Franceschini: «Quando eravamo al Governo abbiamo commesso degli errori»
Mea culpa del leader del Pd, in visita ieri a Piacenza alla Festa di Bastione Borghetto, «su una mancata buona legge sul conflitto d'interesse tra il '96 e il '01». Poi critica le politiche del Governo sull'immigrazione, saluta con gioia la vittoria dei Democratici in Giappone, e invita, per le primarie, «a votare per la persona, non al candidato»
Arriva puntuale, spaccando il minuto. Qualche abbraccio, e una rapida visita dal Bastione di porta Borghetto, complimentandosi con l'architetto Giorgio Cisini per il magnifico recupero. Poi sul palco, combattivo più che mai, a gonfiare di forza la sua ricandidatura al congresso di ottobre. «Saranno gli elettori a decidere se me ne devo andare, non 4 o 5 capi in una stanzetta». Dario Franceschini, ieri, è stato infatti a Piacenza, alla Festa del Pd, intervistato da Michele Serra, penna de "La Repubblica". Una chiacchierata briosa, che è cominciata con una piccola polemica sull'orario non proprio ideale rispetto a quello di Pierluigi Bersani - le 9 di sera di sabato scorso -: «Quando Pierluigi viene a Ferrara lo mettiamo alle 6 di mattina», scherza. E via a capofitto sui temi del giorno.
«A RISCHIO LA LIBERTA' D'INFORMAZIONE» - Stuzzicato da Serra, il leader del Pd invoca, sulla libertà d'informazione, «la strategia d'intimidazione» attuata dall'attuale premier. «Ma sulla soppressione della libertà d’informazione - dice - ci vuole una reazione trasversale, di tutti. Noi non abbiamo fatto manifestazioni perché vorremmo proprio che tutti si rendessero conto di quello che sta accadendo». E fa pubblica ammenda, applauditissima, sul galoppante «conflitto d’interesse»: «È stato un errore - dice - non fare una buona legge quando eravamo al governo tra il 1996 e il 2001». La Chiesa, poi, «fa bene a esprimere un parere su qualsiasi tema», nel rispetto «della laicità dello Stato». Sulle nomine di Raitre, infine, ancora congelate, Franceschini nega «qualsiasi attesa legata al congresso».
IL FUTURO CHE VERRA' - La chiacchierata prosegue, inframmezzata da scrocianti applausi. Franceschini vede «il Pd come un partito aperto, dove non c'è una corrente che prevale sull'altra, e si vota in base a quanto si sente, non secondo il consiglio di qualche segretario provinciale». «A Gallipoli - dice il leader democratico - un anziano signore mi ha detto: "Voto per te. Non mi interessa da dove vieni, ma dove vuoi andare"». E' critico sulla ricandidatura di Bassolino a Napoli - «il rinnovamento, con l'entusiamo dei rinnovati, non l'ho mai visto» -, e auspica, per il futuro del partito, «scelte più coraggiose».
COME BERLINGUER E ZACCAGNINI - Decisioni di sintesi, quindi. «Abbiamo 800mila iscritti, e molti non hanno mai fatto parte nè di Ds nè di Margherita». Franceschini saluta con plauso la vittoria dei Democratici in Giappone, strada da seguire anche in Europa - «dobbiamo osare di più, ci siamo sempre solo limitati a “correggere” i Governi di destra» -, e sottolinea quanto «poco si parli di mafia», una piaga «che blocca la crescita di una parte del Paese». Poi traccia la via per la riscossa: «Essere coerenti. Come Enrico Berlinguer e Benigno Zaccagnini. Avevano un grande carisma e avevano dietro quello che dicevano una totale credibilità».
RISPETTO DELLA DIGNITA' UMANA SULL'IMMIGRAZIONE - Non mancano passaggi sull'immigrazione. Il giudizio del numero uno del Pd sulle politiche della maggioranza è duro: «Penso che il presidente del Consiglio - chiosa - oltre a guardare in alto verso le Frecce tricolori in Libia dovrebbe abbassare lo sguardo e chiedere di andare a vedere cosa succede nei campi in cui si accolgono gli immigrati, e osservare se si rispettano le norme del diritto internazionale». «Se critico un collega di partito - incalza -, ho subito le prime pagine di tutti i giornali. Se parliamo d’immigrazione, invece, un piccolo trafiletto. I cinque eritrei che sono sbarcati l’altro giorno, sfiniti, si sono visti recapitare un avviso di garanzia per immigrazione clandestina: questo è orribile. Bisogna rispettare la libertà dell’uomo, al di là dello stato giuridico che l’accompagna».
