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Venerdì, 26 Aprile 2024
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"Se ti dico...saracca", un viaggio nel dialetto e nei cognomi piacentini

La platea esaurita del Salone dei depositanti di Palazzo Galli è stata l'ennesima dimostrazione di quanto sia diffuso il rimpianto per la scomparsa avvenuta nel marzo scorso, del professor Luigi Paraboschi. L'occasione per ricordarne la somma cortesia e la grande cultura è stata l'iniziativa promossa dalla Banca di Piacenza e dal Nuovo Giornale

La platea esaurita del Salone dei depositanti di Palazzo Galli è stata l’ennesima dimostrazione di quanto sia diffuso il rimpianto per la scomparsa avvenuta nel marzo scorso, del professor Luigi Paraboschi. L’occasione per ricordarne la somma cortesia e la grande cultura che tuttavia non faceva mai pesare, è stata l’iniziativa promossa dalla Banca di Piacenza e dal Nuovo Giornale, della presentazione di “Se ti dico... saracca; viaggio nel dialetto e nei cognomi piacentini", raccolta di articoli scritti da  Luigi Paraboschi negli anni 2015-2016 per il settimanale della Diocesi. Robert Gionelli ha ricordato come la Banca locale sin dalla fondazione abbia riservato grande attenzione alla valorizzazione del patrimonio costituito dalla cultura locale operando in favore della sua conservazione.  Con Luigi – ha raccontato il razdur della Famiglia Piasinteina Danilo Anelli – ci vedevamo quasi tutti i giorni; insieme abbiamo organizzato tante iniziative. Il suo contributo alla conoscenza del dialetto è stato enorme, ne ha definito la struttura filologica rendendola accessibile a tutti. Il nostro annuale corso di dialetto che inizierà il 24 novembre, ha assunto il nome “Scuola di dialetto Luigi Paraboschi” a ricordo delle lezioni da lui tenute ininterrottamente dal 1997 divenendo l’amato studioso della nostra cultura che i piacentini hanno saputo apprezzare. 

Del professor Luigi Paraboschi, ha aggiunto Andrea Bergonzi, sono stato in un certo senso allievo oltre che amico e compagno di avventure dialettali, ma lui era un vulcano ed era in grado di miscelare sapientemente questioni scientifiche con aspetti più ameni e divertenti della cultura popolare della nostra città. Eravamo riusciti a trovare il sostegno reciproco che mancava l'uno all'altro per approfondire e fare un po' di chiarezza nel mare magnum del dialetto piacentino in cui tentavamo così di disegnare la rotta giusta per il suo studio e la sua conoscenza. Per fortuna, oltre ai ricordi di chi ha vissuto una parte della propria vita con lui, Luigi ci lascia molti scritti e questo volume rappresenta un condensato di brevi ed agili note, delle "iniezioni intramuscolo di dialetto", come diceva sempre lui, una vera e propria summa di quanto spesso si trovava a raccontare (più che insegnare) durante i suoi interventi in pubblico. M il più grande e vero insegnamento che dobbiamo portare sempre con noi è possibile riassumerlo in una parola sola, impegnativa ed estremamente difficile da mettere in pratica. Questa parola risponde al nome di "umiltà". 

Innamorato della sua passione per la nostra (dantesca) parlata, scrive l’avvocato Corrado Sforza Fogliani nella presentazione del libro - a questa si dedicava con l'entusiasmo - contenuto, signorile - che era un suo imprescindibile connotato, per un fondo di timidezza che amabilmente confessava, quando capitava di parlarne.  Luigi Paraboschi ci ha lasciato in punta di piedi, così com'era vissuto. Ma coloro che ci hanno dato qualcosa (e Paraboschi ci ha dato tanto), rimangono sempre con noi. Nella prima parte del libro sono esaminate in ordine alfabetico, trentadue espressioni piacentine da  "balla" a "carpìa", da "imbambulì" a "in cimbalis", da "mucclon" a "sbarbatel" ... un condensato d'interventi  che forniscono precise spiegazioni sul significato e sulla genesi del termine; nella seconda parte origine, eventuali parentele etimologiche riferimenti a detti e modi di dire di una serie di cognomi piacentini; il tutto compendiato sapientemente in testi di gradevole e scorrevole lettura.

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