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Cronaca

«La situazione era compromessa: ho dato l'ordine di arretrare per salvare i carabinieri»

Scontri al corteo antifascista del 10 febbraio. E' iniziato il 24 luglio il processo nei confronti del modenese Lorenzo Canti e del torinese Giorgio Battagliola accusati del pestaggio del brigadiere capo dell'Arma, Luca Belvedere. In aula ascoltate le testimonianze di poliziotti e carabinieri

Il corteo doveva terminare in piazza Sant'Antonino: così era stato deciso dalla questura. Invece i manifestanti quel pomeriggio hanno sfondato il cordone di dieci carabinieri del V Battaglione Bologna e negli scontri è rimasto ferito gravemente il brigadiere capo Luca Belvedere. Volevano raggiungere piazza Cavalli a tutti i costi. Non ci sarebbe stato il tempo materiale di riposizionare il cellulare, il mezzo dell'Arma, per impedire che i partecipanti potessero radunarsi all'inizio di via Sant'Antonino dove hanno poi avanzato la richiesta, già più volte espressa, di raggiungere il cuore della città. Con o senza il permesso il gruppo di testa avrebbe tentato di passare. E' iniziato il 24 luglio davanti al collegio presieduto dal giudice Gianandrea Bussi (a latere Laura Pietrasanta e Ivan Borasi) e al pm Emilio Pisante il processo nei confronti del modenese Lorenzo Canti e del torinese Giorgio Battagliola accusati del pestaggio del militare e di aver preso parte in maniera rilevante al corte antifascista del 10 febbraio scorso. Canti era presente con il suo avvocato Sabrina Prosperi, mentre Giorgio Battagliola era assente: in aula il suo legale Claudio Novaro. Il terzo imputato, l'egiziano del Si Cobas, aveva scelto il rito abbreviato ed era stato condannato a 4 anni e otto mesi. 

Corteo anti-Casapound, scontri in centro ©Emanuela Gatti/ilPiacenzaIn aula ha parlato il primo dirigente della polizia Maurizio Mobilio, a capo della Pasi (Polizia amministrativa e sociale e dell'immigrazione) di Piacenza. Quel giorno suo il compito di dirigere il servizio di ordine pubblico e di gestire, con la collaborazione dei colleghi, uomini e mezzi: «Avevamo chiesto più personale al ministero dell'Interno (il doppio, ndr) ma ce ne hanno mandati ottanta, per un totale di circa cento operatori tra Arma e polizia di Stato. Una forza congrua di una certa importanza», ha detto. «Già dalla partenza in stazione - ha dichiarato -, nonostante il percorso fosse ben chiaro a noi e ai manifestanti, alcune decine di loro invece di dirigersi verso via La Primogenita, si sono schierati verso viale Sant'Ambrogio che preventivamente era stata sbarrata con trenta uomini. L'intenzione (si vociferava che i manifestanti avrebbero voluto raggiungere la nuova sede di Casa Pound in via X Giugno e inaugurata pochi giorni prima ndr) era quella di non rispettare il tragitto concordato ma dopo una mediazione anche con Carlo Pallavicini, il corteo è iniziato in maniera abbastanza tranquilla nonostante l'astio verso i giornalisti. Erano presenti circa 450-500 persone». «Avevamo capito - ha proseguito - che le intenzioni non erano del tutto pacifiche: circa sessanta persone, il gruppo di testa, erano completamente o parzialmente travisate in volto con sciarpe, cappelli o cappucci. Ad un certo punto dello Stradone Farnese chi era davanti ha deviato percorrendo via Landi di corsa. Lì i primi scontri con le squadre del Reparto Mobile. Comunicavamo via radio: chi era più vicino, come da protocollo, ha intercettato  e fronteggiato i partecipanti, io sono arrivato qualche minuto dopo».  Dopo gli scontri il serpentone si è ricompattato fino ad arrivare in piazza Sant'Antonino. Lì doveva terminare.

Corteo contro Casa Pound: gli scontri ©Gatti-Bonetti/IlPiacenzaGli ingressi erano sbarrati con uomini e mezzi, così come l'imbocco di via Sant'Antonino dove erano stati schierati dieci carabinieri del Battaglione Bologna (una squadra con relativo mezzo). Il cellulare è stato poi fatto spostare per permettere il passaggio di alcuni bus e auto, ma non ci sarebbe stato il tempo materiale per riposizionarlo. La tensione saliva, i manifestanti volevano raggiungere piazza Cavalli, probabilmente con o senza il permesso. «Dopo un'attenta valutazione - in aula ha così riferito il dirigente della Digos Stefano Vernelli - abbiamo deciso di farli passare: i banchetti di Forza Nuova e Fratelli d'Italia erano stati fatti togliere con il loro consenso e quando stavo per comunicarlo, il gruppo di testa aveva sfondato». Volavano pietre, bottiglie e fumogeni. «Quando la situzione era ormai compromessa ho dato l'ordine di arretrare, non di scappare - ha proseguito Mobilio -, l'incolumità dei carabinieri, a quel punto e come da protocollo, era la priorità e ho chiesto che i rinforzi posizionati in largo Battisti arrivassero dove il corteo era venuto in contatto con i militari. Se il mezzo fosse stato rimesso al suo posto, ossia all'imbocco della via, i carabinieri avrebbero avuto più forza di contenimento». Lì, in quel frangente, il brigadiere capo dei carabinieri Luca Belvedere sarebbe stato fatto cadere, colpito più volte con lo scudo in dotazione, preso a calci e colpito con un'asta, negli scontri sono rimasti feriti altri militari. Dopo gli scontri il corteo si è ricompattato in piazza Cavalli. Ancora una volta avrebbero voluto raggiungere la stazione (o forse Casa Pound) passando per via Cavour ma non è stato loro concesso. In aula sono stati ascoltati anche gli ispettori della polizia di Stato Fausto Gaudenzi, Daniele Bortone, Luciano Giannatiempo e il dirigente della Digos, Stefano Vernelli. Per i carabinieri ha invece parlato il luogotenente Roberto Penge, comandante del Nucleo Informativo di Piacenza. Giannatiempo (a capo di una squadra del reparto mobile) ha ricordato di aver fronteggiato i manifestanti in via Landi: «Uno di questi ha cercato di trascinarmi verso di loro afferrando il mio sfollagente, e sono stato anche colpito da un calcio. Ho riconosciuto nel Canti l'autore del gesto».

Corteo contro Casa Pound: gli scontri ©Gatti-Bonetti/IlPiacenza

Corteo anti-Casapound, scontri in centro ©Emanuela Gatti/ilPiacenza

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