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«L’Europa ha chiuso le saracinesche contro i migranti»

Il giornalista de La Stampa Domenico Quirico, rapito in Libia nel 2011, è intervenuto a Fiorenzuola con una preziosa testimonianza, capace di far riflettere sulle dinamiche della migrazione

Un racconto lucido, per tentare di riflettere sulle dinamiche della migrazione. Un racconto fornito dall’inviato e capo servizio esteri del quotidiano La Stampa, Domenico Quirico, rapito in Libia nel 2011.

Quirico, che negli anni è stato testimone di eventi che hanno amplificato il fenomeno della migrazione, ha portato la sua testimonianza a Fiorenzuola, in occasione del Convegno Ecclesiale San Fiorenzo. In sala, ad ascoltare il toccante intervento del giornalista, c'era anche Marco Vallisa, il tenico piacentino liberato lo scorso novembre dai rapitori in Libia.

«Il rapporto che ho avuto e che ho tutt’ora con i migranti inizia nel marzo 2011 in modo del tutto causale. Non me ne ero mai occupato nella mia lunga carriera giornalistica. In quel periodo ero in una cittadina della Tunisia e in attesa di entrare in Libia. C’erano porti con dei pescherecci, barconi quasi dismessi. Salii su uno di quelli con 112 persone. Fu un “viaggio odissea”: tempeste, aggressioni, ma anche fortuna. Quella barca di soli 112 metri si ribaltò, noi ci salvammo. Perché feci quel viaggio? Perché non è importante raccontare la partenza o l’arrivo del migrante, ciò che ormai fanno tutti i giornali e le televisioni. Il momento più importante da raccontare è il viaggio, il momento in cui cambia identità».

«In quel periodo l’emigrazione in Tunisia era considerata un reato penale, perciò non c’era nessun migrante in Europa. I tunisini non erano sognatori, non speravano di finire chissà dove: loro sapevano com’era l’Europa. Un’Europa spesso contro a queste persone. I migranti sapevano, ma avevano deciso di tentare la sorte. “Ora siamo liberi – dicevano – andiamo quindi a vedere quel mondo.

Cos’è successo però a quelle povere persone? «L’Europa ha chiuso le saracinesche. Erano migranti che non si assomigliavano, si muovevano per motivi e verso luoghi differenti. Bisogna ripercorrere nodo per nodo la loro storia, partendo dal motivo per cui si spostano da un paese all’altro».

P1100921-2E’ proprio per questo motivo che l’inviato del quotidiano torinese è stato in Senegal al confine con il Mali. «Li dove sono stato inizia il così detto “viaggio della speranza”. Gli islamisti non sono il lascia passare: loro uccidono i migranti perché li considerano traditori. Sono considerati tali perché scappano dalla Guerra Santa per andare a chiedere l’elemosina a coloro che vengono definiti infedeli (l’Occidente)».

Ma la migrazione di oggi è diversa rispetto a quella che si viveva nel 2011. «Si tratta spesso di Paesi in cui non c’è la guerra, come la Nigeria. Loro sfuggono dalla povertà, partono perché è un rito di passaggio, dall’adolescenza all’età adulta: diventano uomini e, secondo i loro compaesani, “è difficile trovare moglie se no si è fatto il viaggio”».

«Oggi i migranti non provengono solo dalla Siria, molti sono asiatici: è gente che ha resistito durante la guerra civile, non è gente che viene dalle zone del califfato, perché da li non esce nessuno. Hanno svenduto quanto gli era rimasto dai bombardamenti, poi si sono recati in Turchia. Quando li la situazione peggiorava sono saliti verso Europa».

La politica europea e i giornali hanno letto male il fenomeno e i migranti vengono visti come un problema. I tedeschi hanno detto: “Ci interessano, li prendiamo”. Vanno accolti perché in primis è un loro diritto  e questo è scritto nella Carta delle Nazioni Unite; ma  anche perché queste persone ci assomigliano. Ci assomigliano perché in futuro potranno produrre e se producono diventeranno anche consumatori».

«Trovo ignobile – ha concluso Quirico – il fatto che vengono accolti i migranti “perché se fanno qualcosa di buono cresce il PIL”. Il migrante deve essere accolto anche se il PIL non crescerà. Dobbiamo imparare a trarre una simpatia da queste persone»

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