L’Ibis Sacro sulle sponde del Po

Un grande volatile, con un insolito e ricurvo lungo becco di color nero, venerato in Egitto come la divinità del dio Thot. E se nelle terre egiziane del fiume Nilo ormai è purtroppo quasi estinto, l’Ibis Sacro ormai è diffuso in centinaia di esemplari lungo tutta l’asta del Grande Fiume.

Anche l’alveo piacentino ne è ricco: decine di Ibis Sacro popolano le golene e le sponde del Po, destando soprattutto una divertita curiosità in chi ha la fortuna di vederlo da vicino. Quel lungo becco nero ne fa quasi una rappresentazione “plastica” di una famosa maschera veneziana. A differenza degli altri volatili, l’Ibis “sopporta” la vicinanza umana, infatti lo si può avvicinare fino a circa 20 metri dopo di che si alza in volo.

L’Ibis Sacro si nutre di larve paludose, crostacei, uova di uccelli e fin anche di piccoli roditori, coleotteri, lumache e rane. Purtroppo per svariati motivi l’Ibis Sacro è stato inserito, con un decreto legislativo, in un elenco come “specie invasiva e aliena del fiume Po”.

L’area più colpita rimane quella del Delta del Po, dove questo uccello di palude trova un ambiente a lui più consono. Nel tratto di Po Piacentino l’Ibis rimane un volatile di grande dimensioni diffuso al pari di garzette, aironi bianchi e cinerini, anatre ed altri uccelli di fiume.

Percorrendo il tratto di fiume che va da foce Trebbia e risalendo a monte fino a foce Lambro e foce Tidone, si “incappa” con facilità in numerose colonie, che si spostano lungo la riva di un Po in sofferenza, in certi punti ridotto veramente in una grande e vasta palude ricoperta da un importante strato di alghe acquatiche ricche dei più svariati insetti.

Desta comunque simpatia questo grande uccello bianco e nero, quasi solenne quando è alto nei cieli in volo, e dall’Egitto l’Ibis Sacro, un tempo venerato dai Faraoni, oggi lo possiamo ammirare lungo le immense golene piacentine. Tutto sommato non è poco, l’Ibis ha dato la solennità del Nilo al nostro Po.

Umberto Battini