Il pubblico che ha affollato l'incontro con Franceschini
La rapida visita al Bastione di Porta Borghetto, con Cisini (secondo da destra) come "cicerone". Sopra, Franceschini, a sinistra, con il coordinatore piacentino del Pd Paolo Botti
«A RISCHIO LA LIBERTA' D'INFORMAZIONE» - Stuzzicato da Serra, il leader del Pd invoca, sulla libertà d'informazione, «la strategia d'intimidazione» attuata dall'attuale premier. «Ma sulla soppressione della libertà d’informazione - dice - ci vuole una reazione trasversale, di tutti. Noi non abbiamo fatto manifestazioni perché vorremmo proprio che tutti si rendessero conto di quello che sta accadendo». E fa pubblica ammenda, applauditissima, sul galoppante «conflitto d’interesse»: «È stato un errore - dice - non fare una buona legge quando eravamo al governo tra il 1996 e il 2001». La Chiesa, poi, «fa bene a esprimere un parere su qualsiasi tema», nel rispetto «della laicità dello Stato». Sulle nomine di Raitre, infine, ancora congelate, Franceschini nega «qualsiasi attesa legata al congresso».
IL FUTURO CHE VERRA' - La chiacchierata prosegue, inframmezzata da scrocianti applausi. Franceschini vede «il Pd come un partito aperto, dove non c'è una corrente che prevale sull'altra, e si vota in base a quanto si sente, non secondo il consiglio di qualche segretario provinciale». «A Gallipoli - dice il leader democratico - un anziano signore mi ha detto: "Voto per te. Non mi interessa da dove vieni, ma dove vuoi andare"». E' critico sulla ricandidatura di Bassolino a Napoli - «il rinnovamento, con l'entusiamo dei rinnovati, non l'ho mai visto» -, e auspica, per il futuro del partito, «scelte più coraggiose».
COME BERLINGUER E ZACCAGNINI - Decisioni di sintesi, quindi. «Abbiamo 800mila iscritti, e molti non hanno mai fatto parte nè di Ds nè di Margherita». Franceschini saluta con plauso la vittoria dei Democratici in Giappone, strada da seguire anche in Europa - «dobbiamo osare di più, ci siamo sempre solo limitati a “correggere” i Governi di destra» -, e sottolinea quanto «poco si parli di mafia», una piaga «che blocca la crescita di una parte del Paese». Poi traccia la via per la riscossa: «Essere coerenti. Come Enrico Berlinguer e Benigno Zaccagnini. Avevano un grande carisma e avevano dietro quello che dicevano una totale credibilità».
RISPETTO DELLA DIGNITA' UMANA SULL'IMMIGRAZIONE - Non mancano passaggi sull'immigrazione. Il giudizio del numero uno del Pd sulle politiche della maggioranza è duro: «Penso che il presidente del Consiglio - chiosa - oltre a guardare in alto verso le Frecce tricolori in Libia dovrebbe abbassare lo sguardo e chiedere di andare a vedere cosa succede nei campi in cui si accolgono gli immigrati, e osservare se si rispettano le norme del diritto internazionale». «Se critico un collega di partito - incalza -, ho subito le prime pagine di tutti i giornali. Se parliamo d’immigrazione, invece, un piccolo trafiletto. I cinque eritrei che sono sbarcati l’altro giorno, sfiniti, si sono visti recapitare un avviso di garanzia per immigrazione clandestina: questo è orribile. Bisogna rispettare la libertà dell’uomo, al di là dello stato giuridico che l’accompagna».
Il pubblico che ha affollato l'incontro con Franceschini
La rapida visita al Bastione di Porta Borghetto, con Cisini (secondo da destra) come "cicerone". Sopra, Franceschini, a sinistra, con il coordinatore piacentino del Pd Paolo Botti