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«Con la terza dose si ripristina l'immunizzazione della prima: infezione da Covid ridotta al 95%»

Il punto sui vaccini Pfizer e Moderna autorizzati per la terza dose: «Differenti nella quantità di somministrazione ma la loro efficacia è sovrapponibile». Ricoverati nei reparti alta intensità: «Nove su dieci non sono vaccinati». Utilizzo di anticorpi monoclonali: «A Piacenza effetto positivo su 50 pazienti trattati»

«Con solo due dosi l’efficacia del vaccino è diminuita nel tempo e la protezione tende a calare dopo i sei mesi. Dopo la terza dose vi è quasi la totalità di probabilità di togliere di mezzo l’infezione grave, l’intubazione, la morte, così come avveniva con le prime due. Si riesce a prevenire l’infezione in nove casi su dieci (95%) e la possibile nuova infezione è attenuata e consente agli organismi deboli di avere più probabilità di sopravvivenza. La terza dose ripristina lo stesso grado di protezione ed efficacia dei primi mesi dopo la prima somministrazione». Così occorre «accelerare con la somministrazione della terza dose perché nel tempo cala l’immunizzazione dall’infezione da Coronavirus» ma «in tanti hanno manifestato dubbi relativi alla tipologia di vaccino utilizzato» che, secondo le indicazioni ministeriali può essere solo quello di Pfizer o di Moderna.

Le risposte alle perplessità dei piacentini le hanno fornite il dottor Mauro Codeluppi del reparto Malattie infettive e la dottoressa Anna Maria Andena, direttore del dipartimento Cure primarie, nel corso di una conferenza stampa convocata da Ausl per fare chiarezza sulle due tipologie di vaccino, Pfizer e Modera, autorizzate dall’Aifa per la somministrazione della terza dose. La campagna, entrata nel vivo da alcune settimane, al 26 novembre a Piacenza fa registrare 19mila persone vaccinate con il terzo richiamo e 27mila prenotate.

I due medici hanno fornito anche altri numeri: «Ci sono 46 persone ricoverate nell’ospedale di Piacenza con vari gradi di infezione al Covid-19. Di questi una dozzina si trova nel reparto di Malattie infettive del dottor Codeluppi, cinque in Terapia intensiva respiratoria e tre in rianimazione. Nei reparti ad alta intensità nove su dieci non sono vaccinati, non per controindicazioni ma per scelta o perché provenienti da Stati esteri. In altri reparti ci sono anche persone vaccinate che hanno ricevuto l’ultima dose almeno sette o otto mesi prima, ma la maggior parte sono persone con più di 90 anni e con patologie pregresse che comunque hanno resistito all’infezione grazie alla vaccinazione».

«Pfizer e Moderna differenti nella quantità della dose ma la loro efficacia è sovrapponibile»

Nei centri vaccinali della provincia di Piacenza si sta vaccinando con Spikevax della casa farmaceutica Moderna. «Pfizer ha diminuito le forniture e le dosi vengono riservate alla fascia di età 5-11 anni, la cui somministrazione è stata autorizzata nelle scorse ore dall’agenzia europea per i medicinali (Ema). «Sia Pfizer che Moderna condividono le stesse tecnologie di sviluppo e sono equivalenti e indipendentemente dal vaccino ricevuto per le prime due dosi è indifferente quello somministrato per consolidare la risposta immunitaria – è stato spiegato -. Ci sono sostenitori di Pfizer e sostenitori di Moderna ma nessun supporto clinico e nessuno studio dice che uno dei due sia meglio dell’altro». Andena ha preso sé stessa come esempio: «Ho ricevuto Pfizer per le prime due dosi e per la terza, decidendo di affidarmi ai dati della letteratura, mi sono sottoposta senza timori alla somministrazione che era prevista del vaccino Moderna». Dunque «i vaccini sono equiparabili come efficacia e sono sovrapponibili – ha aggiunto Codeluppi -, anche se rispetto a Pfizer la dose di Moderna è dimezzata in quanto in questo è maggiore la concentrazione di m-Rna, ovvero le molecole di acido ribonucleico messaggero che bloccano le proteine Spike che permettono l’accesso dei virus nelle cellule, infettando le persone». Nonostante la diversità tra i due farmaci che sta sostanzialmente nella quantità della dose è stato sottolineato che «la potenza immunitaria è sovrapponibile: la risposta immunitaria è totalmente efficace sia per Pfizer che Moderna anche se tende a decrementare nel tempo».

«No alle cure fai da te: a Piacenza effetto positivo su 50 pazienti trattati con anticorpi monoclonali ma deve essere tempestivo»

Codeluppi e Andena hanno fatto il punto anche sulle persone che tendono a ricorrere all’automedicazione in caso di infezione da Covid-19 ma «dilata il tempo di intervento e crea presupposti per la malattia grave». Il consiglio è quindi quello di «rivolgersi al medico di famiglia che avvierà l’iter di intervento tramite le squadre di assistenza domiciliare Usca, il prelievo del tampone e tutte le valutazioni necessarie per identificare se si tratta effettivamente di Coronavirus o di altre infezioni respiratorie. In tempi brevi si può arrivare a terapie efficaci ma devono essere “giocate” nella prima fase della malattia». Tra queste quella che prevede l’uso di anticorpi monoclonali «utilizzati principalmente in pazienti con più di 65 anni di età o con meno di 65 anni con patologie pregresse – ha spiegato Codeluppi -. Hanno un buon effetto anche sulle nuove varianti ma funzionano a cinque o sette giorni dalla comparsa di sintomi. A Piacenza sono state trattate una cinquantina di persone e il risultato è stato molto positivo anche su pazienti fragili, impedendo la malattia grave e la morte per due terzi dei casi».

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