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Referendum, forse si vota in febbraio. Il Centrodestra insorge: alle urne con la slitta

Passaggio in Lombardia, il Viminale: 10 o 11 febbraio. Il centrodestra al Consiglio dei ministri chiederà la modifica del periodo per portarlo in primavera. Bergonzi (Pd): "Sarà la Waterloo di questa maggioranza"

Si potrebbe andare alle urne in febbraio per decidere se la nostra provincia passerà in Lombardia o se resterà in Emilia Romagna. Le date indicate dal ministero dell’Interno sono il 10 e l’11 febbraio 2013. La notizia l’ha data oggi, 30 novembre, il presidente della Provincia Massimo Trespidi durante il Consiglio provinciale. Ora, la proposta finirà al Consiglio dei ministri che la invierà infine alla presidenza della Repubblica. La soddisfazione della Giunta e del centrodestra, però, è stata surclassata dalla rabbia per la data infausta. A febbraio, infatti, il rischio neve e maltempo è elevato. Come è elevata l’occasione per la nostra provincia di far parte della prima regione d’Italia e della possibile futura macroregione del Nord, in un’ottica autonomista. Se ciò non avvenisse, Piacenza sarebbe destinata a trainare il carro del ducato di Parma.

Netto il presidente del Consiglio, Roberto Pasquali: “E’ una data infelice. Negli ultimi 15 anni, nessun referendum è stato svolto in febbraio, solo a primavera o in estate. Confido nell’intelligenza del Consiglio dei ministri. Il 5 gennaio scade il decreto sul riordino delle Province. Forse, per il Governo, sarebbe più corretto attendere quella data”. Duro il capogruppo della Lega, Paolo Maloberti, il quale ritiene “assurdo che per l’ennesima volta il Governo di nominati faccia in modo che il cittadino non possa esprimersi liberamente. A febbraio in montagna c’è qualche metro di neve”.

Anche secondo Maloberti, il Consiglio dei ministri potrebbe rimediare “perché ha tempo fino al 15 gennaio. Considerati poi altri 90 giorni per decidere la data si arriverebbe a metà aprile. Peccato che la soddisfazione per il nostro lavoro sia stata superata dalla rabbia per la data”. Anche il capogruppo Pdl, Filippo Bertolini, considera “quella data una presa in giro. Non si vuole dare l’opportunità ai cittadini di esprimersi. Ci auguriamo che con le schede lo Stato ci dia anche le slitte per la montagna”. Bertolini, però, è già operativo e afferma che “chiederemo al Consiglio dei ministri, attraverso il prefetto, di modificare la data”. L’unico a sorridere è Marco Bergonzi, capogruppo Pd: “La notizia della data mi piacere, perché quel giorno sarà la Waterloo del centrodestra. Sono, però, dispiaciuto perché questo referendum, che non passerà mai, costerà un milione di euro”. Bergonzi poi attacca sul quorum: “Occorre il 50% più uno non dei votanti, ma di tutti gli aventi diritto. Il che significa che, anche se un piacentino su tre votasse per restare in Emila Romagna, sarebbe necessario l’85-90% dei voti”.

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