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Venerdì, 19 Aprile 2024
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La minoranza dà una mano alla maggioranza, e il referendum non si fa più

In consiglio provinciale la votazione per la revoca della delibera sul referendum per il passaggio in Lombardia. Approvata con 17 voti favorevoli e contrari solo i 4 della Lega

AGGIORNAMENTO 18,30. La Provincia di Piacenza ritira il referendum per il passaggio in Lombardia. Con 17 voti favorevoli, 4 contrari (il gruppo Lega) e Gian Luigi Boiardi che non ha votato, il consiglio provinciale ha approvato la revoca della delibera che in settembre aveva dato il via libera al Referendum. Insomma, dall'opposizione è arrivata una grossa mano alla maggioranza che questa volta, con la Lega contro e decisa a punatre sulla consultazione tout court, avrebbe avuto altrimenti qualche problema.

Poco prima della votazione il presidente Massimo Trespidi aveva parlato all'assemblea, respingendo con decisione la richiesta di dimissioni. «Non c'è alcuna maggioranza spaccata. C'è una maggioranza unita. Perché non avete presentato mozione di sfiducia nei confronti del presidente della provincia? Questo significa andare fino in fondo. Le dimissioni non si chiedono sui giornali, si presentano atti concreti in aula per verificare se siete in grado di mandare casa il presidente e la sua maggioranza». «Cerchiamo piuttosto - ha ripreso - di essere contenti che la provincia di Piacenza è salva. Non corriamo più il pericolo di vedere la provincia abolita. Un risultato di tutti noi, e che abbiamo portato a casa. Ora auspichiamo un riordino complessivo fatto con buon senso, in modo concreto, organico e positivo. Il fatto che termineremo il nostro mandato, deve essere un motivo di soddisfazione oggi per tutti».

In consiglio provinciale si vota la revoca della delibera del 24 settembre 2012 che dava il via libera al referendum per il passaggio in Lombardia: ma della quale, alla luce degli ultimi sviluppi politici nazionali, in molti, a questo punto, chiedono la revoca, soprattutto dopo l'archiviazione della legge sul riordino delle province. Una revoca che però non trovava d'accordo la Lega che voleva invece il referendum a tutti i costi, e che aveva anche innescato una forte critica da parte dell'opposizione in provincia capeggiata da Marco Bergonzi.

«Diventerebbe un referendum da campagna elettorale se lo si facesse il 10 febbraio - ha detto Filippo Bertolini (Pdl) - Non è una giornata fattibile. Non escludiamo che si possa riproporre in futuro se si riproponesse la necessità. Ma ora è importante risparmiare».
«Ma quale attenzione al risparmio. Sono chiacchiere - ha detto Bergonzi nel suo intervento - E' la prima volta che si ritira un referendum ancora prima che i cittadini si esprimano. Siamo un precedente fenomenale. Noi invece proseguiremmo dritto, anche se si tenta di tirare un freno a mano colossale». «Ora rispondete - ha detto rivolto alla maggioranza - non credete che sia meglio stare in Lombardia? Abbiate il coraggio allora, sentiamo i cittadini. Eravate così convinti di andare in Lombardia e nella Macro Regione alpina? Prego accomodatevi. Avete applicato un fuoco istituzionale che adesso maldestramente state cercando di spegnere. Di colpo il referendum è diventato costoso». 

«Chi ce lo fa fare di fare questa figuraccia? - tuona Boiardi - Questo referendum è una frittata politica di cui l'amministrazione dovrebbe chiedere scusa. L'idea di diventare lombardi è un'idea molto leghista, mentre il centrodestra non la pensa così evidentemente. Se siete arrivati, oggi, a presentare questo documento per la revoca di un atto pronto e già fatto, vuole dire che non c'è una maggioranza, ma rapporti di forza che cambiano in continuazione. Siete una maggioranza spaccata, in balia della Lega che vi manda tutti a casa se vuole. Avete lanciato questa iniziativa senza prevedere un euro a tal fine. I costi previsti, a spanne, sono 500mila euro, e sono una vergogna per un'iniziativa di questo tipo. Dopo un atto così vergognoso è bene che il presidente si dimetta».

Gianpaolo Fornasari Pdl:  «Siamo solo contenti che questo decreto sia stato affossato. Almeno tante province che sarebbero state abolite possono invece continuare a vivere e a rappresentare i cittadini curandone gli interessi. C'è chi preferisce Parma, c'è chi preferisce la Lombardia. Io preferisco che la provincia di Piacenza continui a sopravvivere. Non vedo dove sia lo scandalo di oggi. Chi amministra deve sapere decidere in tempi rapidi, e noi oggi reagiamo a una realtà che è cambiata. Oggi siamo davanti a una realtà diversa. Esiste solo il futuro». 
Anche Giulio Maserati gli fa eco affermando che «Oggi sono cambiate le condizioni politiche» rispetto a quando il referendum venne approvato dal consiglio provinciale. 

Luigi Gazzola (Idv): «Parliamo di opportunità politica. Di tutte le province interessate dal riordino gli unici a voler fare un referendum per cambiare regione siamo stati noi. Il cosiddetto piano B. Per noi era inutile e costoso. Dobbiamo chiederci se ha senso non tanto la provincia di Piacenza in se stessa, ma l'intera regione Emilia Romagna. Questo referendum era un bluff terribile».

Giampaolo Maloberti (Lega Nord): «Bergonzi in questi mesi ha prima decantato l'area vasta con Reggio e Parma, e poi la provincia del Gusto, forse per un diktat di partito. Noi della Lega siamo partiti coerenti pensando che il referendum servisse. Dietro c'è un progetto politico ben preciso, la Marco Regione del Nord. Uno dei vantaggi di andare in Lombardia? L'immissione di liquidità nelle aziende grazie alla Banca europea degli investimenti. La Lega ha avuto atteggiamento coerente dall'inizio alla fine: dietro c'è un progetto politico economico e politico ben preciso». 

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