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Venerdì, 26 Aprile 2024
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"I castlan i disan no”: «I ponti come gli ospedali»

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di IlPiacenza

«La triste cronaca ci porta a conoscere che in Italia non crollano solo i ponti e questa rappresenta un’immane tragedia con il fallimento della politica rea di avere fatto gestire ai privati (spesso spregiudicati) strutture pubbliche con enormi danni per la collettività, ma crollano inevitabilmente lungimiranza, umanità e sensibilità tra i politici e gli amministratori che dovrebbero essere al servizio dei cittadini.

Se così non fosse, non si spiegherebbe come mai nel mondo sanitario (strutture pubbliche sono anche gli ospedali) nel 2017 sette milioni di italiani si sono indebitati per pagare le cure mediche spendendo 40 miliardi di euro per esami e visite mediche non rimborsabili dal SSN. In 2,8 milioni di cittadini sono stati costretti a svincolare i propri risparmi o addirittura a vendere casa. E’ quanto si evince dal rapporto Censis -Rbm Assicurazione Salute, presentato in occasione del welfare day dal quale si evince che la tredicesima di un operaio viene spesa in cure sanitarie e i più esposti sono gli anziani e i malati cronici, quindi, per la fascia più debole della società, si viene meno all’art. 32 della Costituzione che sancisce come fondamentale sia il diritto di cura dell’individuo e soprattutto cure gratuite ai più deboli.

Il cambio evidente di mentalità politica, tutto a favore di un’imprenditoria globalizzata e cioè con il XXI secolo si è abbandonato il sociale sostituendolo con l’utile d’impresa, tanto da venir meno anche al diritto costituzionale della salute. Ci si poteva attendere che il colpo di mano avvenisse con le politiche imprenditoriali di destra che dell’utile ne fanno una religione, ma mai dalla sinistra per la quale il sociale doveva rimanere una bandiera. Ecco allora che l’utile forsennato fa crollare i ponti e nella sanità fa chiudere gli ospedali. Forse sono proprio questi i motivi per i quali in Conferenza sociosanitaria della nostra Provincia nulla è cambiato nella politica sanitaria con il cambio di maggioranza alle ultime amministrative con la vittoria della destra? Osserviamo una totale continuità, il Piano sanitario proposto e votato dalla maggioranza di sinistra è rimasto inalterato anzi ogni giorno costantemente viene applicato con le conseguenze che i cittadini piacentini vivono sulla propria pelle, orientandosi sempre più nel privato. La riorganizzazione sanitaria attuale che le Regioni stanno realizzando in tutta Italia forse è alla base di questo dato allarmante?

Perché si chiudono gli ospedali periferici, che in modo capillare erano in grado di soddisfare le richieste dei cittadini con la qualità ottimale? Quelle strutture sono state pagate dalle precedenti generazioni così come i ponti e le autostrade. Da una parte si vedono crollare i ponti e noi piacentini ne sappiamo qualcosa dall’altra sappiamo bene cosa significa vedere abbattere fisicamente un ospedale come a Fiorenzuola e, ricordiamo bene anche le chiusure degli ospedali di Monticelli d’Ongina, Cortemaggiore, Borgonovo, Bobbio ridotto a osco, Villanova in procinto di chiusura e Castelsangiovanni oggi, dopo 12.000.000 di euro di investimenti negli ultimi anni, appare come un ammalato agonizzante in attesa di spirare.

I cittadini? Da una parte vengono abbagliati da presentazioni ad effetto di elicotteri che atterrano anche al buio oppure distratti da dibattiti ospedale nuovo sì o ospedale nuovo no a Piacenza, dall’altra devono abituarsi all’idea della carenza di medici (a chi imputare la colpa se non al sistema organizzativo?) e quindi spesso in caso di necessità obbligati a migrare in altra Regione per le cure oppure rivolgersi al privato andando a confermare i dati Censis sopra esposti. Perché i sindaci della provincia di Piacenza continuano a sostenere piani sanitari così penalizzanti per i propri cittadini?

Perché cinismo e ipocrisia continuano ad essere protagonisti? Noi attendiamo risposte convincenti perché la vita reale porta a non comprendere come una classe politica e di amministratori invece di aiutare i cittadini, li condanni a pagare un prezzo altissimo che condiziona e penalizza ogni giorno la vita di tutti noi. Attendiamo con impazienza la revisione del piano sanitario che continueremo a chiedere a sfinimento perché i servizi da noi pagati devono essere adeguati e ben organizzati, rispondendo ai nostri diritti».

Silvia Brega, presidente del Comitato "I castlan i disan no”

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