rotate-mobile
Venerdì, 26 Aprile 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Il tempo, quello nostro, dell’eresia

Eresia in greco vuol dire scegliere. E qui sta la contraddizione del termine. Infatti oggi si preferisce non scegliere o ancora meglio scegliere di non scegliere. Cosa voglio dire?  Che la mentalità e gli interessi di oggi sono rivolti più all’apparire che a dimostrare di essere. Si preferisce insomma la vita comoda e poco impegnata a quella legata alle responsabilità ed al merito. Ognuno infatti pensa di valere per quel che la sua immagine offre.  In pratica per come si presenta nell’atteggiamento del vincente, presso il pubblico. La dimostrazione è che ognuno vanta pretese come fossero diritti, che sono spesso solo egoistici desideri, tutti orientati  a concepire  una esistenza soddisfatta da esigenze di  carattere economico. Quale sia la verità del vivere è difficile sapere e comprendere. Anzi possiamo dire che si contrappone ad essa, oggi, come collante del vivere, una certa forma di libertà. La quale appunto perchè frazionata a seconda degli interessi di parte, non è più legata al senso della verità.  Infatti questa, se mai esiste, la ritroviamo confinata nel solo aspetto economico che rappresenta l’unico motivo di stimolo interessato per cogliere il senso dell’esistenza. Per alcuni potrebbe essere, espressione di verità, anche la scienza, ma nonostante i suoi meriti  nel campo ad esempio della salute, è proprio in questo ambito che buona parte della sua presunta verità si è frantumata. Abbiamo sperimentato questo aspetto proprio in occasione della pandemia, dove i cosiddetti esperti, i virologi, si sono espressi in modo contraddittorio, pur con l’arroganza di vantare ognuno una propria verità.  Ma andiamo avanti con un’altra contraddizione.  Risulta infatti come la libertà sganciata dalla verità, è diventata patrimonio oggi in modo particolarmente  e drammaticamente evidente  all’interno della Chiesa, in merito al problema fede. Dove la piaga di una secolarizzazione sempre più diffusa si è accomodata perfino all’interno dei confessionali. Il risultato, la dipendenza nei confronti del potere temporale, che abbiamo sperimentato recentemente durante i mesi del lockdown, allorchè  le funzioni religiose e le  frequentazioni alle stesse dovevano assoggettarsi ai vincoli cosiddetti scientifici. Tuttavia la cosa non finisce qui. Anzi si amplia. La caduta del sacro infatti, è percepibile in quasi tutti gli strati della nostra società. Difficile indagare i motivi e le cause. Probabilmente si è creata una nuova antropologia che non sente più il senso della precarietà della vita e non si pone il problema del destino ultimo dell’uomo.  Ritornando alla fede, la sua  caduta  è rivelata dal fatto che solo il 10%della popolazione, in Europa, frequenta le messe domenicali. Oltre alla caduta della fede   o forse proprio per questo, anche l’architettura delle nuove chiese risentono del processo della  desacralizzazione. Fabbricate per un tempo contingente e non per quello eterno, sono luoghi di incontri senza o con pochi  simboli, che costituiscono nella loro genericità, una occasione  al massimo di condivisione assembleare, ma limitata al tempo e al luogo contingente, senza  alcuna vocazioni a trascenderli. Dunque come la fede anche l’arte oggi è in crisi di astinenza. Non valgono più le opere che dovrebbero rivelare il trionfo della fantasia creativa in un contesto di consolidata tecnica espressiva. La contestazione della verità anche a livello artistico tende a privilegiare il libero pensiero, indipendente dalle forme. Dunque  poiché tutto è arte,   nulla è arte.  