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«Noi non ce l’abbiamo fatta». Dopo 15 anni di attività la trattoria finisce in “svendita”

"L’Angiolina" di San Lorenzo di Castell’Arquato chiude i battenti. «Il Coronavirus ci ha dato una scossa drammatica»

«Una scossa drammatica, noi non ce l’abbiamo fatta». Poche parole per far comprendere qual è stato l’impatto dell’emergenza Coronavirus sulla propria vita e sul proprio lavoro, quello che negli ultimi quindici anni ha impegnato ogni giorno Silvia ed Enrica Ficarelli, la prima titolare e la seconda braccio destro della Trattoria L’Angiolina di San Lorenzo di Castell’Arquato.

Una tipica trattoria piacentina con 50 posti a sedere, intitolata dalle due sorelle di Fiorenzuola d’Arda a nonna Angiolina - «donna deliziosa e grande cuoca» - e avviata nel gennaio del 2006 nella stessa sede dove sorgeva la storica trattoria della piccola frazione. L’Angiolina lo scorso novembre ha chiuso definitivamente i battenti e ora si trova «in svendita», come precisa Enrica, sottolineando l’abisso di valore di mercato scavato nel corso dell’ultimo anno dall’incertezza generata dalla pandemia. Uno scenario completamente diverso rispetto a quello di soli dodici mesi fa, che non aveva mai fatto i conti con difficoltà insormontabili o momenti di stop. «In questi anni abbiamo sempre lavorato» racconta Enrica. «Di qui passavano i turisti, dai lombardi che nel fine settimana frequentavano la Val d’Arda agli stranieri di passaggio o ai proprietari di seconde case della zona». Poi c’era la clientela del posto e dei dintorni, quella affezionata, che alla notizia della chiusura ha riposto con messaggi di affetto e solidarietà. «Una grande gratificazione morale» racconta Enrica, ma la decisione era ormai presa «perché andare avanti non è più conveniente e neppure logico».

Il danno economico subito nel corso del primo lockdown aveva già fatto avanzare l’ipotesi di cedere l’attività. «La lista delle spese accumulate era tale che avevamo paura di rimetterci in moto, poi ci siamo fatte coraggio e ad agosto l’Angiolina è ripartita ottenendo un ottimo riscontro. Sembrava di essere tornati alla normalità, ma con l’arrivo dell’autunno la situazione è nuovamente cambiata e a novembre abbiamo chiuso». Oltre alla difficoltà comune di poter programmare il lavoro, ogni realtà fa i conti con la propria situazione specifica. «Siamo in una piccola frazione, l’asporto per noi non era una opzione percorribile e il menù fisso del pranzo non è sufficiente a garantire la sopravvivenza di un ristorante, per i quali eventi e festività sono un “ossigeno” fondamentale».

Dallo Stato sono arrivati la cassa integrazione per il dipendente della trattoria e anche i ristori: «Siamo grate di averli ricevuti, ma purtroppo non sono una stampella in grado di reggerci. Si sono accumulati troppi mesi di “passivo” e noi abbiamo superato i 60 anni, non è pensabile di poter rimediare in tempi brevi e il timore è quello di intaccare sempre di più anche i risparmi». Un finale a cui attribuisce un unico responsabile, il Covid-19. «La nostra famiglia, come tante altre purtroppo, è stata colpita drammaticamente dal virus. Ci auguriamo solo che il vaccino risolva presto la situazione». Enrica ha un passato da professoressa e poi da titolare di un negozio di abbigliamento, sempre a fianco della sorella Silvia e - nonostante tutto - «la voglia di fare c’è ancora», fondamentale nell’attesa di scoprire se può esserci una nuova strada da percorre.

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