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Martedì, 23 Aprile 2024
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Bordon: «Quando un portiere tocca più palloni del regista prima o poi sbaglia»

Il campione del mondo ’82 a Ferriere per il camp dedicato ai portieri: «La vittoria in Spagna ha dato una spinta al Paese. Il ruolo è cambiato ma prima bisogna imparare a stare in porta, la palla si può anche lanciare lunga»

Ivano Bordon è tornato anche quest’anno a Ferriere. Il portiere, ex Inter e Sampdoria, campione del mondo 1982 (il titolare era il capitano Dino Zoff, completava il terzetto Giovanni Galli), vincitore di due scudetti, è venuto a vedere di persona il suo camp dedicato ai giovanissimi aspiranti “numeri 1”, ospitato presso l’ostello di Casa Rossa, gestito dal “Ferriere Sport Camp”.

Bordon ha passato una giornata intera a Ferriere, presentando anche un libro (“In presa alta”) dedicato alla sua carriera, che racconta inoltre la sua proficua esperienza da allenatore dei portieri, che lo ha visto aiutare Angelo Peruzzi e Gigi Buffon a diventare i più forti nel ruolo. Il veneto ha seguito Marcello Lippi alla Juventus e nella conquista del mondiale 2006. Nella giornata ferrierese ha messo la sua esperienza a disposizione di una ventina di “portierini” che coltivano il sogno della seria A.

  • Bordon, in questo mese di luglio sono state tantissime le celebrazioni del quarantennale del Mondiale 1982. Come mai gli italiani rimangono legati così affettuosamente a quella vittoria?

Prima di tutto abbiamo vinto dopo tanti anni, le gioie dei Mondiali degli anni ’30 erano lontanissime. E poi quell’Italia stava vivendo un momento non facile, tante cose non andavano bene. Penso che il calcio abbia dato quella spinta per cercare di risolvere “certe” situazioni. Inoltre viene ricordato perché abbiamo battuto Argentina, Brasile e Germania con tre bellissime partite. Penso che non si possa dimenticare facilmente.

  • Una vittoria contro tutto e contro tutti. In particolare avete battuto una delle Seleçao più forti di sempre…

Sì, con il Brasile pensavano tutti che saremmo usciti, visto che ai verdeoro bastava il pareggio. Forse erano troppo sicuri di ottenere almeno il pareggio e passare senza problemi, ci hanno un po’ snobbati. Ma noi avevamo l’hombre del partido, il povero Paolo Rossi, che ci ha fatto vincere quella partita e il campionato del Mondo.

  • Già, un anno e mezzo fa la scomparsa del giocatore più rappresentativo di quella spedizione vincente, proprio Paolo Rossi.

Io l’ho avuto come compagno anche ai mondiali argentini del ’78. L’avevo conosciuto bene in quell’occasione: era un ragazzo affabile, sincero, umile. E sapeva già prima che arrivasse il pallone dove sarebbe caduto. Se andiamo a controllare come ha fatto tutti i suoi gol…Era proprio un uomo d’area.

  • Parliamo un po’ di portieri. Non si sta esasperando troppo il coinvolgimento del portiere nell’impostazione dell’azione con i piedi?

Molto, ne stavamo parlando al camp. Negli ultimi anni è venuto fuori questo tipo di gioco, così il portiere spesso tocca più palloni con i piedi che il regista: non mi sembra giusto. Così lo metti sicuramente in difficoltà, perché prima o poi sbaglierà. E quando commetterà quell’errore, psicologicamente lo subirà, danneggerà la sua sicurezza. Non vedo di buon occhio questo tipo di inizio dell’azione. Penso che il portiere dovrebbe lanciare la palla più spesso lunga.

  • La scuola italiana è un po’ in crisi?

Effettivamente è cambiata la figura del portiere, il modo di allenarlo. Prima si allenava molto la tecnica che, per l’amor di Dio, è giusto anche arricchire con la tecnica dei piedi. Però, secondo me, prima di tutto deve imparare a stare in porta: bisettrice, presa, respinte, uscite. Le uscite se ne vedono sempre meno, anche perché compagni e avversari affollano molto più l’area piccola, non c’è lo spazio per venire fuori in una palla alta. Il portiere così viene messo in difficoltà.

  • Guardando i migliori portieri del mondo, hanno un’altezza vicina ai due metri. Non ci potrà più essere un estremo difensore al top alto “solo” un metro e 85, magari più bravo nelle uscite?

Secondo me sì. Un portiere completo, ad esempio, è quello del Milan, Mike Maignan, anche se tecnicamente può ancora migliorare. Però lui è l’esempio che si può essere bravi in porta, con i piedi e anche uscire con rapidità. In generale trovo che al calcio e anche a questo ruolo, hanno tolto qualcosa, che definirei la “semplicità”. In tutto l’ambiente e anche nel gioco.

  • Dopo Donnarumma abbiamo altri portieri italiani validi?

I giovani portieri li abbiamo. Ho visto Carnesecchi che ha fatto bene alla Cremonese, Cragno è una conferma e l’ha preso il Monza. C’è Gollini della Fiorentina, Vicario dell’Empoli, Montipò del Verona, Silvestri dell’Udinese. Meret purtroppo in questi due anni non ha fatto molta esperienza. Però tutti questi italiani non hanno nulla da invidiare a certi stranieri che vengono a giocare in serie A.

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