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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Società mista per il servizio idrico, i sindaci: «È un’avventura, troppi rischi»

I comuni a due-tre settimane dal voto definitivo si spaccano: chi difende la società mista, chi preferisce una gara per aggiudicare la gestione, chi preferirebbe una società in house. Timpano difende il progetto: «Per una società in house i comuni dovrebbero investire 30 milioni, per la mista 3,5»

I comuni del Piacentino si stanno convincendo sulla “non” fattibilità della società mista pubblico-privata nella gestione del servizio idrico per gli anni a venire. A far pendere la bilancia su una valutazione negativa il progetto – su cui si sta discutendo ormai da un paio d’anni – sono soprattutto le perplessità sull’investimento iniziale – pesante per la maggior parte delle Amministrazioni locali – e sulla possibilità di dover assumere personale per gestire il servizio. Il timore è quello di dar vita a un carrozzone politico dagli alti costi che vincoli i prossimi venti anni.  Di questo si è discusso durante la riunione di Atersir in Provincia del 17 marzo, incontro propedeutico al voto decisivo. I sindaci sembrano spaccati: chi vuole la società mista, chi una gara per aggiudicare il servizio, chi la società in house. Il vento è cambiato: solo qualche mese fa sembrava molto vicina la possibilità di istituire veramente una società mista con il pubblico che detiene in mano il 35%.

«Entro due o tre settimane – ha esordito il coordinatore di Atersir Pinuccio Sidoli, sindaco di Vernasca – dobbiamo dare una risposta definitiva sul tema. Si è fatto uno studio sulla società mista, come richiesto dai sindaci, e oggi è tempo di valutare l’ipotesi principale che c’è sul tavolo. Come classe dirigente abbiamo il compito di decidere, sarà una decisione presa con dovere verso i cittadini». «Occorre ancora verificare quali siano gli spazi finanziari – ha dichiarato è l’intervento di Matteo Baldini, incaricato dalla Provincia per realizzare lo studio di fattibilità sulla società mista - per un investimento verso terzi importante. C’è un forte indebitamento verso le banche. Nessuno si arrichisce a fare questo business, ci sono margini che sono correlati ai servizi erogati. I rischi sono bassi ma anche i ricavi: speriamo ci sia una risposta del mercato positiva, comunque l’apporto del pubblico – come investimento – alla società sarà modesto». Presente tra il pubblico il Comitato Acqua Bene Comune e consiglieri e attivisti del Movimento 5 Stelle di Piacenza.

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«La società mista funzionerà – ha preso la parola Raffaele Veneziani, sindaco di Rottofreno - se ci sarà partecipazione dei comuni, altrimenti sarà un percorso a ostacoli e oneroso. La società mista è la miglior soluzione per le nostre compatibilità economiche». «In passato – ha detto Antonio Agogliati in rappresentanza di Ferriere - non volevamo entrare nel servizio idrico, poi il Tar ci ha costretto. Ora ci chiedete di fare la società mista: la gente sarà “contenta” di spendere qualcosa in più le tariffe dell’acqua. Con due lire riuscirei a gestire gli acquedotti della mia rete facendo pagare tasse congruenti: se entrare nella società mista comporterà spese, noi a bilancio non abbiamo soldi da mettere sul piatto. Non siamo in grado di poter partecipare a una società mista al 35%. Preferiamo che sia fatta una gara, anche se ovviamente l’ideale sarebbe tornare all’origine: ogni comune si gestisce la sua rete».

