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Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Da “Un altro Ferragosto” ad un’altra Italia

Credo di avere visto tutti i film di Paolo Virzì, di alcuni ricordo la trama, di altri i personaggi e gli attori che li hanno interpretati. L’intera sua produzione cinematografica può essere considerata la cartina di tornasole della società italiana, del momento storico che, di volta in volta, ha caratterizzato la politica e le aspirazioni delle nuove generazioni.

L’ultimo film che in questi giorni troviamo proiettato sugli schermi è “Un altro Ferragosto”, il sequel di “Ferie d’agosto”, film del 1996, parte degli attori sono gli stessi, un po’ più invecchiati ma ugualmente bravi. Vi sono le stesse famiglie, i Molino ed i Mazzalupi, a rappresentare due facce di un’Italia da sempre divisa, tra chi ricorda bene la storia e perciò affronta il presente in un’ottica progressista e chi ignora la storia e galleggia in un presente privo di valori, superficiale ed amorfo.

Protagonista del film è un luogo geografico preciso: l’isola di Ventotene. L’isola che ha trasformato dei reclusi nella nuova classe dirigente dell’Italia postfascista, dell’Italia repubblicana nata dalla Resistenza. L’isola che, con il Manifesto di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi del 1941, ha gettato le basi per la creazione della nuova Europa, quella che avrebbe unificato popoli che erano stati perennemente in guerra.

Partendo da queste premesse sorge spontanea la domanda: cos’è l’Italia oggi? È veramente divisa in due come le due famiglie protagoniste del film? E se la realtà è veramente quella rappresentata può esserci un qualche futuro? Se consideriamo la percentuale dei votanti bisogna dire che è veramente divisa in due: oramai vota solo il cinquanta per cento degli aventi diritto. La democrazia si fonda sulla partecipazione, ma se a votare si reca solo metà della popolazione è chiaro che è una democrazia monca, o meglio è un potere (kratos) senza popolo (demos).  A decidere basta una maggioranza che rapportata alla totalità degli aventi diritto al voto rappresenta il tredici per cento (100% diritto al voto, vota il 50%, la maggioranza a questo punto è del 26% che rapportato al 100% diventa il 13%). Questo avviene in Italia come nella maggior parte delle cosiddette democrazie occidentali, che a questo punto non sono più delle vere democrazie ma oligarchie di potere che non tengono in benché minima considerazione la volontà reale della maggioranza.  

Ma torniamo a noi, altrimenti il discorso politico ci porterebbe lontano, talmente lontano da non poterne vedere la fine: un discorso senza fine, come senza una precisa conclusione finisce questo film. Sandro (Silvio Orlando) è oramai un vecchio moribondo, l’unico a ricordare la storia, a parlare di fascismo ed antifascismo, parole che oggi bisogna pronunciare a bassa voce se non si vuole essere considerati  uno dei tanti “intellettuali  alternativi sempre nudi con gli spinelli” o “professoroni radical chic”. Sandro si illude di potere ancora cambiare qualcosa dettando al nipote una famigerata lettera indirizzata al Parlamento Europeo per salvaguardare la memoria di Ventotene, è un personaggio triste, un vecchio che colloquia nell’isola con i confinati antifascisti (Spinelli, Rossi, Pertini, Longo, Terracini, Scoccimarro, Camilla Ravera, Di Vittorio ed altri). Alla luce di tutto ciò che lo circonda Sandro è una figura patetica, un don Chisciotte non solo destinato alla sconfitta finale, ma già sconfitto in partenza.

Il mondo adesso è degli influencer (Agnese,Sabry-Anna Ferraioli Ravel) e dei loro mentori (Cesare-Vinicio Marchioni) o di imprenditori  falliti e senza scrupoli (Pierluigi-Christian De Sica) non certo del cinefilo Mauro (Silvio Vannucci), che rimasto nell’isola per trent’anni continua a proiettare film d’essai, cercando ipotetici dibattiti critici da parte di un pubblico assente. L’unico intervento sarà di un avventore casuale Daniela, l’ex moglie di Cesare, che farà non un intervento critico sul film ma una confessione al vetriolo sulla triste realtà quotidiana: “stamo a morì e annamo in giro a salvare le balene, ma chi se le incula le balene!”.  

L’ignoranza contemporanea, genuina e senza alcuna vergogna, viene rappresentata dall’influencer Alby: “onestamente questa cosa del confine a Ventotene non l’ho mai sentita. Ma fatemi capire, ce stava la dogana tipo quando vai all’estero?”.

Il film è più che una commedia una vera e dolorosa tragedia: il ridicolo contemporaneo che ha sostituito un mondo di ideali e di valori che non c’è più. Un altro Ferragosto è anche un film sul tempo, sul trascorrere del tempo. Il tempo che passa per ognuno di noi è un fatto drammatico, ma diventa una tragedia sociale quando la storia ed il passato  vengono sostituiti dall’arroganza e dalla volgarità dell’ignoranza!

Da “Un altro Ferragosto” ad un’altra Italia

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