Ognuno è libero di interpretare l’arte secondo i propri gusti, e  questa  cosiddetta libertà  di pensiero, è l’unico mezzo per definire  il concetto  di arte, non più in modo visibile, in quanto nascosta all’interno delle emozioni senza potersi esprimere. Ma ritorniamo alla fede e al magistero della Chiesa. Dove il primo nemico della libertà è oggi il dogma. Il modernismo mescolato allo gnosticismo ha ucciso  allora il dogma, che rappresenta il riconoscimento della religione vera,  attraverso  la verità rivelata. Quest’ultima, oggi misconosciuta, ha subito una eretica trasformazione, avendo perso il suo carattere immutabile per   adattarsi alle mutate condizioni del tempo.  Se il dogma perde, la teologia non vince. Dovendosi  confrontare, onde passare in secondo piano,  con l’ecologismo, il sincretismo irenico e la tolleranza. Per finire con l’ammettere l’uguaglianza davanti a Dio, senza però precisare quale essa sia o come debba essere. L’attuale Chiesa di Papa Bergoglio incamminandosi su questa strada, ha fatto proseliti soprattutto in Germania. Il sinodo dei vescovi infatti proprio in quella terra che diede i natali a Lutero sembra infatti che non si accontentino delle aperture bergogliane all’insegna del modernismo. Propongono un cambiamento più radicale  nella Chiesa moderna e modernista, quale l’abolizione del celibato, il sacerdozio femminile. Ed in più ritengono moralmente e teologicamente giustificato la benedizione alle coppie gay. Una nuova riforma protestante si sta quindi riproducendo nella terra dell’ex  monaco agostiniano, considerato ai suoi  tempi il nuovo Mosè teutonico.  Per lui la parola libertà, non coniugata alla verità, acquistava una importanza assoluta. Per lui, ognuno era libero di interpretare la parola di Dio (sola scriptura), fidando solo sulla personale assistenza dello Spirito Santo. Ne derivava una libera e soggettiva interpretazione della volontà di Dio con la conseguenza di ancorare la fede ai luoghi, al tempo e agli interessi di vari personaggi.  Ebbene, l’impressione che questa interpretazione della fede si sia consolidata anche in ambito cattolico, è non solo un semplice sospetto, ma è diventata, nel corso di questi ultimi anni, una certezza. Col risultato, come dicevo, di rendere la libertà completamente separata dalla verità. Che per il cattolico, lo ribadisco, è solo quella rivelata. La quale verità non si adatta, ma obbliga. Non si lega all’individuo ma riguarda tutti i suoi seguaci, indipendentemente dalle condizioni di censo e di importanza sociale. Per questa ragione la Chiesa si è definita cattolica, il cui significato  tradotto dal greco significa  aperta a  tutti, quindi  universale. Ce lo ricorda San paolo con queste parole che non ammettono dubbi: non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero, non c’è più né uomo né donna, poiché tutti siete uno in Cristo. Oggi però le cose sembrano cambiate tanto che in molti ambienti definiti cattolici si pensa alla riabilitazione di Lutero, attribuendogli delle ragioni e gran parte dei torti alla Chiesa. Il paradosso è che si scambiano i termini del raffronto, tanto che quello che ieri sembrava in odore di eresia, oggi per un gioco delle parti, può permettersi di scambiare le carte in tavola. E di gettare addosso l’accusa di eresia ai suoi antichi accusatori. Storie di fedi queste che, mi rendo conto, non  possano interessare gli agnostici. Per questi ultimi infatti esiste solo la scienza. E qui urge una precisazione. Infatti non cadiamo nel tranello di criticare la scienza. Ad essa dobbiamo molta riconoscenza per aver migliorato le condizioni di vita dell’uomo e anche la sua longevità attraverso la scoperta delle cure nei confronti delle malattie. Ma su una cosa la scienza è ancora in difficoltà. Mettiamola  allora nella condizione di rispondere alla domanda di Pilato, quid est veritas, dunque  qual’è la verità?. Dalla possibile risposta, sarà facile evidenziare qualche incertezza. Ed allora, veniamo al dunque.  Se la verità non è, allora tutto è permesso. Ma se questa è, senza la libertà,  diventa ben misera cosa. Esattamente come ha sempre insegnato la teologia cristiana.                 

Il tempo, quello nostro, dell’eresia

IlPiacenza è in caricamento