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Referendum, il 4 dicembre alle urne per la riforma della Costituzione: la guida al voto

Referendum, il 4 dicembre 2016 si vota per approvare la riforma costituzionale del Governo Renzi. Le ragioni del sì e le ragioni del no alla Riforma Boschi. Quorum, ricorsi e polemiche: la guida di Today al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016

Il 4 dicembre gli italiani saranno chiamati alle urne per approvare o bocciare con un sì o con un no il referendum consultivo sulla riforma costituzionale. La data fissata, non senza polemiche, dal Governo Renzi, dopo che l'ufficio centrale della Corte di Cassazione ha ammesso l'8 agosto 2016 la richiesta di referendum sul testo di legge costituzionale approvato dal Parlamento lo scorso aprile. 

REFERENDUM SULLA RIFORMA BOSCHI.

Gli italiani saranno chiamati ad apporvare la riforma costituzionale del Senato e del Titolo V fortemente voluta dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, una riforma a cui il premier ha più volte legato la sua futura carriera politica trasformando la consultazione in un plebiscito sul presidente del Consiglio. Sia il presidente del Consiglio Matteo Renzi che il ministro per le riforme costituzionali Maria Elena Boschi hanno poi ritrattato sul nodo delle dimissioni, ma il fallimento del referendum metterebbe in seria difficoltà il governo.

Si vota domenica 4 dicembre, dalle 7 alle 23

Il giorno del voto per il referendum costituzionale è stato deciso dal Consiglio dei ministri il 26 settembre 2016 e poi la data è stata ratificata da un decreto presidenziale firmato dal capo dello Stato. Alle urne sono chiamati circa 51 milioni di elettori di cui 3,5 milioni all’estero che votano in anticipo per posta. Le opposizioni e il fronte del no accusano il premier Matteo Renzi di avere scelto l'ultima data utile in termini di legge per guadagnare giorni preziosi di campagna elettorale. Il referendum è stato spostato al 4 dicembre, la stessa domenica in cui gli austriaci ripeteranno il ballottaggio per eleggere il loro presidente della Repubblica.

Come si vota

Il referendum del 4 dicembre è confermativo di una legge costituzionale approvata con una maggioranza inferiore ai due terzi del Parlamento. Per il referendum confermativo non è richiesto il quorum di validità, ovvero il voto del 50% più uno degli aventi diritto come nel caso richiesto da un referendum abrogativo.Quindi a prescindere dal numero di partecipanti, vincerà l’opzione (Sì o No) che ha ottenuto la maggioranza dei voti. Alle urne gli italiani riceveranno una scheda elettorale su cui sarà riportato il quesito sottoposto a referendum e due caselle da barrare, una per il sì ed una per il no.

Che cosa si vota con il referendum

"Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato in gazzetta Ufficiale n. 88 del il 15 aprile 2016?". La riforma costituzionale è una proposta governativa che poi ha affrontato un lungo percorso parlamentare con 4 letture conformi delle due camere che si è concluso il 15 aprile. Il titolo della legge scritto a Palazzo Chigi non è stato modificato dal Parlamento". 

Il ricorso al Tar

Il Tar del Lazio deciderà il 17 ottobre sul ricorso presentato da Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana contro il testo del quesito del referendum. Il decreto che indice il referendum del 4 dicembre, a parere dei ricorrenti, "viola l’articolo 16 della legge 352 del 1970 che stabilisce, solo per le leggi di revisione costituzionale, di elencare nel quesito pubblicato sulla scheda tutti gli articoli della carta oggetto di modifica". In questo caso gli articoli della Costituzione modificati sono 47. A parere dei ricorrenti, infatti, "il quesito così formulato finisce per tradursi in una sorta di 'spot pubblicitario', tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante, a favore del Governo". Il Pd, che difende la formulazione del quesito, sostiene che nessuno alla Camera e al Senato ha proposto di modificare il titolo del disegno di legge Renzi-Boschi che poi ha generato il quesito referendario formalmente avallato dall’ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione. Il M5S e Sinistra Italiana, invece, sostengono che gli emendamenti per modificare il titolo furono bocciati dalla maggioranza. Tre sono le possibilità di decisione da parte del Tribunale Amministrativo Regionale: confermare il provvedimento di indizione del referendum, annullarlo potendo anche dare indicazioni su eventuali cambiamenti nel quesito oppure dichiararsi incompetente sulla materia.

REFERENDUM, LE NOVITA' INTRODOTTE DALLA RIFORMA BOSCHI

La riforma costituzionale, approvata in via definitiva dalla Camera, modifica 49 articoli della Costituzione, riformando completamente il Senato e l'organizzazione del Parlamento e il titolo V relativo alla disciplina delle Regioni. Fra le principali novità del ddl Boschi: il nuovo Senato composto da 100 membri, che rappresenterà le istituzioni territoriali e avrà compiti diversi dalla Camera dei deputati; la scomparsa della legislazione concorrente tra Stato e Regioni; l'abolizione di Province e Cnel.

LA RIFORMA BOSCHI, FINE DEL BICAMERALISMO PERFETTO

Il Parlamento continua ad articolarsi in Camera dei deputati e Senato della Repubblica, ma i due organi hanno composizione diversa e funzioni differenti. Solo alla Camera, che rappresenta la Nazione e resta composta da 630 deputati, spetta la titolarità del rapporto di fiducia e la funzione di indirizzo politico, nonché il controllo dell'operato del governo. Il Senato rappresenta invece le istituzioni territoriali.

