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Zanardi (Fi): «Facciamo scontare la pena definitiva ai detenuti stranieri nei paesi d'origine»

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del consigliere provinciale di Forza Italia Gloria Zanardi sulla rivolta nel carcere di Piacenza

«Rivolta nel carcere di Piacenza. Urla e danni per 20 mila euro.  I fatti che si sono verificati nella casa circondariale di Piacenza sono gravissimi; offrono spunti di riflessione sulla necessità di una riforma del sistema carcerario italiano e pongono all'attenzione sulle esigenze del corpo di polizia penitenziaria che, quotidianamente, deve svolgere un delicatissimo compito all'interno dei luoghi di detenzione.

La necessità di attrezzare adeguatamente la polizia penitenziaria. In occasione della rivolta dei giorni scorsi nell'istituto penitenziario di Piacenza, gli agenti della polizia penitenziaria si sono subito attivati al fine di sedare la protesta ed evitare che venissero provocati ulteriori danni materiali, oltre a quelli già cagionati, pari ad almeno 20.000 euro. La Polizia penitenziaria ha il compito di garantire la sicurezza e le condizioni di legalità all'interno delle strutture carcerarie, collaborando alle attività di reinserimento sociale delle persone condannate, per l'attuazione del fine costituzionale della pena, sancito nell'art. 27 della Costituzione.

Ciò premesso, ritengo che il Governo e, specificatamente, il Ministero della Giustizia, da cui dipende il Corpo di Polizia Penitenziaria, debba prioritariamente, al fine di consentire l'adeguato adempimento del proprio compito, tutelare la sicurezza degli agenti, fornendo loro gli strumenti idonei per potere contrastare efficacemente e, soprattutto, senza correre rischi eccessivi, tumulti di questo tipo, in particolare alla luce del regime di “sorveglianza aperta” adottato nella struttura.

A Piacenza, come in altre strutture, vengono offerti ai detenuti spazi di movimento e scambio all'interno delle mura carcerarie; circostanza da non sottovalutare, soprattutto alla luce dei fatti accaduti che hanno visto il coinvolgimento di più carcerati, presumibilmente anche a causa di una interazione precedente a quel momento. Ovviamente non si ritiene che debba essere esclusa l'attuazione della socializzazione di coloro che sono sottoposti al regime restrittivo, sancita anche a livello costituzionale inquadrandola nella funzione rieducativa della pena, ma reputo necessario che tale esigenza non possa prevalere, in ogni caso, sulla tutela della sicurezza della struttura e degli agenti.

La necessità di riformare in generale il sistema penitenziario. Partendo dalla situazione di Piacenza per poi allargare il ragionamento a tutte le altre che, nella maggiore parte dei casi, si trovano nelle medesime condizioni, occorre rilevare che la struttura della nostra città è qualificata come Casa Circondariale, dunque, sarebbe un tipo di istituto nel quale, prevalentemente, vengono reclusi soggetti in attesa di giudizio, per custodia cautelare e condannati a pene inferiori ai cinque anni o con un residuo di pena inferiore ai cinque anni. Oltre al fatto che gli uni dovrebbero essere separati fisicamente dagli altri. Ciò nonostante, non sempre i soggetti ivi ristretti sono nelle posizioni sopra descritte: coloro che devono scontare la pena definitiva superiore ai 5 anni in regime carcerario sono in numero crescente e le strutture “carceri” destinate a tali detenuti spesso non riescono a contenerli tutti, pertanto devono essere trasferiti in altre, a dispetto delle caratterizzazioni delle stesse.

Le circostanze sopra descritte non riguardano la sola struttura piacentina. E' evidente che a tale circostanza si ricollega ad un problema generale degli istituti detentivi italiani che è quello del sovraffollamento, dal quale hanno avuto origine, tra l'altro, sentenze di condanna dello Stato da parte della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che frequentemente ha giudicato le condizioni dei detenuti una violazione degli standard minimi di vivibilità che determina una situazione di vita degradante (violazione art. 3 Convenzione europea diritti dell'uomo).

In conclusione, sollecitando anche le altre istituzioni a farsi portavoce di questa istanza, chiedo che il Ministro della Giustizia, in accordo col governo, proponga quanto prima provvedimenti idonei al fine di bilanciare le varie esigenze di cui sopra e, soprattutto, di fornire alla Polizia penitenziaria gli strumenti necessari per tutelare l'ordine e la sicurezza negli istituti carcerari, invitando anche a valutare la fattibilità dell'ipotesi di fare scontare la pena definitiva ai detenuti stranieri nei propri paesi di origine, evitando così anche la radicalizzazione di alcuni estremismi».  

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