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Economia

Uve salvate dall'oblio: oggi sono più del 20% delle vigne piacentine

Coldiretti: «Più del 20 per cento dei 5.500 ettari di vigne piacentine sono coltivate con uve che hanno rischiato di sparire e che oggi rappresentano una percentuale del 31,6 per cento dei 220 mila ettolitri di vino doc prodotto in provincia»

Più del 20 per cento dei 5.500 ettari di vigne piacentine sono coltivate con uve che hanno rischiato di sparire e che oggi rappresentano una percentuale del 31,6 per cento dei 220 mila ettolitri di vino doc prodotto in provincia. Ad annunciarlo è Coldiretti Piacenza in occasione della presentazione della “Cantina dei vini salvati dall’oblio” una mostra realizzata da Coldiretti Emilia Romagna  a Cibus, il salone internazionale dell’Alimentazione di Parma all’interno della quale sono stati esposti i vini bianchi piacentini Ortrugo, Malvasia di Candia Aromatica e il Vin Santo di Vigoleno ottenuti da vitigni che hanno rischiato l’oblio. Si tratta, fa sapere Coldiretti Piacenza, di vitigni autoctoni, che a causa delle poca produttività o della difficoltà di coltivazione e vinificazione hanno rischiato di sparire. Negli ultimi vent’anni, grazie alla passione dei viticoltori e all’attività di ricercatori, questi vitigni sono stati recuperati e salvati anche grazie all’attenzione delle istituzioni verso la salvaguardia della biodiversità e alla ricerca da parte dei consumatori di prodotti del territorio anche a sostegno all’economia locale. “I nomi di questi vitigni, spiega Dario Panelli, responsabile del settore vitivinicolo per Coldiretti Piacenza, vanno da quelli più famosi a quelli sconosciuti rimasti nella memoria di pochi. Sicuramente conosciuti sono l’Ortrugo, vitigno che sembrava scomparso e poi ritrovato all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso oggi vinificato in purezza e la Malvasia di Candia Aromatica importato in Italia intorno al 1250. Meno noti sono invece  “Santa Maria”, “Melara” e  “Bervedino” che non si trovano vinificati in purezza, ma che a Piacenza hanno dato vita alla Doc più piccola d’Italia, il Vin Santo di Vigoleno, che conta una produzione di meno di 3.000 bottiglie ogni anno.” “Il recupero di questi vini, commenta Giovanni Luigi Cremonesi, direttore di Coldiretti Piacenza, è importante sia per la salvaguardia della biodiversità, sia per mantenere viva l’agricoltura nelle zone dove rischia di sparire. Insomma possiamo vantare un patrimonio di grande pregio che non dobbiamo dare in nessun modo per scontato ma valorizzare con la continua ricerca della qualità associata al giusto valore economico.” Il rilancio di questi vini, fa sapere Coldiretti Piacenza, si deve anche ai nuovi sbocchi commerciali, dei mercati e delle fattorie di Campagna Amica che hanno offerto nuove opportunità agli agricoltori che proprio nel settore vitivinicolo sono all’avanguardia nelle vendite dirette. Una su tre delle 22 mila aziende con vigneto nella nostra regione vende infatti direttamente al consumatore. “Quello della vendita diretta del vino, aggiunge Panelli, è una tendenza in continuo aumento negli ultimi anni anche come risposta alle richieste dei consumatori di conoscere personalmente il produttore e scoprire le caratteristiche del prodotto che intendono acquistare, andando contemporaneamente alla scoperta del territorio di origine. Un territorio, conclude l’esperto, che anche grazie al progetto Vento d’Expo si è fatto conoscere all’estero, varcando i confini nazionali e incontrando buyer interessati a questa realtà produttiva che ha tanto da offrire.” I prodotti delle imprese agricole associate a Coldiretti presenti nello stand hanno portato i visitatori “All’origine della filiera agricola italiana” e sono stati valorizzati attraverso il cooking show dell’agrichef piacentino Carlo Pontini dell’agriturismo Casa Nuova di Rivergaro, presidente di Terranostra Emilia Romagna, l’associazione per l’agriturismo, l’ambiente ed il territorio di Coldiretti.

La Cantina delle uve salvate

Ortrugo - Tra i vini bianchi l’Ortrugo è senz’altro tra i più diffusi oltre che il più caratteristico della zona. Nasce dal vitigno omonimo, tipico ed esclusivo del piacentino e fino ad alcuni decenni fa veniva utilizzato principalmente come uva da taglio, il nome deriva da “Altruga o Artruga” che in dialetto piacentino significa “l’altra uva”, infatti in passato veniva vinificato insieme ad altri vitigni a bacca bianca e quasi mai da solo. Grazie alla lungimiranza di alcuni produttori, che cominciarono a vinificare l’Ortrugo, venne riscoperto come vino agli inizi degli anni ’70, ottenendo un prodotto che ancor oggi riscuote un notevole successo anche al di fuori dei confini regionali. Questo rinnovato interesse ha permesso di ottenere, agli inizi degli anni ’80, la Denominazione di Origine Controllata. È l’unico vino DOP in Italia che prende il nome dal vitigno e non da un luogo di produzione. L’Ortrugo è diffuso principalmente come vino frizzante e spumante, ma di recente anche la versione ferma ha trovato un importante favore presso il pubblico.

Malvasia di Candia aromatica – originario dell’Isola di Creta, importato in Italia attorno al 1250. Le colline piacentine sono il territorio di elezione della Malvasia di Candia aromatica, una delle tante Malvasie che vengono coltivate in tutta Italia, vitigni diversissimi. Attorno al 1500 i Veneziani commerciarono nei loro domini i “sublimi vini malvagia” e in seguito diffusero le viti che li producevano in tutti i Paesi del Mediterraneo. Quella di Candia aromatica è il membro della famiglia delle Malvasie con la più alta concentrazione di alcoli terpenici (gli aromi fiorali) nelle bacche di uva e può fornire quindi un vino molto caratterizzato.

Santa Maria, Melara, Bervedino – sulle colline piacentine sono rimasti pochi vigneti di questi vitigni, ma sono fondamentali per il Vin Santo di Vigoleno, la più piccola Doc d’Italia ottenuta appunto da queste uve. La zona di produzione delle uve comprende il territorio collinare fra l'Ongina e lo Stirone del comune di Vernasca particolarmente vocato per antica tradizione. La vinificazione, maturazione e imbottigliamento nelle classiche bottiglie «renane» deve avvenire solo nel comune di Vernasca. L’invecchiamento deve durare almeno 60 mesi di cui minimo 48 in botti di legno.

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