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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Kafka è ritornato

Vi ricordate di Kafka che di nome fa Franz? Quello scrittore boemo che visse e scrisse nel primo periodo del ventesimo secolo e di cui rimangono soprattutto impresse fra le gente , più che il suo libro forse maggiormente conosciuto: Il processo, le sue teorie di difficile interpretazioni che riguardano la difficoltà del vivere? In sostanza il senso dell’incomunicabilità e dell’impossibilità da parte dell’uomo di reggere il peso dell’angoscia. E di trovare soluzioni al mistero della vita al fine di dare possibili risposte alle questioni che riguardano lo stesso senso di stare al mondo, schiacciato fra l’impotenza di trovare risposte al male esistenziale e nello stesso tempo la inconsistenza della presenza di Dio? Ebbene  anche se nessuno o quasi ricorda fra le sue opere: La metamorfosi, Il Castello o La condanna, qualcosa di lui assilla il nostro modo di vivere, tanto che possiamo dire che le sue inquietudini sono diventate le nostre. Entro allora nel merito e mi riferisco ad un caso che riguarda il  comune di Erice in Sicilia. Dove un uomo, con tutti gli attributi maschili, ad un certo punto della sua vita, in pratica a 53 anni di età, decide di cambiare sesso ,senza nemmeno   sottoporsi ad un intervento chirurgico, che almeno possa giustificare  almeno sul piano di un certa amputazione anatomica il suo desiderio. Una questione questa, mi riferisco all’intervento, considerata ininfluente dal tribunale di Trapani che ha concesso  sia il cambio di nome, diventato Emanuela, sia  di sesso con la massima naturalezza. Come se il desiderio  del personaggio in questione ,fosse sufficiente a  creare burocraticamente un nuovo individuo. Ecco allora il punto e chiediamoci kafkanamente quali siano i nuovi diritti e quali i doveri. Di quest’ultimo punto che sono i doveri meglio non parlare. Sono ormai diventati cose superate. Questioni che riguardano un passato della cui memoria meglio dimenticarsi ,in quanto considerata poco moderna e quindi come da sempre pontifica la sinistra, poco democratica e non più in linea con le nuove esigenze.  Le quali sono solo quelle dei nuovi diritti, che riguardano il singolo uomo e  non tutta la società. E di conseguenza  coinvolgono lo stato con tutte le sue responsabilità. In pratica viene abolito il significato  e l’esistenza della comunità sociale, come noi siamo abituati a considerare ,dove per ognuno esiste  o dovrebbe esistere una modalità del vivere. In cui la libertà deve coniugarsi con la giustizia collettiva. Tutta roba  vecchia questa.  Come sono pure da buttare nei rifiuti quegli adempimenti  burocratici in cui lo stato  attribuisce importanza al fine  di creare una omogeneità fra diritti , diventati desideri ,ed  i cittadini. E mi riferisco alle carte di identità, alle attribuzioni di sesso, ai codici fiscali e perfino alla patente di guida. La tragedia è che la  condizione distopica oggi governa  le nazioni e purtroppo bisogna prenderne atto. Ognuno vuole e lo stato  non fa altro che certificare quello che il desiderio comanda. Oltre che il sesso anche la propria età anagrafica ha le ore contate. Se uno al posto di 65 anni se ne sente dieci o venti di meno, è sufficiente che lo dichiari all’ufficio preposto e le cose si aggiustano in base ad una burocrazia , diventata a comando. Quindi si eliminano  principi e regole in quanto i dati reali non corrispondono più alle nuove esigenze, sempre più virtuali.  Per realizzare ogni desiderio, ci si mette anche la legge in base alla quale l’individuo deve sentirsi libero di decidere cosa fare della propria esistenza. In apparenza tutto questo potrebbe sembrare il trionfo della libertà, anche se  intesa come anarchia.  E Così l’uomo dipende dallo stato che non fa altro che registrare i desideri  individuali e renderli accettabili per legge. La sintesi è che tutti diventano possessori di un potere che come diceva Kafka non abbisogna più di Dio. E men che meno dei suoi comandamenti. È infatti lo stato che macina tutto quello che  gli viene gettato dentro, in base ai nuovi comandamenti individuali, comprese le identità. E se tutto questo ci porta verso l’arbitrio, a nessuno interessa. Ci dirigiamo in sostanza verso un totalitarismo dei desideri in grado di dissolvere usi e costumi su cui fino a ieri si basava il senso del vivere. Perché tu sì ed io no, diventa  la frase, un vero e proprio mantra, per acquisire  nuovi diritti e nello stesso tempo per distruggerli. L’utero in affitto ed il feto rifiutato, ne rappresentano le possibili complicanze a quella che può considerarsi, la dittatura del solipsismo. Per la verità lo stato ne diventa l’interprete ed il mallevadore, attraverso  la nuova moda culturale. Con l’esercitare fin dalla prima infanzia l’indottrinamento nelle scuole  nell’assecondare ogni desiderio e con l’autorizzare perfino trattamenti ormonali fin dalla giovanissima età. Così facendo cerca di mantenere surrettiziamente in vita la società, intesa anzi malintesa come casa comune, offendo a tutti analoghi strumenti per difendere i nuovi diritti. Tuttavia qualcosa non torna e di fronte a tutta questa anarchia di comportamenti, qualcosa dell’antica abitudine di tutelare le differenze sembra si stiano formando. Come il caso delle competizioni sportive femminili, dove il trans sbaraglia il campo causa la sua superiorità muscolare. Soprattutto in specialità come la boxe, dove non è per nulla simpatico assistere alla frattura del cranio femminile per i colpi subiti da un ex maschio che in fatto di pugni continua ad essere tale. Ma ritorniamo a Kafka. E mi riferisco al  suo libro: Il processo, che ormai troppo tempo addietro, lessi con molta attenzione e nello stesso tempo con molta riflessione, dove lo stesso autore non prevedeva fra i tanti declini sociali, l’attuale moda del genere Woke. In base alla quale, lo stato agisce come  abbiamo riportato, legittimando ogni devianza individuale. Tuttavia, va detto che questa situazione attuale non toglie nulla al romanziere cecoslovacco. Anzi lo esalta per la sua preveggenza di non voler pensare al futuro perché gli bastava  già la situazione del suo tempo. In cui i germi dell’incomprensione e della vergogna del vivere erano già talmente  presenti nella quotidianità, che ogni desiderio non era nemmeno considerato una opzione  plausibile, per cercare di far fronte all’insoddisfazione esistenziale. Ebbene oggi abbiamo fatto l’ operazione inversa, affidando ai desideri individuali la possibile soluzione all’impossibilità del vivere. I risultati non ci confortano e dobbiamo rendere ragione a kafka a circa 100 anni dalla sua morte (1924). Infatti la sua visione degli “ strambi e dei visionari” in cui la sua vita tribolata e tormentata  si era dovuta confrontare  con la realtà, devono indurci ad  un doveroso, anche se tardivo ,ammonimento per la situazione dell’oggi. Che allora avesse ragione l’autore del Castello? Tristemente, ma con quel po’ di senso morale che conservo, mi auguro di no. Essere ottimisti nella sventura, psicologicamente  parlando, può configurarsi come un complesso di alienazione. Ma essere un po’ alienati, per seguire un pensiero divergente, se non è un merito non è nemmeno una maledizione.

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