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Legambiente e Italia Nostra: «Non si distrugga terreno fertile per il trattamento della plastica»

Le due associazioni si schierano contro la proposta di ampliare di 100mila metri quadrati l’azienda Forplast a Castellarquato. Lunedì 27 il Consiglio comunale decide

Le associazioni Legambiente ed Italia Nostra chiedono al Consiglio comunale di Castellarquato un “no” senza se e senza ma alla richiesta di “parere vincolante” all’ampliamento industriale di 100.000 metri quadrati presentata da Forplast. Il futuro di Castell'Arquato non è diventare un polo industriale di trattamento di rifiuti plastici. Le preoccupazioni che avevamo espresso in agosto come Legambiente ed Italia Nostra circa le voci che circolavano in merito alla possibile realizzazione a Castellarquato di un enorme impianto di stoccaggio, trattamento, lavorazione e riciclo di rifiuti plastici provenienti da ogni parte d'Italia erano reali. Non solo ci sono stati diversi contatti ed incontri tra la ditta Forplast, i loro soci di capitale e l'Amministrazione, fatto in se legittimo, per realizzare questo enorme impianto, ma da un accesso agli atti effettuato presso il Comune, abbiamo ricevuto copia della comunicazione che in data 9 agosto la ditta Forplast ha inviato al Comune, nella quale richiede al Consiglio Comunale di esprimere "parere preliminare vincolante" ad un ampliamento industriale proprio in località Fornace Verani di 100mila metri di cui 60mila di area coperta e 40mila in aree adibite a piazzale"».

«A seguito di questa lettera, senza però che ad oggi sia stato depositato al Suap alcun progetto a nostra conoscenza, lunedì 27 settembre è stato convocato un Consiglio Comunale che ha posto all'ordine del giorno la richiesta di parere preliminare di Forplast relativa a tale possibile ampliamento industriale. Al di là dell'assoluta contrarietà ad una ipotesi di ampliamento di questa portata ai Doppi di Castell'Arquato - dicono i presidenti delle due associazioni - su terreno agricolo ed in area assolutamente non idonea ad ospitare impianti di questo genere, vogliamo sottolineare due aspetti che di questa vicenda che riteniamo meritino chiarimenti da parte dell’Amministrazione. Da una parte il fatto che una azienda possa richiede ad un intero Consiglio comunale di esprimere un "parere preliminare vincolante" su una richiesta di ampliamento di cui nulla si sa, non essendo stato depositato alcun progetto. Su quali basi quindi un Consiglio dovrebbe esprimersi? ma soprattutto ci chiediamo in base a quale normativa un Consiglio comunale possa ritenere ammissibile una tale richiesta senza che ci sia alcun atto formale depositato e conseguente progetto. Un conto è la libera ed opportuna, a nostro parere, discussione politica in consiglio comunale, con espressione anche di un parere, sempre di tipo politico, sulla opportunità o meno di un insediamento industriale in area agricola che potrebbe seriamente ipotecare per il futuro l'intero sviluppo economico del Comune, altro è invece dare spazio ad una richiesta di parere preventivo vincolante senza avere alcun progetto o istruttoria depositata al SUAP. Va da se quindi che una richiesta di questo genere vada rigettata in toto sia da un punto di vista formale, sia per le ripercussioni e conseguenze economico\ambientali che un eventuale progetto di ampliamento di questo genere potrebbe avere su tutto il comune e sul futuro sviluppo del territorio, già fortemente provato dalla presenza di un cementificio a Vernasca e dal passaggio di centinaia di camion giornalieri sulle strade del Comune».

«Ribadiamo la nostra totale contrarietà a collocare un impianto di trattamento rifiuti plastici di queste dimensioni, più grande ad esempio dello stabilimento di Vanessa a Lugagnano (70mila mq) o di Conserve Italia a Lusurasco, in un'area di grande valenza agricola e paesaggistica come quella di Fornace, distruggendo 100.000 metri quadrati di terreno fertilissimo e dedicato alla coltivazioni di produzioni agricole locali ed a chilometro zero, vicina al torrente Arda. Uno stabilimento di questo genere va posizionato in aree industriali dismesse di cui tra l'altro la nostra provincia è piena

Ribadiamo anche che il suolo agricolo, il territorio e le sue caratteristiche non hanno prezzo ne possono essere barattati con oneri di urbanizzazione o con promesse di eventuali opere di compensazione. Nessuna compensazione può ripagare la perdita di suolo, che una volta consumato, è perso per sempre. Vogliamo inoltre sottolineare che l’attività ipotizzata, il trattamento e riciclo di rifiuti plastici, in una preziosa area agricola non solo alle porte del borgo medioevale, bandiera arancione del Touring Club ed importante meta turistica, ma circondata  da coltivazioni di qualità e  vitivinicole, potrebbe portare una forte diminuzione di valore aggiunto a tutte le aziende agricole della zona, senza parlare del deprezzamento di tutte le proprietà immobiliari dei dintorni, della mancanza di allaccio all'acquedotto e fogna ed alla mancanza di strade idonee al passaggio dei tantissimi camion di rifiuti. Vogliamo quindi sperare che l'Amministrazione comunale, tutta, maggioranza e minoranza, soppesando  i rischi evidenti di ospitare sul territorio del Comune un  impianto di questo genere, se deciderà di esprimere  un parere in Consiglio circa un ampliamento, lo dia  negativo, senza se e ma, indirizzando una volta per tutte lo sviluppo del territorio di Castellarquato verso una economia sostenibile e realmente circolare, improntata sullo sviluppo  virtuoso del turismo enogastronomico, i percorsi culturali di qualità, l'agricoltura locale a chilometro zero la produzione vitivinicola e non certo la creazione di un polo industriale di trattamento e riciclo  di rifiuti di plastica in area agricola».

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