LA RIFORMA BOSCHI, IL SENATO DEI 100

I nuovi senatori saranno 100, 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori di nomina presidenziale. I membri del nuovo Senato saranno scelti "in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi", secondo le modalità che verranno stabilite con una legge che verrà varata entro 6 mesi dall'entrata in vigore della riforma costituzionale. Le regioni avranno altri 90 giorni di tempo per adeguarsi alla normativa nazionale. I cinque senatori di nomina presidenziale non saranno più in carica a vita ma saranno legati al mandato dell'inquilino del Colle, ossia sette anni e non possono essere rinominati. Restano invece senatori a vita gli ex presidenti della Repubblica.

LA RIFORMA BOSCHI, IMMUNITA' E INDENNITA'

La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali nei quali sono stati eletti. Ai senatori resta l'immunità parlamentare come ai deputati. I nuovi senatori non riceveranno indennità se non quella che spetta loro in quanto sindaci o membri del consiglio regionale. L'indennità di un consigliere regionale non potrà superare quella attribuita ai sindaci dei comuni capoluogo di Regione. Resta l'indennità per i senatori a vita. Garantito anche ai senatori l'esercizio della funzione senza vincolo di mandato.

LA RIFORMA BOSCHI, ITER DELLE LEGGI

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi costituzionali, per le minoranze linguistiche, il referendum popolare, per le leggi elettorali, per i trattati con l'Unione europea e le norme che riguardano i territori. Le altre leggi sono approvate dalla Camera. Ogni disegno di legge approvato dall'Aula di Montecitorio è immediatamente trasmesso al Senato che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato può deliberare a maggioranza assoluta proposte di modifica del testo, sulle quali la Camera si pronuncia in via definitiva e che potrà bocciar solamente con un voto a maggioranza assoluta dei propri componenti.

LA RIFORMA BOSCHI, STATO DI GUERRA

Modifica nella maggioranza parlamentare necessaria a deliberare lo stato di guerra: per l'ok, che con la riforma spetterà alla sola Camera dei deputati, servirà la maggioranza assoluta dei voti e non più solo quella semplice.

LA RIFORMA BOSCHI, LEGGI DI INIZIATIVA POPOLARE

Le novità riguardano le proposte di legge di iniziativa popolare per le quali sarà richiesta la raccolta di 150mila firme invece di 50mila ma si stabilisce anche che la deliberazione della Camera sulla proposta deve avvenire entro termini certi e passaggi definiti dai regolamenti parlamentari.

LA RIFORMA BOSCHI, REFERENDUM PROPOSITIVI

La Riforma Boschi introduce in Costituzione i referendum popolari propositivi e di indirizzo ma spetterà alle Camere varare una legge che ne stabilisca le modalità di attuazione.

LA RIFORMA BOSCHI, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Con la Riforma Boschi cambia il quorum per l'elezione del Capo dello Stato. Nelle prime tre votazioni resta due terzi dei componenti l'assemblea. Dalla quarta si abbassa a tre quinti dei componenti dell'assemblea e dalla settima ai tre quinti dei votanti. Sarà il presidente della Camera (e non più del Senato) a sostituire il presidente della Repubblica 'ad interim'.

LA RIFORMA BOSCHI, ALLA CAMERA LO STATUTO DELLE OPPOSIZIONI

La Riforma Boschi introduce una nuova disposizione che attribuisce ai regolamenti parlamentari la garanzia dei diritti delle minoranze in Parlamento. Si attribuisce, al solo regolamento della Camera, anche la definizione di una disciplina dello statuto delle opposizioni.

LA RIFORMA BOSCHI, GIUDICI COSTITUZIONALI

Con la Riforma Boschi i cinque giudici della Consulta di nomina parlamentare verranno eletti separatamente dalle due Camere. Al Senato ne spetteranno due, ai deputati tre. Per l'elezione è richiesta la maggioranza dei due terzi dei componenti per i primi due scrutini, dagli scrutini successivi è sufficente la maggioranza dei tre quinti.

LA RIFORMA BOSCHI, TITOLO V

Con la Riforma Boschi viene soppressa la competenza concorrente, con una redistribuzione delle materie tra competenza esclusiva statale e competenza regionale. Viene introdotta una 'clausola di supremazia', che consente alla legge dello Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell'interesse nazionale.

LA RIFORMA BOSCHI, ABOLIZIONE DEL CNEL

Con la Riforma Boschi viene integralmente abrogato l'articolo 99 della Costituzione che prevede, quale organo di rilevanza costituzionale, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL). Viene prevista la nomina di un commissario straordinario entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge, a cui affidare la gestione per la liquidazione e la riallocazione del personale presso la Corte dei Conti.

LA RIFORMA BOSCHI, ABOLIZIONE DELLE PROVINCE

Con la Riforma Boschi dal testo della Costituzione viene eliminato anche il riferimento alle Province che vengono meno quali enti costituzionalmente necessari, dotati, in base alla Costituzione, di funzioni amministrative proprie.

LA RIFORMA BOSCHI, GIUDIZIO PREVENTIVO SULLE LEGGI ELETTORALI

Le leggi che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni dall`approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge. In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata.

LA RIFORMA BOSCHI, RUOLO UNICO DELL'AMMINISTRAZIONE

La riforma Boschi introduce novità anche sulla gestione del personale e dei funzionari delle due Camere che dovranno, a regime, essere unificati. "La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica provvedono all'integrazione funzionale delle amministrazioni parlamentari, mediante servizi comuni, impiego coordinato di risorse umane e strumentali e ogni altra forma di collaborazione. A tal fine è istituito il ruolo unico dei dipendenti del Parlamento".

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