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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Gropparello / Via Roma

Delitto di Gropparello, in pochi giorni svuotati i conti correnti famigliari

Altra udienza del processo contro Adriano Casella, accusato di aver ucciso il padre: decine di migliaia di euro evaporate dai numerosi conti correnti e buoni postali e che la famiglia Casella aveva risparmiato

Uno stillicidio di telefonate dal primo giugno all’11 luglio e un elenco dettagliato delle somme versate alla donna di cui si era innamorato e per le quali, secondo l’accusa, avrebbe ucciso il padre. Decine di migliaia di euro evaporate dai numerosi conti correnti e buoni postali e che la famiglia Casella aveva risparmiato. E’ in sintesi quanto emerso questa mattina al processo contro Adriano Casella, accusato di omicidio premeditato nei confronti dell’anziano padre Francesco, avvenuto a Sariano di Gropparello il 7 luglio 2013. Francesco è stato ucciso con un colpo al capo sparato con una pistola abbattibuoi. E su tutto, l’ombra delle minacce di morte ricevute da Adriano in carcere - sono stati sentiti alcuni detenuti in aula - da parte di stranieri se non si fosse addossato la colpa di quel delitto. Con Adriano, difeso dall’avvocato Francesca Cotani (Foro di Milano) anche la sorella Isabella, che deve rispondere di occultamento di cadavere, assistita dall’avvocato Andrea Bazzani.

I SOLDI Lunga la deposizione del maresciallo Marcello Cozza, del Nucleo operativo radiomobile di Fiorenzuola, il quale ha ricostruito - rispondendo alle domande die pm Antonio Colonna e Ornella Chicca - minuto per minuto i contatti telefonici, attraverso le celle per i telefonini, avvenuti in un mese e mezzo tra Asriani, la sorella Isabella e Suada Zylyfi, la prostituta albanese di cui si era innamorato. Non solo, i carabinieri hanno anche mostrato i conti correnti e i risparmi della famiglia, fino a evidenziare gli spostamenti di denaro che poi sarebbe finito a quella donna che aveva fatto credere ad Adriano di aver bisogno dei soldi per uscire da un giro di prostituzione in cui era costretta.

Tra l’1 e il 5 giugno Adriano movimenta un intero finanziamento da 12.880 euro, 6.000 euro ad un albanese, e un bonifico di 2000. Il 7 giugno Adriano intesta l’auto, una Polo, a Suada per un valore di 8mila euro, denaro che Adriano non vedrà mai. Tra il 14 giugno e il 16, Adriano riceve un finanziamento bancario di 7mila euro, con la garanzia della madre. Il 28 giugno arriva un altro finanziamento, acceso dalla madre Maria Russo e dalla sorella Isabella, per 15mila euro. E ne viene ritirata la metà. Il 29 giugno, il conto corrente di Isabella è prosciugato. I carabinieri registrano nei giorni seguenti diversi prelievi al bancomat da parte di Adriano e della sorella Isabella. I soldi attraverso agenzie di trasferimento di denaro li spediscono in Albania. Il 3 luglio Suada Zylyfi parte per l’Albania (tornerà a Piacenza il 2 agosto).

Il 7 luglio, giorno del presunto omicidio, c’è una pioggia di telefonate, in Italia e in Albania, e il cellulare di Adriano non risulta raggiungibile tra le 12.17 e le 13.26. L’avvocato Cotani, interrogando i testimoni, ha puntato a far emergere le continue pressioni di Suada nei confronti di Adriano affinché le desse denaro.

IL CARCERE Dalle intercettazioni ambientali in carcere, invece, sono emerse le paure di Adriano per le minacce ricevute. La madre, ricevuta una lettera il 30 luglio, aveva poi denunciato il tutto ai carabinieri facendo scattare un’altra inchiesta della procura nei confronti di alcuni albanesi. Minacce, però, di cui non hanno sentito parlare i cinque detenuti ascoltati dalla Corte di assise, presieduta da Italo Ghitti, con a latere Maurizio Boselli. I detenuti hanno parlato di rapporti buoni tra loro e Adriano e anche di lui con le altre persone recluse: caffè, partite a carte, dialogo.

LA PENSIONE Intercettati i dialoghi tra Adriano e la madre. I carabinieri hanno registrato frasi in cui Adriano raccontava alla madre della tecnica di cambiare versione e di essere disposto ad accettare l’infermità mentale per avere una condanna meno dura e la pensione. La madre ha consigliato più volte ad Adriano di fare ciò che diceva l’avvocato e di dire sempre che non ricordava. E ancora ritornano i dubbi di Adriano che dice alla madre: io gli ho sparato un colpo solo, ma in testa hanno trovato tre buchi (in realtà ha dimostrato i perito, gli altri due erano malformazioni del cranio) «forse era ancora vivo». E ancora: Adriano parla con la madre e spiega di aver saputo da un albanese che a fargli far del male

 Sarebbero stati i fratelli Uku (entrambi condannati all’ergastolo per l’omicidio di un albanese al Baraonda) uno dei quali Mersin era marito di Suada. E Adriano era spaventato, secondo le intecettazioni, dalle minacce “mafiose” che avrebbe ricevuto in cella. Per precauzione, dopo la sua denuncia era anche stato spostato in un’altra sezione.

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