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La conferenza

«La relazionalità umana come disponibilità al rispetto verso qualsiasi nostro "simile"»

Il resoconto della conferenza tenuta per conto della Società "Dante Alighieri" nella sede della "Famiglia Piasinteina" dalla scrittrice piacentina Anna Fermi

«Non è facile rendere la concretezza del concetto di relazionalità "umana". Si potrebbe pensare d’istinto alla solidarietà, cosa utile e lodevole, quale aiuto a bisognosi; o a rapporti sociali, cosa giusta, spesso necessaria per svariati motivi, non ultimi quelli di lavoro. Ma la relazionalità nel senso "umano" ha un altro significato: è la disponibilità al rispetto e alla consapevolezza di essere sempre dinanzi ad un nostro "simile", degno di pari rispetto e considerazione. A tale affermazione si potrebbe facilmente obiettare che ciascuno di noi è "sempre" pronto a tale condotta. L’istinto direbbe così. Ma la realtà non pare confermarlo. Vi è una coscienza "naturale", che ci indica quanto la relazionalità dell’uno verso l’altro sia il mezzo attraverso cui ognuno realizza la "propria" umanità. Si comprenderà se stesso, solo con il porsi "in relazione" agli altri, costruendo la propria singolarità ed identità personale, nel rispetto altrui e nel riconoscimento di una dignità umana che appartiene a tutti indistintamente. A ciò si giunge solo prendendo atto che la strada giusta è quella dell’ "Amore", intenso il termine nel senso più elevato, proprio perché noi, volenti o nolenti, siamo espressione sublime di amore.

L’argomento non certo semplice nel suo contenuto è stato oggetto di una approfondita conferenza tenuta, per conto della Società "Dante Alighieri", presso la sede della "Famiglia Piasinteina", dalla scrittrice Anna Fermi (piacentina, ma di esperienza romana ultratrentennale), direttrice e docente dell’ "Accademia per operatori di pace" (sede a Roma, Milano e Verona), autrice di vari libri in materia cognitivo-spirituale, oltre che conduttrice relatrice di una serie di programmi televisivi sulle reti Mediaset di Italia 1 e di Rete 4, molto seguiti.

"Un cammino esistenziale: significato ed importanza della umana relazionalità", questo il tema non certo facile affrontato dalla relatrice. Invero, la relazionalità "umana" (un "quid in più" rispetto alla relazione sociale) costruisce i significati sociali, culturali, politici (inteso il termine in senso lato, e non di politica spicciola) da "condividere", ed orienta al meglio le azioni sociali. Essa in sostanza è quel "quid" che si lega anche alle esperienze vissute, alla storia comune quotidiana, alle nostre stesse emozioni, e al sentirci accolti, ascoltati, rispettati nella nostra unicità e nel nostro "essere quel che siamo": la nostra stessa psiche è molto dipendente dai rapporti con cui "viviamo gli altri", insomma dai modi con cui la nostra anima "vede" gli altri. Sia chiaro: agire secondo questa direttrice di pensiero non è semplice, anzi è "scomodo", essendo ciascuno di noi, di fatto, portatore di un proprio egoismo, di un proprio individualismo, oltretutto purtroppo accentuatosi negli ultimi decenni, e dopo la stessa pandemia sofferta, peraltro contraddicendo se stessi dopo un’intensa esteriorità (dettata da paura) di ...belle intenzioni, frasi e canti da balconi e finestre con concetti di ... fratellanza e di esser diventati ... migliori! Purtoppo, "passato il Santo, finita la ... festa"! Come mai? proprio perché la relazionalità umana è dettata dal "cuore", nel senso dell’aver sempre presente la necessità esistenziale del rispetto verso il proprio simile, anche quando ciò talora o usualmente non ci si senta indotti. Siamo in un tempo (forse lo è stato sempre, ma ciò non giustifica) in cui ci si sintonizza esasperatamente sul proprio "io", magari ci si perde in ossessive tristezze sul passato e su affetti perduti (giustissimo, ma non da auto-schiavizzarsi: renderebbe ignavi), o sul futuro, cosa giusta, purché non si perda di vista quel che più conta, cioè il presente perché è proprio "nel presente" l’opera per un futuro migliore. E dunque, a ben riflettere, a tutto ciò si giunge proprio attraverso l’amore interiore. Senza dubbio amore vuol dire anche dolore, sofferenze, giacché entrambi sono segmenti del cuore. E oltretutto non sentire il Cuore, è (anche se non si tenda a pensarlo) la maggior sofferenza. L’animo si sgomenta. Ma il cuore ci dice di andare "oltre". Un grande letterato diceva che "un giorno trascorso senza aver donato o ricevuto un sorriso, è un giorno perso". Ecco: è tutta qui l’ "essenza" della relazionalità "umana". Non è l’ "avere", a generare relazionalità umana e amore; è l’ "essere", a guidare la nostra vita, e nel contempo, l’amore: se abbandoniamo tali concetti interiori, finiamo noi stessi con l’autoabbandonarci. La relazionalità "umana" è l’esperienza per insegnarci amore. E nel contempo anche insegnarci a riconoscere e ad accettare una propria fragilità e una propria imperfezione. E, di fatto, a guarire se dovessimo esserne schiavi.

Una conferenza "difficile", ma che ha lasciato un segno di riflessione interiore nell’ascoltarla, offerta con semplicità di linguaggio e con ampia competenza da Anna Fermi, relatrice che, proprio anche attraverso personali vicende di vita non sempre liete, e di disillusioni, ha saputo trasformare ogni dolore in sensibile valorizzazione della relazionalità sul piano umano, a costruzione di autenticità di affermazione della bellezza del donare amore quale vera realizzazione della propria individualità, senza perderla, ma irrobustendola con la sensibilità costante verso chiunque altro, indipendentemente da ruoli e professionalità».

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