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La pittura (e le cose) come memoria: «Apparentemente immutabile, sempre viva»

Casolari, paesaggi, lavagne, ritratti a olio: in mostra alla Galleria Volumnia oltre un centinaio di opere dell’ultimo decennio dell’artista piacentino Alfredo Casali: sabato 23 dicembre la presentazione del catalogo

«La pittura è un po' come una sorta di registrazione che rimane; apparentemente è immutabile e uguale, ma guardandola ci si accorge di trovare sempre nuove cose. È qualcosa che vive». Quella di Alfredo Casali, artista piacentino classe ‘55, muove da - e attraverso - le cose: tracce di natura morta, tavoli, volti, lavagne, profili di alberi, casolari. Cose proprie - viste, vissute, abitate - elette ad archetipi da interrogare con la costanza e gli strumenti del pittore, ricomposti nelle “stanze” tematiche ideate per dare ordine e lettura alla produzione dell’ultimo decennio.

Sono oltre un centinaio le opere di Casali, la quasi totalità olio su tela, esposte alla galleria Volumnia di Piacenza fino al prossimo 17 febbraio nella personale “La memoria delle cose”. Sabato 23 dicembre alle ore 17, con un appuntamento aperto al pubblico, è in programma la presentazione del catalogo realizzato in occasione della mostra (testi di Leonardo Bragalini, Massimo Ferrari, Chiara Gatti, Ivo Iori, Daniele Novara, Claudia Tinazzi).

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Curatela e allestimento sono dell’architetto Massimo Ferrari, che alla progettazione dei “contenitori” dei dipinti - e agli stessi ispirati nelle forme - ha lavorato con Claudia Tinazzi, Annalucia D’Erchia e Pedro Escoriza Torralbo (Politecnico di Milano).

Attorno, le mura e i volumi cinquecenteschi dell’ex chiesa di Sant’Agostino: «Un modo di rompere lo spazio in maniera intelligente – commenta l’artista - dando così anche una autonomia alla lettura dei quadri, che altrimenti sarebbero “schiacciati” dall’architettura». Un’intimità e un raccoglimento ricercati nell’esposizione delle opere, che si offrono al processo della memoria: «Una sedimentazione di immagini, di situazioni, di particolari: è una dimensione».

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Moti perpetui, che impongono a un soggetto di ripresentarsi ciclicamente negli anni, con caratteri più o meno figurativi, sottrazioni più o meno marcate, nuovi titoli, altri grigi – sempre dominanti. Tra le fonti artistiche i primi nomi sono quelli di Giorgio Morandi e Alberto Giacometti, «ma resto anche affascinato da un graffito incontrato per strada o dall’ex voto di un anonimo. O dalla visione di una cascina abbandonata, dove in passato c’è stata gente, vita, storia».

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La mostra – le più recenti a precederla al MAN_Museo d’arte di Nuoro e al Magazzino del Sale di Cervia – è anche opportunità per fare il punto sulla propria vicenda artistica, per «ricostruirla in concreto, recuperare dei “vuoti”, a volte anche con una certa sorpresa» osserva l’autore.

Pittura ieri e pittura ora, ai ritmi istantanei della fruizione digitale: «Oggi come oggi - prosegue - c'è una profusione di immagini e a una velocità tale che non ti permette neanche di ragionarci, di vederle, di “entrarci”. Nel giro di pochissimo tempo c’è stata un’accelerazione incredibile che ha portato ad etichettare come arte situazioni apparentemente molto al di là del confine. I linguaggi oggi possono essere tutti validi a attuali, compresa la pittura. Io negli anni Ottanta sono passato anche attraverso la poesia visiva e concettuale, ma poi ritorno alla pittura che per me è il linguaggio più congeniale, quello che mi realizza meglio. Ti porta a essere un po' più isolato nello studio, diventa un’azione molto introspettiva».

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Fino a che punto può ancora incidere e comunicare? «Questo non lo so e non è neppure un problema; è più un discorso che faccio con me stesso. Con questo non voglio dire che del pubblico non m’interessa, però è anche vero che, ultimamente, noto una difficoltà da parte delle persone a fermarsi un attimo, anche soltanto per predisporsi a vedere. E questo è un grosso limite. Passano alla velocità della luce, hanno perso il significato dei tempi di acquisizione di certe cose, anche delle immagini.

La pittura fissa in un altro modo le cose? «La pittura, se non altro, è un po' come una sorta di registrazione che rimane, apparentemente immutabile e uguale, ma quando guardo i miei quadri o quelli di altri, mi accorgo di trovare sempre delle cose nuove. È sempre qualcosa che vive».


 

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