rotate-mobile
Politica

Referendum Costituzionale, Gazzola: «Voluto per non disturbare il manovratore Renzi»

Le riflessioni dell'assessore Luigi Gazzola in merito al referendum costituzionale: "Anche a costo di apparire un gufo"

«Diceva Oscar Luigi Scalfaro – scrive in una riflessione l’assessore Luigi Gazzola - che non bisogna fare solo le battaglie che si è sicuri di vincere. Quella per la difesa della Costituzione è certo tra queste giacchè l'esito della consultazione referendaria del prossimo autunno sembrerebbe ormai scontata. Non tanto per la capacità di “andar convincendo” dei fautori della (contro)riforma, quanto per l'apatia degli italiani spossati da un sistema politico che nel tempo li ha logorati al punto di non aver più nemmeno la forza di comprendere la portata devastante di ciò che viene proposto e saper reagire.

E' paradossale che una Costituzione scritta in una fase di vivace partecipazione politica e di ripresa democratica del Paese dopo il conflitto, da una Assemblea costituente eletta con sistema proporzionale, che traeva legittimazione dalla lotta di Liberazione e dal voto popolare, venga riscritta da un Parlamento farcito di inquisiti e transumanti eletto in base ad una legge giudicata illegittima dalla Corte costituzionale mentre i partiti sono al minimo della credibilità e il dibattito politico relegato a talk show utili a confondere le idee più che a chiarirle.

Il fatto che il Capo del Governo chiami al plebiscito su di sé ponendo sull'esito referendario una sorta di questione di fiducia rappresenta un'anomalia che è l'esatto contrario di un clima costituente. Il cambio a tappe forzate di tanti articoli della Carta avrebbe reso più opportuna una Assemblea costituente eletta col sistema proporzionale a garanzia di maggior democrazia. La Costituzione infatti non è un testo sacro, può essere modificata attraverso le forme dell'art. 138, nessuno ne reclama l'inviolabilità. Ma va respinta assolutamente l'accelerazione dissolutrice del fragile sistema di pesi e contrappesi istituzionali in nome di un preteso efficientamento della macchina legislativa. La bussola che sembra orientare gli improvvisati padri costituenti porta alla centralizzazione e alla personalizzazione del potere pubblico attraverso suggestivi messaggi propagandistici: leggi in minor tempo, con costi minori,  senza inutili discussioni e compromessi, potendo contare su una legge elettorale, l'Italicum, che ripresenta le liste bloccate e l'incostituzionale mega-premio di maggioranza del Porcellum con cui pochi capi partito possono sistemare i propri attendenti nella Camera dei nominati e nel Senato non più elettivo. L'accentramento di responsabilità svincolato da condizionamenti esterni e il decisionismo dell'Esecutivo sono i pilastri del nuovo ordine istituzionale nel quale i legittimi ed efficaci contropoteri di bilanciamento come il Capo dello Stato, la Corte costituzionale, la magistratura rischiano di essere ridimensionati e imbavagliati dai poteri del Governo.

La storia e la democrazia del Paese, soprattutto negli ultimi decenni, non sembrano aver sofferto di mancanza di decisionismo, anzi, semmai di un deficit di partecipazione dal basso e di coinvolgimento degli elettori nelle scelte politiche. Servono meno leggi di maggior qualità anziché più leggi spesso incomprensibili, non serve accelerarne i tempi di approvazione semmai avvicinarne i contenuti ai reali bisogni delle persone. Più che il numero e i costi delle indennità senatoriali al centro della questione democratica vi sono semmai i meccanismi di selezione della classe politica sempre più ispirati a logiche di cortigianeria che di merito; pagare il giusto chi lo merita, insomma.

L'imperativo categorico invece sembra essere quello di non disturbare il manovratore: non è più accettato il pluralismo dei poteri e il sistema dei controlli, che si tenta di annacquare. In che misura, ad esempio, sia ascoltata la Consulta lo dimostra l'Italicum che ha persino peggiorato l'incostituzionale Porcellum. Ma al centro del bersaglio ci sono il Parlamento e i cittadini; derubricato il primo a supporto servile di chi ha vinto le elezioni, umiliato nella sua primaria funzione rappresentativa: il Senato viene degradato a Camera secondaria solo perchè non si è riusciti ad eliminarlo benché ritenuto inutile e i cento senatori previsti, privati del potere di votare la fiducia al governo, risulteranno anche irrilevanti rispetto ai seicentotrenta deputati  nell'elezione del Presidente della Repubblica. I cittadini poi, già privati della libertà di scegliere da chi essere rappresentati e impossibilitati dalle alte soglie di sbarramento a dar vita a diverse aggregazioni politiche, vengono fortemente limitati negli strumenti di partecipazione e di democrazia diretta (le firme per i referendum abrogativi passano da 500.000 a 800.000 e quelle per le leggi di iniziativa popolare da 50.000 a 150.000) laddove sarebbe stato preferibile aumentare le forme di controllo ed introdurre il referendum propositivo. Per tacere di come la loro opinione venga considerata quando riescono a fare breccia come nel caso del referendum sull'acqua pubblica, o addirittura temuta quando si giunge a negare l'election day (strombazzato come imprescindibile negli anni scorsi) per l'imminente referendum sulle trivelle in mare di cui sembra vietato parlare.

Una sedicente riforma che si orienta verso un Parlamento sempre meno rappresentativo (non bastasse la già crescente percentuale di astensionismo) e limita la capacità di intervento dei cittadini, spacciata dalla propaganda come un modello di innovazione, lungi dall'essere tale lascia percepire semmai un forte spirito di conservazione, di arroccamento a difesa delle posizioni acquisite mediante un forte accentramento dei poteri in mano a premier ed esecutivo. Un modello che – a costo di essere iscritti al partito dei gufi - appare necessario smascherare affinchè il popolo  ex art. 1 sovrano, non suddito, sappia respingerlo». 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Referendum Costituzionale, Gazzola: «Voluto per non disturbare il manovratore Renzi»

IlPiacenza è in caricamento