rotate-mobile
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Due uomini solo in parte uguali, ma anche molto diversi. Comunque entrambi grandi

In effetti dei due uomini di cui vi voglio parlare, emergono come prima impressione la loro grandezza, non tanto come individui uguali, ma al contrario nella loro diversità. Vediamoli ed esaminiamoli allora nelle rispettive competenze dette anche sfere di azione ed affrontiamo prima di tutto la loro formazione culturale. Entrambi preparati nei diversi aspetti del conoscere, erano quasi caratterialmente agli antipodi. Il primo. così voglio chiamarlo, era un vulcano in piena eruzione. Amante della vita, si concedeva o meglio si appropriava di qualsiasi cosa l’esistenza gli offrisse. Tanto che se questa sembrava parca nel proporre iniziative, egli le inventava. Possedeva insomma sia la curiosità del conoscere, sia la capacità di elaborare proposte che teneva a mente per poi realizzarle come obiettivo. Il fine, quello di soddisfare l’ambizione che gli rodeva dentro. In sostanza soddisfare il bene suo come gratificazione e nello stesso tempo far del bene anche agli altri. Che per lui volevano dire tutto il genere umano. Attenzione, non commettiamo l’errore di considerarlo un visionario, mosso dalla semplice vocazione filantropica o perfino apologetica. Se così fosse, daremmo dell’uomo una valutazione molto parziale e perfino distorta. Infatti il vero motivo di coinvolgere quello che con enfasi ho chiamato il genere umano, muoveva da una condizione personale. E che si trattasse di un problema psicologico, che può essere chiamato narcisismo, non è da escludere. In sostanza il suo credo era quello di voler piacere all’inclita ed al volgo e per farlo, aveva tutte le caratteristiche per realizzare questo suo bisogno esistenziale, onde essere esaltato come un uomo dal grande carisma, piacente, generoso, empatico e sempre ottimista. Infatti in tutte le situazione che all’inizio potevano offrire elementi di tensione, trovava modo di stemperare torti e ragioni, semplicemente perché le ragioni erano soprattutto le sue. Ho detto e ripeto che amava la vita in tutte le sue sfumature. Possedeva infatti una innata passione per le cose che per gli altri apparivano impossibili. Come fossero espressioni di una mente malata. Contagiata da quella follia che lui trovava ben espressa in Erasmo che stimava. Come imprenditore non ha avuto rivali. Ha infatti ideato e costruito Milano 2, una nuova città concepita all’insegna dell’aspetto umano, causa l’armonia del vivere e del convivere, fra laghetto coi cigni, spazi verdi e il traffico automobilistico sotterraneo per non disturbare la quiete pubblica dei residenti. Come appassionato di calcio stravedeva per il suo Milan, che da una posizione fallimentare ha portato ai vertici del successo in campo internazionale. Ultimamente avrebbe fatto altrettanto con la squadra del Monza, sua ultima conquista sportiva, che tanto per cambiare, ha voluto gestire portandola subito dalla serie inferiore, alla massima divisione calcistica. Per amore dell’Italia, come lui si è sempre dichiarato, nonostante i pareri contrari della famiglia e di tutte persone che gli volevano bene, temendo le reazioni degli invidiosi nei suoi confronti, ha preso ugualmente la sua decisione. Ed ha attuato un cambiamento di rotta, dedicandosi alla politica, attraverso la costituzione di un nuovo partito dal nome Forza Italia. Mal gliene incolse. Da quel momento si accanì contro di lui la Magistratura con una infinità di accuse cui sono seguiti processi a josa, per i quali non fu estranea anche la carta stampata, perché tolta qualche eccezione, era tutta orientata a sinistra. Insomma la sua figura, causa il gran seguito popolare che si era formato al suo seguito, agli occhi degli invidiosi e dei malevoli, minacciava, come poi è successo, di sconfiggere la gioiosa macchina da guerra dell’allora segretario del Pci, Occhetto. In pratica l’uomo faceva paura nel cambiare gli equilibri politici attraverso la capacità, mai intentata prima, di formare una coalizione partitica, ottenuta attraverso l’unione di tutte le forze politiche non di sinistra. La motivazione per lui era e mai è stata tradita, di realizzare il desiderio di ogni uomo di essere e sentirsi libero contro ogni coercizione. In sostanza riguardava il bene più alto chiamato libertà. Intesa come forza morale che non deve cedere di fronte ai poteri forti di qualsiasi tipo, in particolare economico, che amano condizionare la vita delle persone attraverso il pensiero unico, in grado di uniformare e menomare le menti. Come è andata a finire quella sua lotta, tenace e perseverante contro la Magistratura lo sappiamo e le cronache di queste sue umiliazioni, sono ormai diventata storia. Soprattutto perché non ha mai ceduto e per oltre trenta anni ha combattuto solo contro tutti, per riaffermare il suo diritto a vivere secondo quella sua natura di uomo libero, convinto per di più di ritenersi un baciato dalla sorte. Per quanto osteggiato ed invidiato da molti, insoddisfatti nell’attribuirgli gli onori della sua superiorità intellettuale e nello stesso tempo perfino immaginifica, non si è mai preoccupato di non realizzare i suoi obiettivi nei diversi campi dell’agire. Come religioso avendo studiato dai salesiani, credeva nel Padre Eterno, ma sotto sotto, lo considerava un tantino inferiore a se stesso. Credeva anche in Sant’Agostino, specie a proposito di quella frase dallo stesso pronunciata, in cui rivolgendosi al Signore osava sperare che gli concedesse il dono della castità. Ma aggiungendo un limite di tempo, detto in altre parole che la grazia non fosse concessa subito. In effetti quel non subito è stato per il nostro personaggio, la condizione o meglio il pretesto del suo rapporto con il genere femminile. Culminato con quella storia fra donnine, escort e cose del genere tramandataci dal detto bunga bunga. Si parlò in proposito di protesi, di pompette ed amminicoli vari, forse solo fantasie, quel che è certo riguarda quel non subito detta da Sant’Agostino che egli difese sempre in vita natural durante. 

