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Domenica, 28 Aprile 2024
Vagabondi in Appennino

Vagabondi in Appennino

A cura di Pietro Nigelli

“NonSoloTrekking”, da Varzi a Bobbio: quinta tappa

Siamo ormai quasi al termine di questa “Avventura dietro l’Angolo”. Oggi come ultimo giorno di cammino - domani lo dedicheremo alla visita della città di Bobbio - abbiamo scelto di andare a conoscere la valle del torrente Carlone nella quale storia, leggenda, usi e costumi del passato s’intrecciano e convivono con unicità geo-morfologiche e naturalistiche.

Su questi luoghi l’Appennino Trekking sta lavorando da tre anni riprendendo quanto aveva realizzato negli anni ’80 del secolo scorso; studio del territorio, ripresa dei primevi tracciati pedestri, ricerca di testimonianze per mettere a punto i Percorsi Ecologici della Val Carlone ed offrire alle utenze escursionistiche dell’oggi una serie di itinerari semplici, interessanti, avventurosi che portino alla conoscenza dei luoghi.

Tra i diversi percorsi abbiamo scelto l’anello di bassa valle che partendo dall’agriturismo Il Carlone sale a Moglia ed alle cascate del Carlone per, successivamente, raggiungere San Cristoforo e ritornare al punto iniziale; itinerario semplice se vogliamo ma ricco di spunti molto interessanti.

Indubbiamente l’unicità più evidente sono le cascate ed in particolare quella termale dove scaturigini di acque salse attirano molti visitatori; per raggiungerle si segue la rotabile per Moglia eliminando, grazie al vecchio tracciato, il vizioso giro necessario al traffico automobilistico per guadagnar “quota”; dal borgo inizia un bellissimo tratto su mulattiera che attraversando i castagneti d’epoca medioevale e rinascimentale, porta alle due cascate inferiori. Una sosta d’obbligo per rinfrescarci e, oltrepassato il torrente, saliamo alla prima delle cascate, dove l’invitante laghetto ci “costringe” ad un altro tuffo.

Risaliamo ora verso l’abitato di San Cristoforo passando accanto ai resti della primeva chiesa e all’umile camposanto; entriamo nel paese dominato dalla chiesa dedicata a San Cristoforo di Bobbio, costeggiamo case rurali abbandonate e semi diroccate alle quali s’alternano abitazioni sapientemente ristrutturate, sostiamo ad ammirare la casa fortificata per, infine, uscire sulla strada Bobbio-Mogliazze che seguiamo per un breve tratto in direzione Bobbio; raggiunta l’imponente frana della Roccia del Rondone prendiamola mulattiera che scende verso l’agriturismo attraversando incolti, querceti ed antichi vigneti.

Paesaggio italiano

Cos’è un Paesaggio? Dov’è il vero Paesaggio?

E gli uomini d’oggi sono ancora capaci di amare un Paesaggio, di sostare davanti ad esso?

Gli interrogativi sono non soltanto leciti, ma obbligati.

L’uomo moderno corre, non guarda; fotografa per memorizzare attimi, cose ed angoli che non ha pazienza di vedere, di osservare nel momento esatto.

E così il Paesaggio diventa subito un fantasma del passato.

Ma tutto il Paesaggio italiano è il Passato; maiuscolo, sublime, inimitabile, singolare in ogni zolla, miracoloso e travagliatissimo, però Passato.

Anche perché il presente non fa che logorare questo Passato, abbattendolo, inquinandolo, lasciando morire sia i costumi di un tempo, sia le acque, sia i boschi.

L’Italia è terra antica, si dice, ma non è vero.

Geologicamente parlando, come ci spiegano gli studiosi, è una terra abbastanza giovane anche se la mano dell’uomo ha domato il Paesaggio della penisola con ogni sorta d’artifizi, innovazioni ed abbandoni; solo pochi anfratti, inesplorati e quasi brutali, sono riusciti a resistere, a respingere od annullare questa mano ed i suoi attrezzi.

Ed ora l’uomo rimira questi angoli come reliquie del mondo che fu, incapace di comprenderli e possederli.

Il Paesaggio vero o sognato, autentico od immaginario, ha ceduto all’uomo tutte le sue suggestioni segrete, permettendogli di impadronirsene, modificarle, raccoglierle intorno a sé ed alla propria casa.

Ed è sempre lo stesso uomo che di fronte ad un tramonto sospira, da puro idiota: bello come se fosse dipinto; mentre quando esamina una tela sostiene: bella come se fosse vera.

L’uomo scopre il Paesaggio, lo deturpa, lo cambia a suo uso e consumo, talvolta lo rispetta, ma solo per distrazione; forse l’uomo è diventato troppo vecchio per accettare un Paesaggio com’è, non sapendo che ingombrarlo, ridisegnarlo.

Per fortuna esistono ancora uomini che difendono il Paesaggio come bene di natura e come testimonianza poetica della storia.

Benché condizionato dall’uomo il Paesaggio è l’unica cornice che ci rimane di tutto ciò che fummo e siamo.

Pacifico e demoniaco, tormentato e sonnacchioso, figlio di vuoti enormi, di rocce immense, di colori mai fermi di fuochi e di ghiacci, sotto cieli che si dilatano e lo mutano continuamente, il Paesaggio italiano ha una sacralità che solo un barbaro, un imbecille non notano.

È questo Paesaggio italiano ad incantare; malgrado tutto ed a dispetto di tutti; forse invincibile, anche se le brutture e gli sconvolgimenti dell’oggi lo assediano e lo disgregano da ogni parte.

Vive persino nei brandelli delle tante civiltà che lo hanno attraversato e sono scomparse.

Resiste; non cede mai del tutto, anzi si vendica con l’erba che fuoriesce al marciapiede, con il muro veneziano che s’insalina ….

Bisogna leggere nel Paesaggio: la vita delle pietre, la pelle leonina di certi campi, la geometria quieta delle vigne, il brivido di un ruscello alpino, la fuga di una biscia, l’accumularsi di tetti poveri, lo splendore dorato e cariato di cattedrali e palazzi.

Finché dura un Paesaggio durerà l’Italia.

“NonSoloTrekking”, da Varzi a Bobbio: quinta tappa

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