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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

“Onda nera” nel Lambro e nel Po, la Cassazione conferma la condanna

La notte del 22 febbraio 2010 vennero riversate nel Lambro 2400 tonnellate di idrocarburi. Anche il Comune di Piacenza tra le parti civili: la macchia nera raggiunse il tratto piacentino del Po

A pochi giorni dalla prescrizione, si è concluso la scorsa settimana, presso la Suprema Corte di Cassazione, il processo per l’Onda nera nel Lambro e nel Po, riguardante i fatti che avvennero nella notte del 22 febbraio 2010. Vennero riversate nel Lambro 2400 tonnellate di idrocarburi a seguito della manomissione di due cisterne presso lo stabilimento della Lombarda Petroli, nel Comune di Villasanta vicino a Monza. La Corte ha condannato il custode e uno dei proprietari dello stabilimento, tra l'altro, per disastro colposo, riconoscendo la responsabilità civile della società Lombarda Petroli.

Anche la Cassazione ha confermato, come già la Corte d'Appello di Milano che “lo scempio ambientale alla Lombarda Petroli fu voluto dal titolare per sottrarre i prodotti al pagamento delle accise, anche se pensava che lo sversamento si sarebbe limitato all'area della sua azienda: quindi si tratta di disastro colposo e non doloso”. Anche il Comune di Piacenza, così come quello di Monza e altre municipalità, si costituì parte civile, accanto a quattro Ministeri, l'Agenzia delle Dogane, le Regioni Emilia Romagna e Lombardia, Enel Green Power e diverse associazioni ambientaliste. Parte del materiale fu bloccato, e in parte recuperato, con il supporto dell'Arpa Provinciale, nei pressi di Isola Serafini, dopo che gli idrocarburi dal Lambro confluirono in Po e, di conseguenza, nel mare Adriatico. Il sindaco di Piacenza, al tempo,  aveva dovuto vietare l'uso dell'acqua per scopi agricoli per una settimana. Ora le Amministrazioni coinvolte attenderanno le motivazioni della sentenza per intraprendere l'azione civile nei confronti dei colpevoli e di Lombarda Petroli, società oggi posta in liquidazione, al fine del recupero dei danni ambientali patiti dai loro territori e delle spese sostenute per far fronte al disastro. Il sito, dopo la cessazione dell’attività, è ancora oggi in attesa di essere bonificato.

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