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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Famiglia in crisi

Sulla famiglia in crisi si è già parlato molto, ma non tutto si è detto sulle cause. Per farlo, mi viene a proposito la conferenza di Francesco Borgonovo, vice direttore de La Verità, tenuta pochi giorni fa agli Amici dell’Arte. Cosa ha detto allora il giornalista, autore del libro inchiesta: Bibbiano, dal nome del paese in provincia di Reggio Emilia, dove si sono verificati gli scandali legati alla sottrazione di diversi bambini dalla propria famiglia e affidati a nuove mamme spesso legate a movimenti Lgbt? E poi quali i motivi? Presto detto. La denuncia di fantomatici abusi cui sarebbero stati oggetto i figli in famiglia, attraverso fatti costruiti ad arte e poi utilizzati come prove, da parte di assistenti sociali e del loro guru, lo psicoterapeuta Claudio Foti, fondatore del Centro Studi Hansel e Gretel con sede a Moncalieri. L’intento, quello formale di tutelare i minori, ma di fatto la vera motivazione era dettata da condizioni economiche legate alle case famiglia in cui i bambini, una volta sottratti al nucleo familiare, venivano temporaneamente ospitati. Basterebbe questo a condannare i misfatti, ma c’è qualcosa in aggiunta rappresentato da motivi ancora più abietti. L’affidamento di questi minori a persone amiche che non avendo figli (è il caso di donne sposate fra loro) volevano inventarsi una famiglia al di fuori delle normali regole costituite da un padre e una madre. Detto questo, tralasciando i fatti di Bibbiano, affidati ad una inchiesta giudiziaria, una considerazione sulla famiglia, oggi in crisi, si pone. Perché dunque la crisi? Per spiegarla non entrerò nel merito delle questioni religiose, che trovano sostenitori dichiarati e oppositori altrettanto convinti, perché in questo caso la indissolubilità del matrimonio secondo la Chiesa, non consente discussioni. Viceversa preferisco parlare della nostra società, quella che si dichiara laica e che di continuo subisce trasformazioni, specie ai giorni nostri, nei confronti dei costumi, delle usanze e dei principi etici, in particolare riguardo al primo nucleo sociale costituito dalla famiglia. Ed allora osserviamola questa famiglia, nella società contemporanea, dove prima il femminismo, entrato ormai in crisi e poi il cosiddetto me-too, hanno creato nuovi ruoli fra uomo e donna, in relazione alla situazione familiare. Come prima cosa valutiamo allora la componente femminile, la cui prima ambizione è il lavoro. Tramite questo, la donna riesce ad avere una sua autonomia economica e si sente più soddisfatta di se stessa e del suo ruolo.  Ma ogni evoluzione sociale ha un prezzo, se proprio di prezzo bisogna parlare. Il lavoro allontana la donna dalla famiglia e soprattutto, se diventata madre, dai figli. Il risultato è che questi ultimi devono essere associati agli asili nido, come spesso vengono intesi questi luoghi sostitutivi del nucleo familiare. Che questa situazione rappresenti la realtà è un fatto. E le eventuali critiche, sono fin da subito spuntate. Vuoi perché la donna ha diritto di competere anche economicamente con l’uomo per affrancarsi dalla sua vecchia dipendenza, vuoi perché così è strutturata la società. La cui caratteristica è quella di guardare solo al presente, causa la mentalità e la logica del consumo generalizzato e che rappresenta la più alta definizione delle esigenze personali. Lo dimostra il disinteresse dei giovani, che possiamo anche chiamare indifferenza, verso tutti gli aspetti che riguardano la società. Tutti elementi questi che contrastano con il loro modo (dei giovani intendo) di vedere il mondo, orientato alla soddisfazione dei bisogni attuali, caratterizzato da un acceso disinteresse per il futuro. Nasce da tutto questo una contraddizione soprattutto per la donna, in bilico fra autonomia economica ed i bisogno di accudire i figli. Una possibile soluzione a questo dilemma, riguarda infatti lo spegnimento del desiderio di maternità. Non è facile riconoscere le cause di questo stato di cose, perché un po’ tutto c’entra.  