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La Lega Pro e l'insostenibilità delle 60 squadre professionistiche

Con la rinuncia della Caronnese si allunga la lista della squadre che hanno deciso di non iscriversi alla Lega Pro

Con la rinuncia della Caronnese si allunga la lista della squadre che hanno deciso di non iscriversi alla Lega Pro. Ancora in sospeso l’esclusione della Paganese che ha fatto ricorso contro la decisione degli organi di vigilanza che hanno ritenuto troppo gravoso il debito della squadra campana nei confronti dell’erario (si parla di un piano di rateizzazione per tasse e contributi degli ultimi sei anni), mentre potrebbe complicarsi la situazione del Como sul quale pende una istanza di fallimento. A conti fatti sono ad oggi 48 le formazioni iscritte al prossimo campionato, per arrivare alle 60 squadre imposte dal regolamento mancherebbero 12 società, un’enormità se consideriamo la situazione media delle formazioni aventi diritto al ripescaggio. La situazione impone delle valutazioni sulla sostenibilità di un numero cosi elevato di squadre professionistiche nella terza serie del calcio professionistico. Già nella scorsa stagione una lungimirante scelta dell’allora presidenza Macalli impose un format ridotto a 54 squadre e, nonostante ciò ben 13 compagini furono a vario titolo penalizzate in corso della stagione (con i casi limite di Pro Patria, Savona  Lupa Castelli Romani) falsando non poco il normale esito del campionato tra punti prima tolti e poi restituiti. Ora, con l’ulteriore allargamento a 20 squadre per girone, di rischia di abbassare ulteriormente il livello medio del campionato imponendo sacrifici e costi eccessivi a molte formazioni medio-piccole che salgono dalla Serie D. Le mancate iscrizioni di Bellinzago e Caronnese nonché le probabili rinunce di altre formazioni aventi diritto alla promozione sono segnali di come gli oneri per sostenere la Lega Pro (tra fidejussione e tasse si parla di un costo fisso iniziale di 700.000 euro) siano ancora eccessivi uniti alle spese strutturali (stadi a norma) che le eventuali deroghe annuali non risolvono di certo (si trasla il problema e l’onere di 12 mesi). Quindi, se da un lato le scelte coraggiose delle società dilettantistiche di declinare la promozione d’ufficio, possono rappresentare una valutazione sensata e condivisibile per garantirsi un futuro sostenibile (tre anni fa il Pro Piacenza fece la stessa valutazione), da un lato gli organi federali devono prendere decisioni che possano riportare la serie C ad un numero adeguato alla situazione economica generale. Ridurre a 48 o 54 squadre permetterebbe di avere società più solide con meno penalizzazioni e maggiore spettacolo con una sorta di sistema a franchigia mutuato dalla NBA americana o dalla Superlega di volley in Italia nelle quali sono state ridotti o cancellati i rischi di retrocessione ma al contempo innalzati i paramenti economici, qualitativi e strutturali delle squadre iscritte riducendo da una parte i match della regular season ma allungando al contempo i play-off garantendo quindi un maggior afflusso di pubblico negli incontri decisivi. E’ sicuramente un processo lungo e pluriennale ma , se vogliamo evitare in ogni estate ed inverno, lo stillicidio di mancate iscrizioni e di penalizzazioni, pare l’unica via. Questo l’elenco attuale tra le quali si dovrebbero pescare le 12 squadre mancati alla Lega Pro:

Lecco (2,1052)

Campodarsego (2,0789)

Alma Juventus Fano (2,05)
 Fondi (2,0294)
 Cavese (1,8888)
 Gavorrano (1,8441)
 Olbia (1,8235)
 Correggese (1,6842)
 Lavagnese (1,9473 punti)
 Frattese (1,9444)
 Montecatini (1,8529)
 Torres (1,8235)
 Forlì (1,8157)
 Francavilla (1,7941)
 Campobasso (1,7941)
17^ Ital Lenti Belluno (1,7631)
18^ Seregno (1,6842)

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