone omosessuali. Riteniamo che non si combattono nemmeno con le panchine arcobaleno o con le blasfemie ostentate in occasione di alcuni Gay Pride ma infondendo una cultura del rispetto per l’essere umano in quanto tale». «Auspichiamo, nutrendo poche speranze, che l’amministrazione possa rivedere la sua scelta e che, nei prossimi mesi, non si debba assistere all’adesione, da parte del Comune di Piacenza, a progetti che possano contrastare con le scelte educative genitoriali e, soprattutto, incidere sulla libera formazione di bambini ed adolescenti».

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