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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

L’è el di di mort alegher

E’ questa una tipica espressione milanese che vuol significare una condizione psicologica tesa ad esorcizzare un fatto triste che si riferisce appunto al giorno dei morti. Un invito quindi a non essere preoccupati della morte, tanto non ne vale la pena. Anzi visto che prima o poi la morte arriva comunque, finchè siamo in tempo, divertiamoci e non pensiamo a quel che toccherà anche a noi come a tutti i mortali. Detto in questo modo, la frase sembrerebbe nella sua banale semplicità, una provocazione. Una scandalosa voglia di eterno su questa terra. Meglio ancora una schizofrenia del pensiero che si rifiuta di accettare gli eventi legati alla condizione umana. Ma quel che sembra non è sempre quello che la realtà vuol invece intendere. Infatti, quella frase non vuole negare la ricorrenza del giorno dei morti con quel che comporta in fatto di liturgia verso i nostri defunti. Solo vuole dimostrare di volerli coinvolgere in un ricordo, che siamo certi, loro stessi, vale a dire i trapassati, sarebbero contenti di vederci non preoccupati. Anzi allegri. Così vorremmo pensare, possano essere i nostri amici o parenti. I quali nella loro dimensione di aver lasciato la terra, li immaginiamo possano vantare una loro tranquillità rapportata ad un eterno. Che questa volta non si cura delle preoccupazioni terrene, in attesa di una veste che al gran dì sarà sì chiara. Dunque contenti loro, viene da chiederci perché anche noi non dovremmo esserlo? Quindi stiamo allegri. Ma attenzione.  Qui non si tratta di una allegria di chi vuole esorcizzare un evento senza prima pensarlo. Anzi è proprio il pensiero che attraverso il ricordo di chi ci ha preceduto muove il nostro desiderio di sentirci in pace, prima con loro e poi con noi stessi. Il perché è che non siamo soli in quanto i trapassati vivono ancora dentro di noi, attraverso i tanti esempi e messaggi che ci hanno lasciato. Per chi ha la memoria corta le ricorrenze servono a questo. A ricordarci quello che siamo diventati attraverso ciò che abbiamo ricevuto in termini di affetto e di un lascito di esperienze e di buoni consigli da parte di chi ci ha preceduto. Come ringraziamento essi meritano i nostri fiori che per un po’ abbelliranno la loro seconda janua o porta. In attesa, religiosamente parlando, della terza. Ecco allora perché bisogna essere allegri per vincere quella paura della morte che coloro che sono andati dall’altra parte ormai hanno superato. E poichè nonostante quanto detto la paura esiste, bisogna trovare in comune accordo con il trapassato, quelle soddisfazioni che finchè siamo da questa parte danno senso e scopo alla vita. La quale deve essere alleggerita e se possibile dolcificata. Ce lo ricordano, i negozi di genere alimentare che in questa occasione hanno addobbato le loro vetrine con ogni genere di leccornie.  In particolare   le varie pasticcerie che offrono per l’occasione dolciumi di cioccolato o di pasta dolce e biancastra che per la loro forma vengono chiamati ossa dei morti. Nessun scandalo per queste immagini. Solo il desiderio di dolcificare i ricordi e di renderli ancora più vicino a noi. Quello che voglio dire è che lo stare per l’occasione allegri, celebra nel modo migliore il culto dei morti. Questi si alimentano ormai in modo diverso, ma noi che dobbiamo fare i conti con il sacco che ci portiamo addietro, non possiamo far altro che riempirlo di cibo, il più possibile appetitoso e gradito. Alla memoria di chi non c’è più.  Almeno fino a quando non oltrepasseremo la linea che divide i due mondi. Il qua ed il là. Ben diversa la nuova moda importata dal mondo anglosassone chiamata Halloween.  In questo caso l’allegria è solo di superficie. Mancano i ricordi ed il culto dei morti sono sostituiti dal culto dei vivi, ma attraverso una parodia del vivere. La maschera della morte, tragica e ammonitrice, viene rimossa come un evento che sembra non interessare alle nuove generazioni. Tanto che se deve riguardare qualcuno, esse dicono, non deve interessare i seguaci del dolcetto scherzetto.  L’io, elevato a temporanea divinità, di questo non deve interessarsi. Ha bisogno di una maschera come quella che i giovani si portano addosso rievocando fantasmi e mostri terrorizzanti che sono tali solo nella finzione. Come il sangue che diventa solo vernice rossa da imbrattare costumi carnevaleschi per ridicolizzare quello vero. Zucche vuote (in tutti i sensi) con all’interno lumi di cera che espandano la luce attraverso aperture a significare occhi e bocche, sono anch’esse funzionali a creare una rappresentazione di cattivo gusto dove scherzi e scherzetti si mescolano in una parodia del vero che di questo non conserva nulla della realtà. Fantasmi e finzioni con i loro toni grotteschi dividono la popolazione. Da una parte stanno i giovani che della vita hanno appreso solo la parte ludica come se fosse un gioco senza fine e dall’altra gli adulti che stanno ad osservare con una certa commiserazione quei ragazzi ben diversi da come un tempo erano stati loro stessi. Che non avevano bisogno di ricorrere a quel farneticare di maschere e finzioni, onde prepararsi ad un futuro con ben altri intenti, interessi e le conseguenti preoccupazioni. Poi c’è la terza età, quella degli anziani da considerare una via di mezzo fra gli uni egli altri. Sono quelli che hanno ancora il culto dei morti e che si recano sulle tombe dei parenti deceduti, per abbellirle portando fiori e recitare preghiere. Giunti sul posto di fronte ad una fotografia, sentono la commozione del ricordo che diventa intenso e a volte struggente, ma non paralizzante. Infatti paradossalmente questo il più delle volte li rinfranca, al punto che il senso della vita riemerge attraverso la necessità di soddisfare qualche piacere del corpo. A dimostrazione di voler ritardare il più possibile l’hodie mihi e cras tibi.  Insomma ritardando l’oggi a me , domani a te, accontentiamoci dell’oggi e del domani ci  penseremo dopo. Stiamo allora allegri, nel giorno dei morti, come dicono a Milano e lasciamo le maschere di carta e le zucche ai giovani che seguendo le nuove mode possono vantare una allegria diversa. Senza pensieri e immune dai ricordi che se anche tristi possono rendere la vita meno amara.  Ricordando e ringraziando i defunti non facciamo altro che seguire il ciclo della vita.  Così facendo in futuro sarà possibile che qualcuno ringrazi anche noi. Con allegria.     

L’è el di di mort alegher

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