A proposito di Silvia Romano
Ho aspettato qualche giorno dal giorno della sua liberazione. E mi riferisco alle immagini del suo arrivo a Ciampino, accolta festosamente dai genitori e dai parenti in genere. Inoltre dai rappresentanti delle istituzioni con l’onnipresente Conte gongolante a pontificare di come le istituzioni italiane siano presenti quando bisogna essere utili al paese. In questo caso liberare un ostaggio, dopo 18 mesi di prigionia. E per istituzioni, intendeva i servizi segreti, di cui non si sa nulla, né come operano, né esattamente chi sono e da chi effettivamente dipendono e quali mezzi utilizzano. Ovvio, viene da dire, altrimenti non sarebbero segreti. Vabbè lasciamoli stare senza perdersi in fantasiose ipotesi e limitiamoci a prendere atto quando qualcosa di utile sono in grado di compiere. Come il caso che ci riguarda. Dunque il soggetto è la liberata Silvia. La osserviamo mentre scende dall’aereo e al posto di maglietta e jeans che verosimilmente indossava, come ci ricordano le foto quando era partita dall’Italia per raggiungere il kenya, il nuovo abbigliamento di una giovane di appena 23 anni, nulla ci ricorda del suo passato. Macché maglietta e jeans. Abito lungo fino alle caviglie a tinte vivaci, avvolto da una specie di palandrana svolazzante con integrato cappuccio o velo a coprire la testa, dimostrano in lei un cambiamento radicale. Stupore. Il sorriso aperto a 36 denti, tutti bene in mostra ,svela la soddisfazione di rivedere non solo i patri lidi, ma i patri parenti. Oltre all’abito, anche le mani inducono a qualche pensiero fuori dall’abituale, con la sinistra adagiata sul ventre, mentre la destra sollevata e mossa ripetutamente a salutare la piccola folla, sta a dimostrare una evidente soddisfazione. Insomma da ogni parte felicità per il ritorno del figliol prodigo in chiave femminile. Ma, sempre a questo proposito, qualcosa non quadra alle nostre viste e per dirla tutta nelle nostre aspettative. Cosicchè dopo i rituali riti di saluto ai parenti e alle istituzioni, subentra la legge per interrogarla, onde accertare quanto accaduto. E così emerge la novità, già anticipata dal vestire islamico, la rivelazione che non si chiama più Silvia, ma Aisha che guarda caso è stata una delle mogli e concubine di Maometto. Quella, per intenderci , la preferita dal profeta che gli venne data in sposa dopo la morte di Khedija, la prima moglie, ad una età talmente infantile che stentiamo a credere. Insomma, per farla breve, la prima conoscenza con la neo sposa, avvenne a 6-7 anni e la consumazione a 9-10. Cose queste che succedevano a quei tempi soprattutto quando si trattava di onorare chi ebbe in sogno l’arcangelo Gabriele per farsi dettare( meglio recitare) il libro sacro: il Corano, Ma non è questo il punto. Più interessante è capire come è avvenuta la conversione di fede. Indotta con la forza da parte dei carcerieri tutti integralisti islamici, facente parte di un gruppo molto vicino ad al Qaeda, oppure avvenuta in modo spontaneo, come poi dichiarato dalla stessa Aisha. La quale in aggiunta ci tiene a precisare di non essere stata trattata male, di non aver subito alcuna violenza fisica mentale o psicologica, di non essersi sposata, di non essere incinta e di essersi avvicinata alla religione islamica allorchè chiedendo un libro da leggere, le venne consegnato Il Corano. Leggendolo e conoscendo la verità superiore in esso contenuta, la conversione venne di conseguenza con la stessa convinzione di Paulo . Solo che non avvenne sulla via di Damasco, ma su quella di Mogadiscio , la capitale somala in cui venne poi rilasciata dai suoi carcerieri. Crederci, non crederci? Come si fa ad esserne certi . Ci aiuta in questo la psicologia. Entrambe infatti sono psicologicamente giustificate e non sempre è mentalmente riconoscibile una differenza fra costrizione e spontaneità. Per la prima, subentra il desiderio di soddisfare i carcerieri come unico mezzo per salvare la vita. Per la seconda, una conversione apparentemente spontanea, diventa il tentativo di capire e giustificare gli stessi carcerieri, sulla base di giustificazioni teologiche per le quali il male , come si può intendere un rapimento, in realtà non è un male. Ma secondo un procedimento eristico, già sperimentato dalla filosofia dei sofisti, trattasi in effetti di un bene, se si colgono le ragioni profonde. Quelle che giustificano ogni forma di lotta armata contro l’occidente, detta appunto jihad. Un tempo luogo di infedeli, ma ora solo di un popolo senza dio, sostituito da convinzioni relativistiche e