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«Fu la musica a portare Leonardo Da Vinci a Monticelli?»

Una risposta sicura non la si può dare, ma qualche elemento in più a favore della ipotesi illustrata dal noto critico d’arte Vittorio Sgarbi è emerso dalla conferenza di Paolo A. Rossini, docente al Conservatorio di Brescia, che si è tenuta nella Sala Panini di Palazzo Galli

Leonardo da Vinci - prima di realizzare L’Ultima Cena in Santa Maria delle Grazie a Milano - era stato a Monticelli, traendo spunti dall’osservazione dell’Ultima Cena dei Bembo affrescata nella omonima Cappellina nella Rocca Pallavicino, come ipotizzato da Vittorio Sgarbi durante una tappa nella Bassa Piacentina organizzata come evento collaterale alla Salita al Pordenone? Una risposta sicura non la si può dare, ma qualche elemento in più a favore della ipotesi illustrata dal noto critico d’arte è emerso dalla conferenza che si è tenuta nella Sala Panini di Palazzo Galli, nell’ambito dell’autunno culturale promosso dalla Banca di Piacenza. Le possibili tracce di Leonardo a Monticelli sono state ricercate attraverso la musica, grazie a una vera e propria lezione tenuta da Paolo A. Rossini, docente al Conservatorio di Brescia. Il relatore è stato presentato dal presidente del Consiglio di amministrazione della Banca Giuseppe Nenna, che ha ricordato i tanti contatti che il da Vinci ebbe con la nostra terra: secondo alcuni studi compiuti per il recupero della vigna di Leonardo (in occasione dell’Expo 2015) a Palazzo degli Atellani a Milano, è emerso che era un vigneto di Malvasia di Candia aromatica, come quella appartenente alla tradizione vitivinicola piacentina e che nella zona i terreni erano di proprietà della famiglia Landi di Piacenza; le porte del nostro Duomo poi, avrebbero potuto essere di Leonardo, se i fabbricieri non avessero rifiutato una sua proposta di realizzarle; da ultimo, l’ipotetica conoscenza di Bobbio (qualcuno nello sfondo della Gioconda ci ha visto il Ponte Vecchio).

Il professor Rossini ha dunque collegato Leonardo a Monticelli attraverso la musica. Musica che - a parere del docente - «è sempre stata ignorata dalla storia e considerata solo un mestiere», nonostante abbia avuto un ruolo essenziale, per esempio, nella vita delle corti rinascimentali, contesto storico di riferimento (il Ducato di Milano in età sforzesca, in particolare) per cercare di provare la venuta del genio fiorentino nel centro della Bassa. «La musica - ha argomentato Paolo A. Rossini - è stata un costante complemento nella vita di corte; gli artisti accreditati erano strapagati e i Signori se li contendevano». Uno di questi era senz’altro Franchino Gaffurio («il primo grande polifonista italiano»), ingaggiato per magnificare Ludovico Sforza, detto il Moro. Gaffurio, nato a Lodi nel 1451, nel 1484 fu nominato “maestro di cappella” del Duomo di Milano e qui conobbe Leonardo che - come si evince da un passaggio delle Vite del Vasari - arrivò alla corte sforzesca come suonatore di lira. Leonardo fu, infatti, anche musicista. Gaffurio, prima del prestigioso incarico milanese, fu maestro di musica a Mantova, Verona, Genova e Napoli, da dove fuggì a causa della peste, trovando rifugio proprio a Monticelli grazie a Carlo Pallavicino, vescovo di Lodi. Quindi, dati per certi i rapporti tra Leonardo e Gaffurio, nulla vieta di pensare che il musicista lodigiano abbia portato Leonardo alla corte dei Pallavicino. In mancanza di documenti, si deve rimanere nel campo delle ipotesi. Certo che tra il Cenacolo della cappellina dei Bembo (a suo tempo restaurata dalla Banca di Piacenza) e l’Ultima Cena in Santa Maria delle Grazie emergono parecchie analogie, forse ancor più evidenti nel disegno preparatorio di Leonardo (1494-95), conservato alla Galleria dell’Accademia di Venezia.

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