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la segnalazione / Borgotrebbia

«Maccheroni contati e vietato fare il bis: ecco come funziona ora la mensa scolastica»

La lettera della mamma di un’alunna della primaria di Borgotrebbia: «Un risparmio che serve a colmare i mancati incassi per le rette a discapito di chi le paga?»

«Primo giorno di scuola con mensa. Vado a prendere mia figlia che frequenta la terza elementare, la quale esce dicendomi: "Mamma dammi qualcosa da mangiare perché ho una fame della miseria”. Scherzosamente le chiedo se non le hanno dato il pasto e lei risponde che il cibo era poco e non ha potuto fare il bis». Tema la mensa della primaria cittadina di Borgotrebbia, a scrivere alla nostra redazione la mamma di un’alunna della scuola che segnala «la novità dell'anno scolastico appena iniziato, ove risulta che il comune di Piacenza abbia razionalizzato al massimo il quantitativo di cibo da fornire agli alunni attraverso la ditta esterna incaricata a prepararlo».

Una situazione su cui s’interroga la cittadina, rispetto al peso esercitato dagli insoluti di rette non pagate al Comune di Piacenza per il servizio, «un risparmio che serve a colmare i mancati incassi a discapito di chi le paga?». Soprattutto se la soluzione individuata, si chiede, possa essere «ridurre al massimo le spese ad una categoria di soggetti che dovrebbe mangiare quanto ha necessità in base ad una serie di fattori che ovviamente il nutrizionista non è in grado di conoscere su ogni singolo bambino».

«Perché esiste un nutrizionista che predispone la "dieta" (e ad oggi il termine non fu mai così corretto) -prosegue - sulla quale basare la preparazione dei cibi, a cui non è interessato il fatto che il 70% del polpettone di legumi non venisse mangiato e pertanto gettato nell'immondizia, nonostante fosse a conoscenza del problema. Ad ogni buon conto ben venga il nutrizionista, ma è evidente che ogni singolo bambino (che non ha particolari problemi di allergie/intolleranze) ha esigenze nutrizionali diverse. E un bambino o una bambina non in sovrappeso o non sottopeso possono avere necessità di assimilare un quantitativo diverso da quello previsto dalle linee guida istituzionali. Ma oggi quel problema non si pone più perché i maccheroni sono contati. E chi gestisce la distribuzione dei pasti all'interno delle scuole chiede di sollevare la questione, perché il deperimento fortuito di parte di quanto consegnato dalla ditta potrebbe comportare la non sufficienza del cibo a disposizione dei bambini».

«Oramai siamo al paradosso – continua la lettera - e visto che non interessa a nessuno se viene gettata la quasi totalità di una tipologia di cibo che un bambino non mangerà mai (il famigerato polpettone di legumi), evidentemente il risparmio serve a colmare i mancati incassi per le rette. Ciò ovviamente a discapito esclusivamente di chi le rette le paga, le ha sempre pagate e si troverà i figli ad uscire con la fame da scuola. Si consideri anche che non è possibile dare al proprio figlio una merenda per integrare, perché questo non è ammesso dalle regole sul consumo del cibo nel plesso scolastico. Si arriva infine all'inverosimile; quando un bambino accede alla scuola e, per qualunque motivo, sia costretto ad allontanarsi inaspettatamente, regola vuole che in quel caso la tariffa per il pasto non goduto debba essere corrisposta. Quindi evidentemente c'è da sperare (ovviamente una provocazione per chi non l'avesse capito) che durante l'orario di lezione a tanti fanciulli venga il raffreddore in modo da ridistribuire il cibo inaspettatamente in eccesso agli altri. Con un ovviamente ingiusta conseguenza: far pagare la tariffa (sempre che non faccia parte di coloro che non pagano) a chi non può usufruire del servizio».

Una forma di assistenzialismo conclude, «aggravata dal fatto però che in questo caso si toglie cibo a dei bambini. Ma una soluzione c'è e penso che anche chi ha sempre rispettato le regole potrebbe pensarci seriamente: adeguarsi al meccanismo perverso e non pagare più la mensa. Sperando molto più banalmente che questa situazione non prosegua nel tempo. E pensare – conclude - che fino a pochissimi anni fa esistevano le cuoche all'interno delle scuole che facevano da mangiare il necessario in base al numero di bambini presenti».

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