nichilistiche. Insomma la psiche è sempre un coacervo di conoscenze difficili da valutare. Essa può adattarsi alle cose che succedono, fino ad accettare l’opposto di quanto prima ritenuto credibile. Tutto questo può capitare nella mente esacerbata. E quando l’odio, e poi ancora l’odio ripetuto ossessivamente, non riesce a trovare soluzioni, causa le eccessive tensioni cui è sottoposto l’io, ecco che subentra il suo opposto e l’odio diventa amore. Dunque di fronte al pericolo e nel caso specifico, la possibile tortura e poi la morte, tutto diventa possibile nella mente. Ma tralasciamo ora questo dato che riguarda, come detto, non solo un atto di fede, ma un procedimento psicologico che induce a dare risposta ad un evento angoscioso. Ed affrontiamo invece il dato oggettivo della liberazione. E quindi domandiamoci se la nostra Aisha ritornata alle sue latitudini, sia da considerarsi ,come alcuni sostengono, una eroina. Infatti diciotto mesi di prigionia, fra i peggiori tagliagole, non sono stati una prova di poco conto. E per quanto sia stata trattata bene, in base alle sue stesse testimonianze , nessuno crede sia stata una esperienza, la sua, facile. Tanto, è lecito pensare, che se non ci fosse stata la convinzione di resistere ai disagi, prima ancora della avvenuta conversione, gli eventi avrebbero preso una piega ben diversa. Dunque per alcuni-ripeto- trattasi di una eroina. Questo modo di valutare le cose è tipico del nostro attuale modo di fare e di essere. Un tempo gli eroi erano quelli che per eccezionali atti di coraggio diventavano gli esempi da imitare. Una condizione, la loro, talmente fuori dal comune, in cui la storia si confondeva con la leggenda e nessuno osava indagare quale delle due fosse quella più veritiera. Erano infatti degne di fede entrambe, perchè nessuno voleva sminuire un atto cui si attribuiva un valore assoluto, irraggiungibile quasi impossibile a compiersi . Questo al tempo della storia e della leggenda. Ma oggi le cose sono cambiate. E’ sufficiente dedicarsi ad un’opera di bene, che subito in questo nostro mondo pieno di indifferenza, di accidia e di scadimento dei valori, gli eroi sorgono dalle dimenticate stanze e riacquistano, usurpandole, le antiche memorie. Capita allora che gli eroi, scaduti e scadenti, vanno incontro ad un processo di moltiplicazione. Ed eroi diventano i medici e gli infermieri al tempo del covid 19, i vigili del fuoco quando spengono un incendio, le forze dell’ordine quando arrestano un pericoloso delinquente e via andare. Ritorniamo allora a Silvia Romano, pardon ad Aisha, che nel 2018 ha voluto andare in Kenya, come componente di una onlus, per dedicarsi ai bambini locali. Indigenti e bisognosi di ogni attenzione. Ebbene, azione meritoria la sua, tanto più dopo essere stata avvisata del pericolo esistente in quelle zone. In particolare a Malindi, località in cui è stata rapita. La situazione politica, si sapeva, era tutt’altro che tranquilla. Anzi a dirla tutta, molto pericolosa. Ebbene recandosi in quella zona, l’unica possibilità era quella di assumersi la responsabilità di quanto poteva accadere. Ed in effetti successe quanto era nelle più fosche previsioni, trattandosi di un paese dilaniato da lotte politiche e religiose. Il calvario per Silvia, non ancora Aisha come già detto, è stato lungo e verosimilmente molto più drammatico di quanto, lei convertita, oggi dichiara. Sta di fatto che la poverina ha mobilitato non solo l’opinione pubblica, ma l’intelligence che dopo varie operazioni segrete, ha finalmente trovato la via di uscita. Il mezzo quello che non solo oggi, ma da sempre è stato il più convincente per risolvere le controversie: il denaro. Soprattutto da parte degli integralisti islamici, che hanno estremo bisogno di soldi per muovere guerra contro gli occidentali col fine di sostituire i loro governi democratici, con un potere teocratico. Ecco allora la domanda. L’eroina, che eroina non è, cosa ha prodotto nelle nostre coscienze intorpidite, a parte l’aspetto della conversione religiosa? Questo. Un beneficio economico e di immagine ad una formazione terroristica. La conclusione allora non può essere che questa. Che tutti coloro che vogliono, per motivazioni umanitarie ,di per sè encomiabili, sfidare la sorte, devono convincersi che le possibilità sono due. O rinunciare ai loro progetti e rimanere a casa, oppure accettare il rischio di perdere perfino la vita. Salvarne una vita (vi ricordate di Aldo Moro per il quale non venne pagato alcun riscatto?) e metterne a rischio tante altre, forse e senza forse, non ne vale la pena.