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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Libertè egalitè fraternitè

Sono questi i principi della rivoluzione francese che mi ha ispirato la lettura dell’enciclica di Papa Francesco, battezzata ad Assisi e pubblicata il 4 ottobre, giorno in cui la Chiesa cattolica ricorda il santo patrono d’Italia. Per quanto l’enciclica che dal titolo” Fratelli tutti” sembra orientarsi soprattutto sulla fratellanza, non di meno gli altri due principi sembrano meritevoli di menzione.  Cominciamo allora dalla liberte’. Condizione, per Papa Francesco, indispensabile per riconoscere la dignità di ogni uomo. Un mondo senza muri e senza confini rappresentano infatti il primo elemento cui far riferire ogni libertà individuale. Intesa come libera capacità di muoversi in ogni direzione, per trovare, attraverso l’accoglienza, opportunità di lavoro, onde realizzare il miglioramento delle condizioni economiche e di conseguenza conquistare il diritto alla dignità. Dunque abolizione di ogni remora morale e mentale nei confronti di coloro che si spostano da un paese all’altro, visto che il mondo deve essere considerato un unico territorio, donato all’uomo da un Dio mosso esclusivamente dall’amore.  E che Francesco chiama appunto civiltà dell’amore.  Dalla liberte’ passiamo al secondo principio, l’egalite’. Che significa uguaglianza nel senso che la dignità, rappresenta per ognuno, un dato fondamentale e dunque inviolabile. L’appartenenza ad un mondo globale senza confini e muri, individua dunque per chiunque, oltre alla già citata libertà, la possibilità di essere considerato uguale agli altri, per diritti e doveri senza distinzione di sesso, condizioni economiche e luogo di provenienza. In un mondo come il nostro esiste infatti, come ricorda l’enciclica, una frattura fra il singolo e la comunità umana in quanto l’ossessione per il proprio benessere entra in contrasto con il desiderio di felicità dell’umanità condivisa.  In questo modo si crea un baratro che mette in dubbio lo stesso principio dell’uguaglianza. Un principio questo che diventa un diritto, come sostenuto dal pensiero laico e da cui sono nati i movimenti politici, civili e sindacali che hanno costituito quel punto d’arrivo che si definisce appunto il diritto sociale. Dalla triade di questi principi, il Papa orienta la sua enciclica soprattutto, sul terzo, la fraternite’, cercando di inserire la Chiesa dentro un mondo laico e spesso ateo, diretto discendente dalla Rivoluzione francese. Trovando, per farlo, ispirazione attraverso la religione islamica.  Infatti così scrive:” Mi sono sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al Tayyeb con il quale mi sono incontrato ad Abu Dhabi per ricordare che Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità e li ha chiamati a convivere come fratelli fra loro.” Nemici di questa fratellanza, chiamiamola pure universale, sono allora, per l’autore dell’enciclica,  il populismo che è l’equivalente del nazionalismo e  la cui esasperazione produce il razzismo. In seconda battuta, il liberismo, inteso come capitalismo individualistico.  Cominciamo dal populismo che in un qualche modo rappresenta una degenerazione di popolo. Quest’ultimo infatti costituisce una comune identità che lega un insieme di persone attraverso legami sociali, civili e culturali, tutti legati alla tradizione. Altra cosa invece il populismo il cui punto debole è rappresentato dalla negazione della nozione di popolo. Una condizione questa, considerata solo in funzione di un utilitarismo personale o in chiave puramente ideologica.  Così facendo popolo e democrazia, che è appunto il governo del popolo, si scindono e questa scissione può diventare l’anticamera del nazionalismo o addirittura del razzismo. Passo ora al secondo nemico, il liberismo, che si basa sulla legge del mercato e sulla proprietà privata. L’una e l’altra cosa vengono sottoposte a critiche. Il mercato in quanto da solo ,senza una base etica, non giustifica la libertà  che a volte si trasforma in arbitrio egoistico. Poichè una libertà disgiunta dalla verità e dall’etica diventa solamente un calcolo di vantaggi e svantaggi perdendo la coscienza del bene e del male. In altri termini una libertà senza giustizia (sociale) e senza misericordia non porta ad una stato di equità e di pace.  In questo contesto allora, la proprietà privata come deve essere intesa? Riporto quanto scritto: “la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata ed ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata.”  In sostanza la proprietà privata è solo un diritto naturale di natura secondaria che deve armonizzarsi con la destinazione universale dei beni, offerti a tutti in un rapporto di condivisione. Detto questo si potrebbe dedurre dall’ enciclica una vocazione alla povertà che ricorda appunto San Francesco. Ma questo solo apparentemente. Le differenze ci sono, eccome. In San Francesco infatti prevale l’amore di Dio in termini assoluti, mentre l’amore verso le creature ed il creato in genere, sono l’occasione per celebrare la gloria di Colui che governa il mondo. Come pure, per lui, il senso della fratellanza separata da Dio diventa altra cosa, quella che ho definito appunto come Fraternite’.  In Papa Bergoglio invece, questa trascendenza si nota poco, in funzione di una liturgia del creato che privilegia le cose terrene, messi sì a disposizione da Dio, ma in funzione di saper accogliere, proteggere, promuovere ed integrare uomini e cose. Dunque è la celebrazione di una natura, compresi gli stessi migranti, che  appare orfana del Dio padre, per il quale sembra mancare quel legame sacro che ci lega alla terra in attesa del passaggio celeste. L a citazione in chiusura di personaggi come Martin Luther King, Desmond Tutu ed il Mahatma Gandhi, lo stanno a dimostrare. Ma anche senza voler trattare il tema teologico in chiave cristiana, che in Francesco sembra legarsi ad un rapporto benevolo nei confronti di tutte le altre religioni che si  riconoscono  nei principi di tolleranza e di pace, anche sotto il profilo ideologico si notano alcune mancanze. Tipiche d’altra parte dei cattolici cosiddetti progressisti. Che volgono lo sguardo più tollerante verso la Cina comunista e liberticida, anche in fatto di libertà religiosa, che non verso l’occidente.  Con riferimento soprattutto verso L’America cristiana, ma conservatrice. Per questo ribadisco il titolo che ho dato al mio pezzo. Un che di spirito rivoluzionario alberga infatti fra le righe dell’enciclica. Cauto e pacato finché si vuole, ma di una fraternitè, che oltre allo spirito della pace e della tolleranza, ricorda anche quello comunardo. Quello per intenderci della Comune parigina del 1871, non a caso ammirata da Marx ed in cui morì Giuseppe Cavallotti, fratello di Felice. Così pare.

Libertè egalitè fraternitè

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