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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

L’e’ el di di mort alegher

Lo dico in milanese per almeno due motivi. Perché si capisce, anche senza traduzione e perché Milano la considero la mia città di adozione. Ma c’è anche una terza ragione che vi spiegherò strada facendo. Dunque il due novembre è la ricorrenza dei defunti. Ognuno va al cimitero ed anch’io vado. Vedo, anzi osservo, la gente che con mazzi di fiori, quasi sempre crisantemi, affollano i vialetti che conducono ai vari reparti. Le tombe si presentano con facce nuove. Ognuna è linda e ornata di fiori freschi. Fra tante ce ne sono però anche alcune che suscitano depressione e tristezza. Sono quelle abbandonate da tanto tempo per la mancanza dei parenti di quell’anima sepolta, che non anima più nessun ricordo. Nel via vai della gente che percorre i sentieri ricoperti di ghiaia, si incontrano conoscenze di persone più vecchie che giovani, in quanto al cimitero sono soprattutto gli anziani a ricordare i defunti. I giovani hanno altro cui pensare. Buongiorno, anche lei qui e come sta? È la frase che si usa negli incontri un po’ dappertutto, ma soprattutto in questo luogo dove la vita e la morte sono separate da quello sprazzo di salute che dura qual tanto che dura.  Le tombe dicevo. Osservo le scritte sulle lapidi che ricordano il caro defunto e che sono quasi tutte simili. Il ricordo infatti si esprime nel luogo comune che parla di doti di bontà e di dedizione al lavoro e alla famiglia da parte di chi un tempo era stato. Sopra le scritte, sono poste le foto racchiuse in piccole teche di vetro per ricordare anche visivamente il trapassato.  Ne riconosco alcune e la loro vista si carica di nostalgia. Sono soprattutto quelle che riguardano gli amici o le persone che a noi sono state più vicine per comuni e condivise esperienze di vita che maggiormente inducono a questi sentimenti.  I quali diventano poi riflessioni sul senso della vita. Anzi trovandosi in quel luogo, sono pensieri che riguardano il senso della morte. Avanzo intanto alla ricerca tante memorie, comprese le mie, trasformate in tumuli ricoperti di pietre e lapidi. E di ceri che accesi con il loro tremolante chiarore, almeno per questo giorno accompagneranno le tenebre che stanno sottoterra.  E che rimarranno tali, nella loro immobilità, senza alcuna possibilità di essere risvegliate da quel fioco lume. I sentimenti intanto diventano multipli e variegati, anche se uniti dal comune senso di tristezza che concerne quel che siamo e quel che, presto o tardi, saremo.  Infatti anche la meraviglia e lo stupore, per quanto non sembrino richiesti, concorrono ad affollare la mente. Mi stupisco infatti di non essermi accorto di quanto fosse capitato alla vista di una fotografia e mi meraviglio nello stesso tempo di non aver contribuito con la mia presenza alle esequie. Il cimitero infatti tutto chiarisce e tutto livella. Le tombe nella loro severità non lasciano spazio al sentimento, quello espresso dall’io pensavo che. No, no qui i dubbi svaniscono. Le certezze diventano totali nella loro immobile ineluttabilità. La vita che scorre e poi passa rappresenta la dimostrazione di questo comune destino. Ed allora capita che i ricordi si coniugano col senso cristiano dell’estote parati, che vuol ricordare ad ognuno di stare pronto e preparato per quel che dovrà capitare. Oppure anche dell’Hodie mihi cras tibi, che con altri termini vuol dire la stessa cosa, perché il domani per ognuno non lascia scampo. Ma strano a dirsi fra i pensieri di morte, nel luogo della morte, riaffiora anche la vita. Succede infatti quel che capita fra gli opposti. Che una cosa rimanda al suo contrario, a volte anche senza nemmeno rendersene conto. La base di tutto è quell’incomprensibile attaccamento alla vita legato, non si sa come, alle nostre cellule. In altri termini, mi riferisco alla salvaguardia di quella miscela di pensieri, azioni e aspetti corporei che pur non degrado dell’età si rifiutano di accettare la morte, con l’illusione di una immortalità sognata e irrealizzabile che al pari di una schizofenia si rifiuta di cogliere  la realtà per quella che è. L’egoismo individuale forse ne è la causa. Sta di fatto che i pensieri tristi, in quel luogo triste, lasciano, quasi improvvisamente, spazio a qualcosa di apparentemente incomprensibile. Una voglia insperata di abbandonare il luogo di morte si presenta al cospetto di un pensiero fino a quel momento incompreso. Ed il corpo segue il nuovo pensiero che è stoccato nella mente. Si guarda dalla parte opposta verso l’uscita che fino a quel momento era stata solo l’entrata. Il desiderio di ritornare alla vita si trasforma nello stimolo a fare passi indietro. In fondo la giustificazione, per il nuovo intento, sembra valida. Aver ricordato i defunti ed aver pregato per loro, diventa un movente più che sufficiente. Ma ora è subentrato il poi che prende il sopravvento. Quello che corpo e pensiero desiderano. Si esce allora dal cimitero e si affronta una realtà diversa. Le gente ha un passo più affrettato in direzione di una macchina che ha aspettato pazientemente il ritorno dei suoi occupanti. I fiori si dimenticano e al loro posto si sente un odore di castagne che stanno per abbrustolire sul fuoco di una grande padella che un uomo gestisce ruotando di tanto intanto il contenuto per trasformare le castagne in caldarroste Fino a farle diventare calde e scottanti se le prendi per mano, ma rimanendo morbide, fragranti e croccanti, ma non lignee qualora dovessero  bruciare . Ognuno allora compra il suo sacchetto per pochi euro e poi comincia a sgranocchiare il contenuto. Una per una, la caldarrosta soddisfa il piccolo pasto. Il corpo sta prendendo il sopravvento sul pensiero, in cui il ricordo di qualche minuto addietro è ancora presente, ma spinto in una dimensione lontana. Tanto lontana e remota che per il momento, sembra svanito nella memoria. L’esperienza prima vissuta con il suo carico di meditazione e di tristezza lascia allora il posto alla vita che pulsa. Lo dimostra fino ad infastidire, il via vai convulso delle auto con i loro clacson che strepitano ogni qual volta subentra un rallentamento del traffico. Ognuno ha fretta ed ognuno vuole ritornare a casa al più presto, dove lo aspettano figli o nonni che per varie ragioni non li hanno accompagnati.  Ma che sono vivi e vegeti pur con tutti i loro problemi, contrariamente alle persone visitate in precedenza. La sera una pizza mangiata in compagnia farà da sfondo alla visita della giornata dedicata ai defunti, assieme a qualche bicchiere di vino. Il brindisi con i calici o bicchieri alzati che si toccano, concluderà il giorno dei morti. L’estote parati, vale a dire lo stare pronti per il gran momento che avverrà, almeno per oggi e anche per il domani viene dimenticato. La vita deve continuare nonostante el di di mor. Dunque alegher.    

L’e’ el di di mort alegher

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