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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Il negazionismo

Per negazionismo, lo dice la parola stessa, si intende negare alcune verità storiche. Detto così, non ci sarebbe nulla da eccepire, in quanto la verità è e non può non essere come diceva Parmenide. Quindi con un gioco di parole, non può essere la sua negazione. Ma se questo è giusto sul piano filosofico, se passiamo alla storia, le cose cambiano, ed il negazionismo è un insieme di essere e non essere. Cosa si vuol dire? Che esistono varie interpretazioni del negazionismo, fino ad arrivare alla sua negazione. Insomma chiudiamo con le chiacchiere e cerchiamo di esemplificare, perché del negazionismo se ne riconoscono almeno di tre specie. Quello che non si discute, anche se per quanto riguarda il negazionismo, non c’è niente di assoluto e di definitivo, in quanto ci sarà sempre qualcuno che eccepisce. Comunque tralasciando queste frange minoritarie, che sono anche spesso dei minorati mentali, mi viene d’obbligo riferirmi agli sciagurati crimini del nazi fascismo di tipo prevalentemente razziale nei confronti specialmente degli ebrei. Con la pianificazione scientifica di milioni di morti, uccisi esclusivamente causa la farneticante idea dell’appartenenza ad una razza inferiore. Una verità storica questa, che chi la nega commette addirittura un reato. Detto questo sembrerebbe tutto chiaro a proposito del negazionismo, ma se passiamo ad altri crimini, tipo quelli compiuti dai regimi comunisti, la cosiddetta verità storica si complica. O meglio si sfuma. Infatti se quasi nessuno nega, molti cercano di trovare nelle pieghe della storia, delle giustificazioni che generalmente sono di tipo ideologico. Secondo cui, ciò che doveva essere un bene, l’idea o l’utopia socialista, si è spesso trasformato in male, sotto forma di deportazioni, privazioni e massacri vari, nei confronti di dissidenti.  Quindi se dalla negazione quasi assoluta del negazionismo, siamo passati ad una negazione chiamiamola incerta o moderata, esiste una terza possibilità che quasi è indotta a negare la natura stessa del negazionismo. Entro allora nel merito. Il dieci febbraio si ricorda la giornata del ricordo. Quale ricordo? e lo dico alle giovani generazioni. Quello che si verificò verso la fine della guerra e nell’immediato ultimo dopoguerra (sono gli anni che vanno dal 43 al 47) nei territori dell’Istria, Dalmazia e di Fiume. Dove una vera pulizia etnica venne attuata dai titini, i cosiddetti partigiani jugoslavi, nei confronti della popolazione italiana.  Il mezzo per l’eliminazione fisica senza poi lasciare tracce, le foibe. Delle fenditure o crepacci a fondo chiuso formatesi nella regione istriana per fusione delle doline,( il termine foiba deriva dal latino fovea) in cui diverse migliaia di italiani, (le cronache ci dicono più di 11 mila) vennero gettati per la loro eliminazione fisica. Ma anche storica se non ci fossero state le testimonianze di chi venne a conoscenza dei fatti, quanto meno per sentito dire. Perché dei cosiddetti infoibati, non ci furono sopravvissuti. Cosicchè foibe e verità storica vennero entrambe negate per almeno alcuni decenni dopo i crimini. Anche se, nel frattempo, circa 350 mila italiani di quelle zone per sottrarsi ai massacri della pulizia etnica migrarono dopo aver perso tutto. Migrarono- dicevamo-  verso l’Italia, secondo una definizione sbagliata perché anche la loro terra era Italia. Fu dunque una popolazione che cercava una nuova sistemazione per salvare la pelle, ma che scandalosamente non ebbe nessun sostegno da parte dei connazionali. Ma solo umiliazioni e offese di ogni genere. Il perché? Portavano ingiustamente il marchio di essere considerati fascisti e quindi sgraditi al nuovo corso storico che col fascismo aveva chiuso tramite la guerra di liberazione. Dunque si doveva dimenticare la storia passata. Ragioni di opportunità politica e di strategia geopolitica dovevano creare la dimenticanza. Con i comunisti alle porte di casa (la Jugoslavia) ed un partito comunista in casa che per quanto sconfitto dalle elezioni del ’48, era forte di numero e di infatuazioni verso l’est , per intendere il regime sovietico, non bisognava ricordare troppo. Anzi meglio non ricordare niente. L’oblio imposto, addirittura vinceva sul negazionismo, appunto perché non c’era bisogno di negare quello che non si doveva ricordare. Solo, come dicevamo, dopo alcuni decenni il raffreddamento della cosiddetta guerra fredda, portò qualche soffio di voce. Poi di voce in voce, la scoperta di una terribile verità che riaffiorava dalla memoria volutamente obnubilata. Ma non era ancora tempo di chiarire. I cosiddetti si dice, diffusi di gente in gente, ancora infastidivano sia chi li aveva soffocati nell’oblio, sia chi sapeva ma per ragioni di pacificazione sociale o di opportunismo era stato zitto. Ed al silenzio era subentrata forse la vergogna. La soluzione per tutti la offriva il negazionismo, che in pratica voleva dire far finta di niente, fintanto che la verità prese il sopravvento. I fatti vennero alla luce come i numerosi cadaveri scoperti nelle foibe cui si cercò di dare un nome ed una sepoltura. Sconfitto l’oblio, si poteva pensare di vedere sconfitto il negazionismo. Ma non fu così e per molti aspetti non lo è ancora. Subentrò infatti un negazionismo diverso che si trasformò in un possibilismo. Insomma ammesso la possibilità che fossero successi i fatti, questi erano giustificati. Se non completamente, almeno in parte. La vera causa? Il fascismo. Diventato oggi il solito onnipresente e immancabile imputato non solo della storia passata, ma anche di quella presente, anche se fortunatamente non esiste più, se non nelle fantasie degli antifascisti sempre alla ricerca di un capro espiatorio per qualunque cosa  a loro non gradita. E si spera non debba mai più ricomparire.  In questo modo da un negativismo possibilista, si è giunti recentemente ad un negazionismo giustificativo. Alle aberrazioni fasciste si contrappongono e si giustificano spesso quelle comuniste, secondo la tesi sostenuta in questi giorni alla biblioteca del Senato, dove la rievocazione ufficiale del giorno del ricordo è stata affidata all’Anpi. Un’Associazione con il dovere di ricordare, ma nello stesso tempo con il piacere di giustificare.  Insomma, ripetendoci, un’Associazione che ricorda e nello stesso tempo giustifica. In questo modo abbiamo scoperto un’altra sfumatura del negazionismo. Quello che della storia scopre ed insieme copre i fatti. Che non nega, ma se ammette, lo fa con riserva. Che condiziona i libri di storia con precisazioni ed infiniti distinguo che rendono le pagine, se non bianche, poco scritte, oppure scritte in modo veloce, asettico, poco documentativo. Come se le migliaia di morti infoibati non fossero esistiti. E non gridassero giustizia. Ecco perché le giovani generazioni non sanno. Esse non hanno dimenticato, semplicemente non hanno avuto modo di leggere e di studiare i fatti. In questo modo il negativismo è diventato vincente senza neppure il bisogno di negare se stesso.          

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