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Cronaca

Delitto Gambarelli, chiuse le indagini ma il killer è latitante

Per la procura è omicidio premeditato. Il tunisino Alì Fatnassi avrebbe prima dato dei farmaci antidepressivi all’uomo, nella sua casa di via Degani, e poi lo avrebbe colpito al collo, recidendogli la giugulare

Prima lo avrebbe stordito con dei farmaci antidepressivi, poi lo avrebbe colpito al collo con due fendenti recidendogli la vena giugulare, facendogli così perdere tanto sangue che ha provocato uno choc emorragico che lo ha portato alla morte. Un gesto che sarebbe stato premeditato, secondo le accuse. Sarebbe morto così Giorgio Gambarelli, il 67enne ex fisioterapista ammazzato il 27 luglio del 2013, nella propria abitazione in via Degani. Della sua morte, il sostituto procuratore Ornella Chicca ritiene responsabile il tunisino - latitante - All Fatnassi, oggi 31enne. La procura ha chiuso l’indagine per omicidio premeditato in aprile, ma la notizia è emersa solo ora.

Il tunisino, a cui i carabinieri hanno dato la caccia per lungo tempo, dovrebbe essere tornato nel proprio Paese di orgine. L’uomo è difeso dall’avvocato Emilio Dadomo, mentre tre familiari di Gambarelli sono assistiti dall’avvocato Matteo Dameli e sono intenzionati a costituirsi parte civile. I carabinieri del Nucleo investigativo erano arrivati a farlo dichiarare latitante nel settembre del 2013, facendo spiccare un mandato di cattura europeo e attivando anche l’Interpol. Dell’uomo, però, tuttora non ci sono tracce. Secondo gli investigatori, il tunisino avrebbe lasciato l’Italia subito dopo il fatto.

E che lui sia il principale indiziato, secondo le indagini, ci sono il Dna e la traccia del cellulare. Una macchia di sangue era stata trovata dai carabinieri del Ris su un cassettone nella camera da letto di Gambarelli che, con buona probabilità, prima di essere sgozzato, nonostante intontito dai farmaci, ha cercato di difendersi. I carabinieri hanno sottoposto a un tampone salivare un parente del sospettato per verificare se ci fossero delle compatibilità tra i due Dna. E la compatibilità trovata è stata altissima.

I carabinieri avevano già dei sospetti su quel giovane anche perché il suo telefonino, secondo quanto emerso dai tabulati, aveva agganciato la cella di via Degani nel lasso temporale in cui è avvenuto il delitto. Gli accordi internazionali con la Tunisia non prevedono l’estradizione. Due le possibili vie da percorrere: o si mandano gli atti giudiziari a Tunisi affinché la magistratura tunisina possa procedere nei suoi confronti, oppure Fatnassi viene processiamo in contumacia in Italia e poi si invia la sentenza definitiva in Tunisia, chiedendone l’esecuzione.

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