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L'omaggio

«Omaggiamo i Caduti e riflettiamo sulla disumanità della guerra»

Al Cimitero urbano la commemorazione dei Caduti per la Patria. Il discorso del sindaco Tarasconi

Nella mattinata di giovedì 2 novembre, nel Famedio del Cimitero urbano, si è svolta la cerimonia di commemorazione dei Caduti per la Patria, organizzata dall’Amministrazione comunale d’intesa con Prefettura e Comando militare. Alla funzione religiosa officiata dal cappellano militare, monsignor Pietro Campominosi, è seguito l'intervento istituzionale del sindaco Katia Tarasconi e la deposizione delle corone d'alloro.

COMMEMORAZIONE CADUTI PER LA PATRIA, IL DISCORSO DEL SINDACO TARASCONI

“Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo”. Non possono che tornare alla mente i versi di Salvatore Quasimodo, monito in poesia alla ferocia di cui il mondo è capace, mentre ci ritroviamo come ogni anno per rendere il tributo della nostra comunità ai Caduti per la Patria. Perché nel giorno dedicato al ricordo di chi ha sacrificato la vita nel nome di ideali più grandi del proprio destino individuale, in questo due novembre in cui rivolgiamo un pensiero riconoscente e profondamente sentito a chi ha lottato per consegnare un futuro migliore – e di pace – alle generazioni a venire, intorno a noi infuria e divampa l'orrore della guerra.

Ne avvertiamo l'ombra mentre posiamo lo sguardo sulle lapidi che onorano la memoria di soldati e partigiani, dei giovani costretti a imbracciare un fucile per la prima volta sul fronte austriaco, per sempre simbolo di quei 5 milioni di italiani che tra il 1915 e il 1918 vennero inviati in trincea: più di un milione i feriti, 620 mila coloro che non avrebbero più fatto rientro a casa, altrettanti i prigionieri e i dispersi. E' anche nei loro confronti, per ognuno di quei nomi incisi nel marmo, che sentiamo più che mai la responsabilità di difendere e riaffermare l'urgenza del dialogo tra i popoli, il rispetto dei diritti umani, la libertà e la democrazia come principi universali di civiltà.

La Patria, cui oggi si lega la ricorrenza che celebriamo, non è un lembo di terra o un'estensione di confini. E' un valore che ci portiamo dentro, è il bisogno di cui scriveva Cesare Pavese: “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. La Patria può custodire le nostre radici o – come avrebbe dovuto essere per gli oltre 28 mila migranti che dal 2014 ad oggi hanno trovato la morte nelle acque del Mediterraneo, cercando di raggiungere l'Europa per costruire il proprio domani – rappresentare una meta, un obiettivo. Un sogno.

Con questa consapevolezza, mentre riflettiamo sul significato del 2 novembre rendendo omaggio alla memoria di tutti i Caduti, la disumanità della guerra e delle sue brutali ripercussioni sul cammino delle persone brucia come una ferita che non si rimargina, dalla quale l'attualità con cui ci confrontiamo non ci consente di distogliere l'attenzione. Non c'è tregua, in questo dolore, solo la luce di una speranza che anche da Piacenza può accendersi e illuminare il percorso. Non permettiamo che si spenga: per le vittime di tutti i conflitti, per chi ha combattuto credendo nel domani, per chi – con coraggio e generosità estrema – ha speso i propri anni più belli servendo la sua Patria e ciò che in essa vedeva di prezioso, importante, eterno. Come il ricordo che non si affievolisce, nel quale oggi ci riconosciamo e ci sentiamo uniti.

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