Ha tuonato ancora contro il progetto il sindaco di Castelsangiovanni Lucia Fontana. «Ribadisco le perplessità sulla società mista, per ragioni di carattere finanziario. La mia amministrazione non è in grado di far fronte all’onere finanziario che ci viene prospettato: ci mancano 200mila euro ancora per arrivare alla soglia del Patto di Stabilità che ci chiede il governo. Questa è un’avventura, non ci sentiamo di assumere il rischio. L’opportunità promessa da Baldini è un maggior controllo da parte nostra: ma questo potremmo garantircelo con una gara. Ci è stato poi detto che il comune che non parteciperà alla società, vedrà erogarsi lo stesso i servizi. È un’anomalia». «Se il bilancio comunale non lo permette – ha invece sottolineato Anna Tanzi, sindaco di Sarmato, favorevole all’idea - mettiamo pure una tassa di scopo: noi sindaci dobbiamo avere una visione a lungo periodo. Non possiamo non decidere perché non abbiamo i soldi in questo momento. Con una gara non è facile pensare a un percorso lontano, di vent’anni, ma con la società mista è più difficile uscire dagli obblighi d’investimento. La società mista realizzerà meglio gli obiettivi finali: è importante realizzare un capitolato d’appalto per il nostro futuro». «Non credo che attraverso il nostro 35% nella società - ha rilevato il sindaco di Fiorenzuola Giovanni Compiani – riusciremo a controllare l’azienda». Anche Borgonovo avrebbe preferito una gara, e intende spingere verso questa direzione. Diffidente verso la mista, ma anche sull’ipotesi di una società in house, il sindaco di Cortemaggiore Girometta, che non crede che il pubblico sia in grado di gestire la partita autonomamente per suo conto.

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«Però sulla società in house – ha parlato così Angela Fagnoni in rappresentanza di Pontenure - avevamo chiesto a ottobre un documento d’integrazione su questa possibilità e non è arrivato nulla. Se è una scelta vincolante per il nostro futuro, era giusto andare a vedere, documentandosi con i numeri, tutte le scelte per prendere una decisione ben ponderata. Stiamo correndo sulla questione, questo a colpa del cambio della Provincia: non è colpa nostra». Dello stesso avviso anche Ludovico Albasi (Travo). Ha difeso la scelta della società mista Luca Quintavalla (Castelvetro). «L’idea era quella giusta. Quando ci avevamo pensato avevamo in mente una società leggera, per fare programmazione e controllo: c’è stata una evoluzione di normative che non consente questo, ma che avrà 500 dipendenti con relativi impegni finanziari pesanti per i comuni. Purtroppo è cambiato lo scenario negli ultimi tempi, e nel frattempo anche Atersir si è indebolita e sfilacciata: non abbiamo le strutture tecniche e l’organico degli anni scorsi in grado di darci una mano». Il Comune di Ottone esclude totalmente la possibilità di istituire una “tassa di scopo” per dar vita a una società mista: «al massimo la istituiremmo per una società in house», ha detto un suo rappresentante.

Anche lo stesso coordinatore di Atersir Sidoli ha espresso le sue perplessità. «Non so come il pubblico riuscirà a controllare la gestione in una soluzione del genere. O la società assume persone – con evidenti costi – o la gestisce direttamente il pubblico, e ciò comporta sicuramente problemi e fatiche. È utile provare altre strade». Ha invece ricordato i 16 milioni di investimenti promessi da Iren Fabio Callori, vicesindaco di Caorso, che ha invitato a pensare anche a «rompere il monopolio di Iren su acqua e rifiuti». Il sindaco di Piacenza Paolo Dosi ha chiesto di osservare e analizzare l’esperienza di Reggio Emilia, dove si sta dando vita a una società in house. «Mettiamo a confronto questi studi prima del voto. Non ci sono le condizioni per una società in house, lo dicono i bilanci: non ci sono pregiudizionali ideologiche su questa possibilità. Qualche mese fa eravamo andati verso la società mista, ci sembrava un compromesso tra la garanzia di avere partner con disponibilità economiche sufficienti e l’opportunità di esercitare un controllo sulla società. Queste due-tre settimane che dividono dal voto, dovrebbero essere un momento di riflessione e confronto per capire dove andare a parare. Per me la soluzione migliore è ancora la società mista». «Lo studio di fattibilità – in chiusura di seduta ha preso la parola il vicesindaco di Piacenza Francesco Timpano - è praticamente già conosciuto: per una mista gli enti locali dovrebbero mettere complessivamente di tasca propria 3,5 milioni di euro. Con la società in house ne dovrebbero mettere 30 – Piacenza ben dieci -, e altri trenta servirebbero per bloccare i bilanci. Questa è l’alternativa». Atersir si riunirà nelle prossime settimane per decidere, in modo definitivo, la questione.

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