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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Calcio

Dalla serie A alla Valtrebbia, la parabola di Fabio Macellari

Toccato l'apice con l'Inter ha chiuso col calcio da giocatore-allenatore della Bobbiese. Rimasto in paese si è dedicato al casolare di famiglia e alla musica

Tanti calciatori, da giovani promesse, riescono a toccare l'apice ma a restarci purtroppo poco. Troppo poco. E arrivano ad un punto della propria carriera in cui sono costretti a cambiare radicalmente vita. Così è stato anche per Fabio Macellari. L'ex terzino di spinta, classe '74 nato a Sesto San Giovanni ma affermatosi calcisticamente prima al Lecce e poi al Cagliari (con entrambe ha conquistato la serie A insieme al tecnico Gian Piero Ventura), nel 2000 spicca il volo e approda all'Inter di Marcello Lippi dove disputa il preliminare di Champions League contro gli svedesi dell'Helsingborg, Nonostante «da ragazzino tifavo per la Juventus e andavo a San Siro per sostenerla, ho realizzato un bel sogno», ha dichiarato tempo fa in un'intervista. Dopo l'1-0 in terra scandinava, gli svedesi resistono a San Siro e grazie allo 0-0 finale eliminano i nerazzurri. Persa anche la Supercoppa contro la Lazio per 4-3, l'esonero di Lippi e l'arrivo di Marco Tardelli gli faranno terminare la stagione con sole 7 presenze. Comunque nessun rimpianto, perché quella dell'Inter «è una maglia talmente bella. E oltre alla mia ne conservo solo un'altra, quella di Ronaldo». Dopo un solo anno decide di essere ceduto per andare al Bologna, avventura che nonostante inizi bene è poco fortunata perché il ginocchio fa crac. L'infortunio mette a nudo le sue fragilità, e preso dallo sconforto «ho cominciato a fare ciò che un calciatore non dovrebbe: stare sveglio fino a tardi, usare cose che non si devono, e così non ero più lucido».

Prova a rimanere nel calcio che conta ritornando a Cagliari, ma il declino sembra ormai inesorabile: dalla B alla C passando per Triestina e Lucchese fino alla discesa tra i dilettanti che nel 2010 lo porta in Valtrebbia, precisamente a Bobbio. Il 28 giugno di quell'anno si era accordato con la Bobbiese, squadra che allora militava in Prima Categoria. Oltre ad essere un calciatore della prima squadra allena anche le giovanili. Con la formazione neroverde gioca per tre stagioni, e il 4 marzo 2013, dopo l'esonero dell'allenatore ricopre il doppio ruolo di giocatore e tecnico della squadra. Al termine della stagione agonistica decide di allenare soltanto, ma lascia la Bobbiese prima dell'inizio del campionato. Prosegue l'attività prima all'Amatrice e poi al Tortolì, che rappresenta la sua ultima squadra in carriera da calciatore. Nel dicembre 2015 è diventato allenatore del Seulo, squadra di Prima Categoria sarda, ma chiusa l'esperienza a fine stagione e dopo aver girovagato in lungo e in largo per l'Italia è ritornato a vivere a Bobbio con la sua famiglia. Senza nessun rimpianto per l'ultima parte della carriera, fra i monti e nel verde della val Trebbia, luogo di provenienza dei genitori, si è occupato del casolare di famiglia. «A Bobbio lavoro con mio cugino, taglio la legna, faccio il miele, lo zafferano, vado in giro con il camioncino dell'immondizia e curo il mio orto. E ogni tanto lavoro nel panificio dei miei amici. È un tipo di vita che mi ha inculcato la mia famiglia. Abbiamo un casolare che gestiamo da più di 150 anni e avevo sempre in mente di portare avanti questa tradizione», ha dichiarato diverso tempo fa.

Protagonista della prima squalifica con prova tv della storia della serie A, con la testata ricevuta da Ibrahim Ba durante l'incontro Perugia-Cagliari, il calcio è oggi sia una passione che un lontano ricordo. «Ho speso tanti soldi, ho cambiato stile di vita. Mi piace vivere nel mio casolare in mezzo alla montagna ma non riesco a stare fermo». Nella sua esperienza a Bobbio c'è stato spazio anche per una breve carriera musicale come vocalist di una band: «Mi è sempre piaciuto cantare, e l'ho fatto in un gruppo coi miei amici a cui serviva una voce. Bobbio è casa mia, conosco tutti. Sono circondato da fratelli che vogliono proteggermi e vogliono essere certi che sia sempre sulla strada giusta», ha detto sempre in una vecchia intervista. Nel 2020 ha fatto ritorno a Cagliari per un nuovo impiego come cameriere di un ristorante dove «accoglierò i clienti e farò presenza scenica». Il sogno di tornare a respirare l'odore dell'erbetta di un rettangolo di gioco, però, è sempre vivo: «Vorrei seguire un settore giovanile importante, vorrei lavorare in serie A. Se dovesse capitare una situazione interessante la valuterei, ma non sarò di certo io ad andarmela a cercare».

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