Detto questo con una sintesi fin troppo approssimativa, parliamo ora del secondo uomo. Certamente molto diverso. Meno funambolico nelle sue varie espressioni di vita, ma forse superiore per coerenza di idee e per il raggiungimento di iniziative in linea con queste stesse idee, sia in chiave culturale che politica. Giornalista di grande spessore a livello locale e nazionale e poi scrittore di libri in parte autobiografici in parte di carattere storico, dimostrava lo stesso amore per la vita del suo corrispettivo personaggio, ma con una differenza. La indiscussa fede nell’ideologia liberale con qualche sfumatura anche libertaria. La quale non ha mai subito alcuna flessione nel corso della vita. In aggiunta gli va riconosciuta una quadratura morale che a proposito di quel “non subito” di agostiniana memoria, lo aveva portato ad abolire la negazione. Altri particolari riguardano il modo di manifestare questo suo amore per ogni aspetto del conoscere, diventato anche per lui passione per la vita. Questo infatti il suo contrassegno specifico. Caratterizzato da una certa riluttanza nei confronti degli aspetti formali, ma nello stesso tempo con una grande determinazione a non lasciare tralasciare argomentazioni critiche, di fronte a qualsiasi tipo di contestazione nei confronti delle idee liberali. Anch’egli stimolato dalla curiosità del sapere, non ha mai conosciuto la pigrizia di rimandare le cose, preferendo farle subito. Infatti scrupoloso e preciso in ogni suo impegno, gli piaceva definire il suo modo di essere e di fare, con una sola parola: acribia, a lui particolarmente cara. Non amava per dirla in modo quasi poetico, “seggere fra coltri e piume”. Dormiva poco e quel tanto che bastava per non togliere spazio all’ agire, tanto che la sua mole di lavoro, forse meglio definirla una frenesia, può essere additata come il suo motto ed il suo stile di vita. Leggere ogni cosa e scrivere su argomenti di tipo storico e politico, rappresentava la realizzazione di qual senso morale che lui identificava con lo stare al mondo. Ed al posto del bunga, bunga, contrapponeva il suo amore con un corrispettivo: banca, banca. Generoso quanto il primo personaggio, pur con le differenze dei rispettivi ruoli, rifiutava il sensazionalismo di ogni azione ed osteggiava ogni tentativo di diffondere una carità pelosa, come fosse un elemento giustificativo per altro venato da ipocrisia, onde ottenere meriti o successi. Certamente, come il suo uguale e contrario, non è stato cantante né improvvisatore di spettacoli pubblici o privati e non ha legato la sua vita agli eventi mondani. Egli ha preferito amare in silenzio la sua famiglia, ma non in silenzio la sua città. Questo attraverso la stima dei suoi cittadini illustri, l’illustrazione dell’intenso patrimonio artistico, sconosciuto a molti concittadini, e la riscoperta delle vicissitudini storiche della città da lui adorata con addirittura il senso se non la smania dell’eccesso. Una città quindi che nel passato più che nel presente, era stata terra di transito da parte di mercanti, banchieri, uomini d’armi e di cultura ed attraverso questi, ha conosciuto momenti di gloria. Purtroppo, e lo ripeto, sempre sottaciuto dai suoi cittadini, troppo spesso colpevolmente dimentichi della loro storia passata. Di natura e di tratto nobiliare, ricordava, senza alcuna enfasi, come un suo antenato fosse stato sepolto, verso l’abside della cattedrale di Milano. Stabilendo in questo modo una naturale sintonia fra la sua città e quella milanese che come sappiamo ha dato i natali al nostro primo personaggio. A questo punto arriviamo al dunque e chiediamoci cosa abbiano in comune questi due uomini così diversi fra loro? Se scomodiamo l’umanità e la cortesia, per quanto siano due virtù importanti, rischiamo di non cogliere fino in fondo il loro senso della unicità. Preferisco allora attribuire ad entrambi un elemento della loro personalità, che della grandezza rappresenta il suo opposto. E mi riferisco all’umiltà con cui hanno realizzato al di fuori degli atteggiamenti più esteriori, quel carisma che li ha resi persone di gran lunga al di sopra delle comuni esistenze. È stata questa umiltà, lo ripeto, che ha fatto di loro, più uomini di strada che non gente di palazzo. Sempre distaccata quest’ultima dai problemi della gente, causa l’alterigia di far parte di una posizione di vertice, ottenuta non sempre con meriti.  In sostanza saper essere galantuomini e nello stesso tempo poveruomini, nel senso morale del termine, non è per nulla facile per le persone normali. Ebbene solo i grandi uomini e loro lo sono stati, sono in grado di ribaltare i valori. E crearne dei nuovi. Pax.

Due uomini solo in parte uguali, ma anche molto diversi. Comunque entrambi grandi

IlPiacenza è in caricamento