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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Tutela e salvaguardia del territorio montano: un dovere verso l’ambiente e la cittadinanza

Un’intervista a due tecnici responsabili conferma l’attenzione verso la difesa idrogeologica

Gli anni 2000 hanno fatto da spartiacque in tema di territorio montano e della sua salvaguardia.
È in questo periodo che sono aumentati gli eventi meteorici e si è verificato un minor presidio del territorio montano a causa del suo spopolamento.

Da qui la consapevolezza sul tema della sicurezza del territorio montano è aumentata, così come sono aumentate le risorse economiche a disposizione. Eppure, sostenere e salvaguardare il territorio montano è di primaria importanza anche per la pianura, dal momento che una buona regimazione dei corsi d’acqua a monte permette un deflusso più sicuro della risorsa che scorre a valle con un miglioramento complessivo della sicurezza idraulica.

Gianluca, da 34 anni è uno dei tecnici del Consorzio di Bonifica di Piacenza a servizio del territorio montano. Com’è cambiato il modo di lavorare da quando è stato assunto?

“Il cambiamento più forte che ho avvertito risale a circa 20 anni fa ed è legato all’attenzione data al territorio montano e all’impegno profuso nel suo consolidamento dal punto di vista idrogeologico. Prima non c’erano fondi dedicati e gli interventi erano decisamente meno. Ora c’è più consapevolezza sul fatto che la sicurezza del territorio montano è la condizione primaria per mantenere in vita le nostre valli. E che il beneficio a cascata si riversa anche sul territorio di valle perché una buona regimazione a monte permette un deflusso sicuro in pianura”.

Edoardo, dal 1998 è un tecnico del Consorzio. Anche secondo la sua esperienza gli anni 2000 fanno da spartiacque?

“Sì. È cambiato tutto dalla metà di quegli anni. Sono aumentati gli eventi meteorici intensi e al contempo è calato il presidio del territorio a causa dello spopolamento. Da lì la fragilità del territorio è stata evidente e anche gli enti territoriali e sovraordinati hanno posto un accento maggiore su questi temi. È ad esempio nel dicembre 2013 che è stato approvato e sottoscritto il protocollo d’intesa tra Regione Emilia Romagna, Unione Nazionale Comuni, comunità ed Enti Montani (UNCEM) e Unione Regione delle Bonifiche Emilia Romagna (URBER) denominata ora ANBI Emilia-Romagna, in attuazione dell’art. 3 della Legge Regionale. n.7 del 6 luglio 2012”.

Gianluca, che ricadute ha avuto sul Consorzio di Bonifica questa Legge Regionale (L.R.) e il conseguente protocollo d’intesa?

“È secondo quanto stabilito da questa L.R. che viene programmata l’attività consortile in sinergia con il Nucleo Tecnico Politico per la Montagna che si riunisce per la valutazione del piano di interventi sul dissesto idrogeologico da portare a termine con le risorse derivanti dalla contribuenza montana. In pratica si tratta di un tavolo di lavoro che fissa un termine entro il quale le Unioni Montane e i Comuni devono far pervenire le richieste di intervento a cui viene dato seguito con i sopralluoghi tecnici propedeutici alla stesura dell’elenco dei lavori con relative stime economiche e una prima valutazione di priorità di esecuzione. Del piano di lavoro così impostato se ne discute durante il successivo incontro del Nucleo Tecnico Politico a cui viene fatto seguire il piano definitivo da inviare alla regione per l’approvazione”.

Edoardo, in aggiunta agli interventi ordinari state portando a termine anche una trentina di interventi finanziati dalla Regione Emilia Romagna, di cosa si tratta?

“A fine 2019 abbiamo ottenuto il finanziamento di 31 interventi per un importo superiore a 3,5 milioni di euro in risposta al bando PSR (Piano di Sviluppo Rurale) 2014/2020 misura n. 5.1.01 della Regione Emilia Romagna (linea di finanziamento regionale indirizzata a investimenti in azione di prevenzione volte a ridurre le conseguenze delle calamità naturali e avversità climatiche – prevenzione danni da fenomeni franosi al potenziale produttivo agricolo). Dei 31, 26 sono terminati e tutti rispondono al fabbisogno di ripristinare il potenziale produttivo agricolo e forestale danneggiato. Grazie a queste risorse possiamo intervenire in luoghi dove altrimenti non saremmo riusciti ad agire con risorse consortili. Per quanto riguarda le valli Trebbia e Tidone, zone di mia competenza, sono ultimati gli interventi a Ospedaletto (Bobbio), Ca di Ferro e Ca Straccino (Alta Val Tidone), Casanova (Pianello V. Tidone), Roncoli (Corte Brugnatella), Arcello-Casa Celestina Pra di Ratto, Ca Nova Maffi, Ca Nova Tavani – La Buca (Pianello V. Tidone), Casa Colombara (Alta Val Tidone), Gattavera (Travo), Bagnalasta e Casa Vapore (Alta Val Tidone)”.

Anche lei Gianluca ha portato a termine degli interventi finanziati con fondi PSR?

“Sì, io per quanto riguarda le valli Nure e Arda, che sono le zone che gestisco, ho realizzato interventi a San Michele, Pedina, Chignoli, Uccellaia e Casali (Morfasso), Centopecore e Predalbora (Farini), Proverasso e Pertuso (Ferriere), Bertonazzi, Ca bassano, Ronchi e Simoni (Gropparello), Ozza (Bettola).

Sia i miei interventi che quelli del collega Edoardo riguardano briglie in gabbioni allo scopo di rallentare la velocità delle acque e contrastare l’erosione e di conseguenza migliorare le condizioni di stabilità dei versanti e mitigare i fenomeni franosi; traverse, palificate e briglie in legname per stabilizzare i versanti e intercettare e incanalare i canali montani; drenaggi per l’emungimento delle acque sotterranee per la raccolta e il convogliamento delle acque che si infiltrano nel sottosuolo al fine di prevenire movimenti franosi; la pulizia e la sistemazione di canali per favorire il deflusso delle acque di scolo”.

Edoardo, cosa le dà maggiore soddisfazione del suo lavoro?

“Vedere un intervento portato a termine e collaudato. Perché là dove c’era un problema idraulico si vede il consolidamento e la messa in sicurezza di una porzione di territorio, e un lavoro che funziona mi dà sempre una grande soddisfazione”.

Gianluca, si capisce la passione con cui lavorate. Cosa la ripaga maggiormente?

“Il nostro lavoro richiede pazienza e amore. Il territorio collinare e montano è idraulicamente fragile ma la gente che lo abita è forte e tenace. Mi ripagano due cose: da una parte la collaborazione con altri enti come comuni e Regione, dall’altra il rapporto che abbiamo che le persone che ci vivono. Per loro siamo diventati un riferimento e tutto questo si coltiva negli anni”.

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