"Grazie al Gruppo Alpini Vigolzone che ha inserito nella pubblicazione che celebra il loro 50° anniversario, col titolo “Mio padre, Alpino della Brigata Julia” una nota della mia raccolta NOTE 2013 -edita youcanprint 2014 - che si riporta integralmente:
"Oggi ho ripreso in mano “L’ospite incallito” di Erri De Luca, un libro piccolo, ed un libro di poesia. E due delle poesie contenute, mi trascinano nel vortice di domande mai fatte, di storie accennate e mai veramente conosciute eppure così prossime. La storia dei nostri padri, di nostro padre, di chi ha lo stesso cognome e di biblico, la nostra creazione. A volte, ricordando la vita di mio padre, ho la sensazione che bene esprime il verso del poeta: “… contro il destino per dispetto, per camurrìa di vita” e cioè abbia comunque voluto vivere a dispetto di tutti gli episodi che l’avrebbero, per logica, voluto morto. Abbia voluto vivere comunque per quella camurrìa (scocciatura) che rappresenta la vita. O per quella camurrìa (noia), così come ce l’ha resa nota Moravia o, meglio ancora per quella camurrìa (nausea), così come ce l’ha resa tangibile Sartre. Sì, perché mio padre nasce nel 1918, in una delle più triste primavere della prima guerra mondiale, quando, dopo Caporetto ad Aprile, gli austriaci preparavano la grande offensiva. A proposito di guerre, mio padre, appena terminato il servizio di leva, parteciperà a tutta la durata della seconda guerra mondiale, in tutto farà sette anni di vita militare. Per chi aveva fatto il minatore, figlio di minatore, passare dalla zolfara alla trincea, è una bella camurrìa di vita!
Così Erri De Luca nella poesia In Coincidenza col padre “Hai salito la guerra sui monti di Albania,/ non me l’hai raccontata,” sì, non me l’ha raccontata neanche mio padre, la campagna d’Albania. L'occupazione dell'Albania del 1939, un modo originale di ricordare il suo ventunesimo compleanno. E nemmeno mi hai raccontato la campagna di Grecia nell’autunno dell’anno appresso, quando le truppe del Regio Esercito Italiano, partendo dalle proprie basi albanesi, entrarono in territorio ellenico. Una cosa me l’ha detta: quando dopo la conquista di qualche pietroso cucuzzolo da parte del nostro esercito arrivava la milizia fascista a piantare la propria bandiera, per poi essere ricacciata e riperderla (non a caso le forze greche riuscirono a contenere l'offensiva iniziale italiana e successivamente anche a contrattaccare). La guerra di posizione in montagna si trascinò fino all'aprile del successivo compleanno, quando i tedeschi invasa la Jugoslavia costrinsero la Grecia alla capitolazione. E, nemmeno la campagna di Russia mi ha raccontato, così come la ritirata dell’inverno del 44, (accennata appena).
“Di sé non raccontava, so di lui quello che ho visto.” Ed ho visto che “Ha cantato a Natale canzoni di montagna / imparate da alpino nella guerra;” - dalla poesia “Il nome: Aldo De Luca” -.
Sì da alpino, nella brigata Julia, allora Divisione, che si distinse nella campagna di Grecia e in quella Russa (come parte dell'Armata Italiana in Russia - ARMIR-) dove subirà ingentissime perdite, ma riuscirà ad uscire dalla sacca creata dai russi con la Battaglia di Nikolajewka . Mio padre non parlava mai di battaglie e di eroismi, mi disse solo che aveva perso un amico, un suo compaesano in quella ritirata, non se ne seppe più nulla, perché era rimasto nella sacca. Aveva anche lui vent’anni (con il viaggio di nozze con la morte / aveva trovato Nikolajewka -Van de Sfross).
Molte cose le ho apprese e saputo dai libri: “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi, ufficiale medico, che così scrisse: «La popolazione russa ben presto s'era istintivamente accostata agli alpini; la gente d'Ucraina aveva trovato via d'intesa con gli uomini dalla penna nera e si mostrava larga di simpatia e di attenzioni verso quei ragazzi gioviali; offriva spontanea ospitalità nelle isbe e si intratteneva volentieri a conversare fino a tardi»
E so che era vero, perché mio padre mi ha detto che divideva la sua gavetta di minestra con il bambino di una famiglia che l’ospitava e sua mamma gli metteva sulle spalle la pelliccia del marito (anche lui sul fronte, dall’altra parte) per sopravvivere nelle notti gelide. I libri di storia son fatti di date, di guerre, di grandi movimenti e rivoluzioni, il libro di storia di mio padre, per quel poco che ne so, è fatto di episodi isolati, di conoscenze personali, di contatti umani, di uomini che hanno vissuto con gesti quotidiani i grandi eventi. Eroe non nasce nessuno, diceva spesso mio zio Vincenzo, carabiniere, è la situazione, il momento che ti costringe ad esserlo, a diventare Eroe.
Ho conosciuto quella guerra e soprattutto quella ritirata, attraverso i libri dicevo, come Il sergente nella neve di Rigoni Stern ed il teatro, come ci è stata raccontata da Marco Paolini (a Piacenza, nel 2007) con la riduzione teatrale di quel testo o, come ce l’ha cantata Davide Van de Sfroos nel brano “Il Reduce”.
“Contro il destino per dispetto, per camurrìa di vita”, è ritornato al suo paese. Precariamente. Per emigrare. “Il fiato uscito caldo di pensieri dal tuo cranio / si è infilato nel mio, succede ai posti che conservano l’aria di una sera per cent’anni”. E fu così che nacqui, straniero, in terra straniera.
E sopravvisse (mio padre) “… contro il destino, per dispetto, per camurrìa di vita” anche alla vita che l’attendeva, vita da minatore nelle miniere di carbone, ma questa è un’altra storia, una storia di “migrantes” italiani d’altri tempi (italiani di tutte le regioni, compreso il ricco Triveneto, la Lombardia e l’Emila-Romagna).
“Di sé non raccontava, so di lui quello che ho visto” ed aggiungo che ho letto ed ascoltato, so che per lui, dopo questi eventi “il tempo è diventato un supplemento”. Grazie alla poesia di Erri De Luca che mi ha accompagnato in questo viaggio della memoria, che mi ha fatto pensare, ancora una volta, (se ce ne fosse stato bisogno) che “la storia siamo noi, siamo noi padri e figli, / siamo noi, bella ciao, che partiamo. / quelli che hanno letto milioni di libri / e quelli che non sanno nemmeno parlare” (De Gregori).
Ogni figlio vorrebbe somigliare al padre. Ed alla fine, in piena maturità, ci si accorge di somigliargli per davvero. Anch’io “Ho fatto le sue mosse col vino e con i libri / senza nessuna sbronza presa insieme: / mio rammarico fesso e secondario”.
Carmelo Sciascia"
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