Una di queste possibili cause, riguarda il capitalismo estremo, come visione del mondo improntato al benessere economico, costi quel che costi.  Segue poi la cultura liberal molto spesso rappresentata dai movimenti femministi, che col loro radicalismo culturale hanno prodotto una cultura anti tradizione e anti sistema, la quale   ha finito di essere criticata ed è entrata in crisi, causa le sue stesse esagerazioni. Da ultimo, fra le motivazioni citate, il perdurare di una mentalità conservatrice, che per magnificare la vecchia famiglia borghese con il ruolo della donna tutta casa, chiesa e figliolanza, ha cercato di contrastare l’evoluzione del mondo idealizzando la donna madre, lasciando però il padre libero di fare quello che vuole. Dunque per quanto riguarda la famiglia, sia la ideologia liberal, che quella tradizionale e conservatrice, hanno le loro responsabilità. In aggiunta c’è da menzionare anche il fattore costituito dall’ uomo maschio, che  in piena  crisi di identità, sembra  completamente escluso dal  problema famiglia. Ne sono dimostrazione, le leggi del diritto familiare che normalmente in caso di divorzio, sono orientate a previlegiare la donna. Questo in considerazione che quest’ultima oggi, la famiglia può realizzarla da sola, ricorrendo alla inseminazione eterologa o all’utero in affitto. Dove la presenza fisica dell’uomo, non è più indispensabile, sostituito da un seme anonimo conservato in una banca di gameti congelati, pronti al bisogno ad essere utilizzati, onde realizzare la nascita di un nuovo essere. E così soddisfare quella che un tempo veniva chiamata la conservazione della specie. Quali allora le soluzioni al problema famiglia? Andiamo per gradi e cominciamo dall’uomo maschio. Qui le proposte migliorative mancano, per le ragioni già espresse in merito al problema della nascita dei figli e soprattutto per le critiche cui viene sottoposto, sia dal punto di vista dell’evoluzione scientifica che culturale. Insomma oggi l’uomo maschio dà fastidio. Lo dice con una arroganza in cui si potrebbero individuare elementi psicologici (legati all’infanzia?) la giornalista e conduttrice televisiva: Lilli Gruber, detta anche la maestrina rossa. Per lei l’uomo è la causa di ogni male. Dell’inquinamento del pianeta, della corruzione e dell’atteggiamenti aggressivo e punitivo nei confronti della donna, causa un ormone che si chiama testosterone, il quale non servendo più per le nascite, dovrebbe essere spento attraverso una rieducazione in chiave femminista del suo possessore. E la donna invece? Solo buone nuove, ma con un ma, per non essere costrette a rimuovere il problema famiglia. Il modo allora per essere veramente libere e madri?  Modificare il mondo del lavoro.  Riorganizzarlo e renderlo più umano non solo per l’impegno cui le donne sono naturalmente votate (meglio degli uomini secondo quanto si dice) ma in base alla disponibilità di tempo. Insomma lavorare molto ma in poco tempo, la soluzione.  Così facendo sarà possibile per la donna competere economicamente con l’uomo, senza dover sacrificare la famiglia o, anche solo il desiderio di famiglia. Diversamente, in questo stato di cose, i perdenti diventano i figli, gli esseri più deboli del tessuto familiare. Infatti cosa può capitare? Che in assenza di madre (del padre diventa quasi inutile parlare) una schiera di persone garantite da uno stato, il quale con l’intento di fare del bene rischia di diventare stato etico, sono pronte a prenderne il posto. Medici, psicologi, psicoterapeuti, puericultori, insegnanti, assistenti sociali e funzionari dei tribunali per minori, più altri professionisti per qualsiasi cosa tirati in causa, sono pronti a dedicarsi all’educazione di questi fanciulli, un tempo affidati alla sola cura familiare materna. E poiché capita che fra tante persone per bene vi siano anche quelle non per bene , il rischio di cadere nella deviazione o sulla strada sbagliata,  con l’aggravante di abusi e volenze,  sta purtroppo nelle cose essendo determinato da queste premesse. Quello, per ritornare all’inizio dell’articolo, che è successo a Bibbiano.      

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