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«Mancata zona Rossa e gestione sanitaria, Conte spieghi cosa è successo»

Interrogazione alla Camera della deputata Murelli (Lega): «A Piacenza il più alto numero di morti in Italia. Forse non si è chiuso perché il Polo logistico è uno dei principali in Italia. De Micheli conosce il territorio e sa che relazione c’è con il Lodigiano. I piacentini hanno scoperto da Report lo scarso controllo dell’Asl»

«Chiedo al Governo se possa fare chiarezza sui motivi che hanno portato il Governo a non dichiarare subito la provincia di Piacenza una zona Rossa, alla luce della vicinanza geografica illustrata in premessa (a Codogno), e sugli eventuali errori sanitari compiuti nella gestione dell’emergenza sanitaria sul territorio, se preveda, infine, aiuti economici specifici per la ripartenza della provincia piacentina in virtù della sua peculiarità di snodo logistico delle merci tra il Nord e il Sud d’Italia».

Elena Murelli, deputata della Lega, ha presentato una interrogazione al presidente del Consiglio sulla gestione dell’emergenza coronavirus nel Piacentino che «ad oggi, ha avuto il livello di morti più alto d’Italia rispetto alla popolazione». La deputata chiede anche di indagare su eventuali errori sanitari - e cita la trasmissione Report di Raitre, commessi «nella gestione dell’emergenza nelle cliniche private e nelle RSA, al pari della Lombardia, con uno scarso controllo dell’AUSL che ha determinato la nascita dei focolai ospedalieri e che, come ha affermato il Presidente della Regione Emilia Romagna in una videoconferenza con i sindaci piacentini, ha fornito al Ministero della salute dati non corretti sui contagiati».

Murelli ricorda che i territori di Codogno e Piacenza sono divisi solo dal ponte sul Po e le autorità locali avevano chiesto al Governo di dichiarare Piacenza zona Rossa. Il Governo disse no, anche dopo una riunione in prefettura con il ministro Paola De Micheli «che essendo piacentina avrebbe dovuto conoscere il territorio e lo scambio quotidiano di persone e merci che c’è con Codogno e il Lodigiano». «La proposta è stata negata sulla base degli studi scientifici che, in quel momento, davano zero contagiati autoctoni e contagi provenienti tutti dal lodigiano» afferma Murelli. Il sindaco di Piacenza Patrizia Barbieri, però, il 25 febbraio firmò un’ordinanza chiudendo scuole, centri sportivi e sospendendo gli eventi pubblici. Quando la città venne chiusa, il 9 marzo, era troppo tardi. «Probabilmente - continua Murelli - proprio il fatto che Piacenza sia un polo logistico rilevante economicamente ha spinto il Governo, inizialmente, a non farne una zona rossa con il risultato che la provincia ha pagato il prezzo più alto in termini di vite umane e ha contribuito anche a veicolare il contagio anche in Emilia Romagna».

Purtroppo, scandisce Murelli, l’attenzione dei media si è concentrata solo sulla Lombardia «e i cittadini di Piacenza sono venuti a conoscenza di quello che stava accadendo nelle cliniche private e nelle RSA delle loro zone solo da Report, pur avendo dei sospetti più che fondati, dal momento che il Governo non ha acceso i riflettori su questa Provincia».

Il premier Giuseppe Conte, in visita a Piacenza il 28 aprile, ha motivato la decisione di non chiudere la città «sulla base di quanto gli veniva detto dal comitato tecnico scientifico che ha ritenuto una misura sufficiente la cintura Rossa del Lodigiano e che, purtroppo, i fatti hanno poi dimostrato di non esserlo stata».

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