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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

L’era post-democratica

Sì ci siamo. Il mondo cambia e la democrazia è in fase agonica. Gli eventi che vediamo lo stanno a dimostrare. Una certa stanchezza legata a quel modello, detto democratico, rappresentava il meglio del vivere a livello dei paesi più civilizzati. Ma ora sembra si sia stancata   del modo di affrontare i problemi del vivere. La frenesia del progresso in fatto di sviluppo tecnologico con il conseguente aspetto della comunicazione che è diventata mondiale, sembra abbia bisogno di tempi nuovi, più rapidi e quindi più in linea con la modernità. Riunioni troppo lunghe ed altrettanto troppo frequentate, come la democrazia comporta, con il loro effetto di discussioni legate a visioni differenti fra i vari partecipanti, sembra non siano più compatibili con le nuove esigenze, dominate da un potere tecnologico in grado di velocizzare il tempo, attraverso il nuovo credo che ha il nome di algoritmo. In sostanza, lo vediamo anche da noi. Infatti il Parlamento che rappresenta(va) la vera condizione di un sistema democratico, sembra diventato un ostacolo. Lo abbiamo già valutato al tempo dei famosi Dpcm di Conte, quando la pandemia autorizzava ad assumere decisioni rapide nell’interesse della salute pubblica. Un uomo solo al comando, anche se non eletto, rappresentava la condizione del fare ed in sostanza del fare bene. In base a questo schema, anche l’informazione ne è diventata parte in causa. In quanto foraggiata dalla grande industria farmaceutica, ha eliminato ogni opinione contraria a quanto stabilito, secondo il dogma del bene collettivo. Da quella fase pandemica non ci siamo più liberati. Infatti è di questi giorni che gli stati aderenti all’Organizzazione mondiale della Sanità, voteranno una risoluzione, secondo la quale, ogni aspetto riguardante la salute dei cittadini, sarà affidato a questa organizzazione. La salute quindi diventa patrimonio non della libertà dei singoli cittadini e nemmeno  come espressione di un organismo nazionale , ma risulta al servizio di un ente sovranazionale, che avrà il potere di stabilire ogni  regola in fatto di gestione delle malattie, comprese quarantene, passaporti vaccinali e quant’altro deciderà di fare. Che questo potere sia finanziato dalla grande industria farmaceutica, sembra avere scarsa importanza. Come anche attribuire a questa organizzazione un secondo potere, quello dell’immunità assoluta. Secondo la quale i suoi membri non potranno essere processati ed eventualmente condannati in caso di errori o mancanze. In sostanza tecnocrati non eletti, avranno il potere che dovrebbe invece spettare ai comuni cittadini, i quali a loro volta attraverso il voto democratico, dovrebbero affidare ai loro rappresentanti parlamentari, ogni decisione. Dalla sanità alla politica la questione non cambia. Il potere in mano ai pochi decide cosa sia giusto fare e gli altri, la cosiddetta massa, obbedisce. Il dissenso infatti comporta discussioni e prese di posizioni che si debbono dibattere nei vari Parlamenti. Ma in caso di emergenze come è avvenuto ieri con la pandemia (per la verità ancora in corso) ed oggi per la guerra in Ucraina, bisogna fare presto. Il tempo stringe e le decisioni da prendere pure. Decido io, ha detto recentemente Draghi, dimostrando l’intenzione, in caso contrario, di lasciare tutti nelle loro infinite discussioni, per poi essere libero di prendere altre strade. Dunque se ne deduce che discussioni e confronto delle idee, fino a ieri considerate il sale della democrazia, sono oggi diventate un inutile appesantimento al fine di prendere decisioni.  Tutto sembra dover rispettare tempi e modi che devono essere rapidi e anche condivisi. Il dissenso in sostanza va contro il tempo della tecnologia ed il potere economico è diventato l’unico elemento che rende ogni decisione o buona o cattiva. A questa componente che tende per le ragioni dette ad eliminare il dissenso, se ne aggiunge un’altra che paradossalmente il dissenso lo amplifica riducendolo da pubblico a privato. Mi riferisco alla nuova esigenza di libertà nel campo della sessualità. Anzi meglio ancora in riferimento al gender che con la sessualità sembra avere nulla a che fare. Dunque con il gender, nasce un nuovo concetto di modernità, che per la verità con la definizione di società liquida definita dal sociologo Zygmunt Bauman, sostituiva il concetto di umanità con quello di un individualismo sfrenato. Dove ognuno non è più compagno di strada di qualcun altro, ma sempre e solo un suo antagonista. Ebbene ora dalla società liquida siamo passati a quella fluida. Dove l’appartenenza al genere sessuale non è stabilito dai cromosomi o dalle caratteristiche fisiche, ma risente dal modo e dal come ognuno vuole essere.  Per usare un linguaggio consono all’argomento, già conoscevamo l’aspetto della sessualità Lgbt+, ma ora ne conosciamo un altro, quello del gender fluid. Una nuova espressione questa in fatto di genere che corrisponde all’immagine socio psicologica che la persona ha di se stessa e per la quale desidera mostrarsi agli altri, modificando a seconda delle circostanze, il proprio aspetto. In sostanza un individuo gender fluid, non vuole essere etichettato secondo un preciso schema sessuale. In quanto non si considera né etero, nè bisessuale e nemmeno transessuale. Trattasi la sua di una identità di genere dalla componente sessuale fluida. Per questo la sua natura o il suo aspetto, varia nel tempo assumendo di volta in volta caratteristiche diverse. In base a questi concetti se ne può dedurre che non si tratti tanto di una questione di genere, ma di libertà. Una condizione individuale questa, da scoprire nel tempo e a seconda degli stimoli ricevuti.  Da qui, nasce allora la necessità di definire il pronome da attribuire a questi soggetti. A tal fine, tanto le istituzioni scolastiche che la onnipresente burocrazia ci stanno già pensando a come fare per sostituire il lei ed il lui, non più di moda. Ritornando al nostro tema della post- democrazia, sembra che questo aspetto del gender c’entri poco. C’entra invece un sostanziale cambiamento di tutta la società. Dove i vecchi presupposti della democrazia, legati al confronto delle idee, diventando obsoleti, vengono sempre meno affrontati e discussi. Sostituiti dai talk show e dalle immagini del grande fratello, mentre tutto il rimanente cade in disuso. Rimane del vecchio mondo il consumismo, anch’esso però in difficoltà causa la crisi economica, mentre emerge, con preoccupazione, la denatalità, per la quale fra circa 30 anni la maggioranza della popolazione sarà di natura islamica in sostituzione di quella un tempo cristiana.  Causa un cristianesimo in caduta libera perché affetto dal processo di una secolarizzazione di tipo sociologico, per la quale bisogna vivere secondo il tempo presente. Anche la famiglia ne subisce gli effetti. Il frigorifero pieno, che nel modello consumistico ed areligioso, rappresentava il primo nucleo costitutivo della società, è caduto in crisi per effetto della scomparsa dei valori, con in aggiunta la già citata crisi economica. Rimane la tecnologia imperante con tutte le sue regole, che del tempo prendono solo l’hic et nunc e non si preoccupano di pensare al dopo.  E la democrazia? Trattasi di una vecchia istituzione che ha perso il suo antico e valoroso charme e che rivela oggi tutta la sua affaticata vecchiezza, ancorata ad una stanca e consumata sopravvivenza. Stando così le cose, non se ne vede una sua resurrezione e forse il dopo o il peggio, in termini di socialità democraticamente condivisa, deve ancora avvenire.            

L’era post-democratica

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