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Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Dalla lettura di un romanzo a ricordi giovanili

“Da una parte, Maria Inez Cortese, la ragazza che lei non ha il coraggio di guardare perché si sente una carnefice, un’assassina… Dall’altra, i lunghi anni di sofferenza: la miseria di Racalmuto, la fame, il matrimonio per procura con uno qualunque, purché gli consentisse di sfuggire alla ferocia di quell’ambiente, e poi il lungo calvario negli Stati Uniti… fino alla piccola locanda, che ha segnato un’ascesa sociale… ma proprio allora , il ricatto degli aguzzini, l’incendio della locanda, il debito con gli strozzini”. In poche righe troviamo il riassunto della storia dell’emigrazione degli italiani in America, nel caso particolare si parla di un paese siciliano Racalmuto, da dove l’ondata migratoria verso gli States da fine Ottocento in poi è stata una vera e propria emorragia.  

Ma sempre in quel periodo è stata enorme l’emigrazione anche dal Centro e dal Nord Italia, è ben testimoniata l’emigrazione piacentina nel MES (Museo Scalabriniano dell’Emigrazione). La parte iniziale di questo articolo è tratto dal libro di Carla Maria Russo “Cuore di donna” (Piemme -2022) ed è stato il nome di quel paese che mi ha catapultato nei ricordi d’infanzia.

Oramai avanti negli anni, tornava, sarà successo un paio di volte,  una lontana parente proprio a Racalmuto, paese dell’entroterra agrigentino.  Era, la ‘za Maricchia (vezzeggiativo di Maria) la cognata dell’unica  bisnonna ancora in vita, quand’ero allora un ragazzino, arrivava in nave a Palermo. In macchina noi parenti l’aspettavamo al porto per portarla proprio nel suo paese natale, dopo un viaggio che sembrava interminabile, bisognava attraversare i tanti paesi dell’entroterra isolano. La zia d’America raccontava, mentre eravamo riuniti a tavola, durante interminabili pranzi estivi, alla presenza di quattro generazioni (la mia, di mia mamma, di mia nonna Rosalia e mia bisnonna Concetta), drammatiche storie di fatti realmente accaduti in quel lontano Continente. Probabilmente saranno state storie che riguardavano i tanti Mancuso. Questo è il cognome di due coniugi emigrati a New York dove gestivano una locanda teatro dei fatti delittuosi a cui si riferisce il romanzo.  Nulla vieta pensare che i Mancuso, emigrati in America, siano realmente esistiti. Anche se l’autrice, come ha specificato nelle prime pagine del romanzo, dichiara che è un’opera di fantasia. Ma come spesso avviene nelle opere d’invenzione, la fantasia rappresenta la realtà e spesso la stessa realtà supera la fantasia!

Si trovano in questo libro storie di uomini e donne intrecciate a fatti di portata storica. La storia dell’emigrazione italiana ha visto in America la formazione delle piccole comunità che si formavano nella Little Italy. La comune  provenienza regionale, in primis il dialetto, era il collante di queste comunità. Poi la religione cattolica. Gli italiani erano discriminati, un po’ come i negri, perché erano l’opposto dei “wasp”, acronimo di bianco di origine anglosassone  e di religione protestante. Non solo erano discriminati, erano anche sottomessi a bande criminali parassitarie, organizzazioni che si reggevano sull’usura, la violenza, la riscossione del pizzo.

Una di queste era la Mano Nera, primordiale organizzazione mafiosa che diventerà in pochi anni talmente potente da venire a patti con il potere politico statale (lo sbarco degli americani in Sicilia è stata una manifestazione tangibile di questa collaborazione). Ma c’era anche chi ha fortemente contrastato questo sistema criminale, e guarda caso è stato proprio  chi era cresciuto proprio a Little Italy (sobborgo di New York), figlio della stessa emigrazione: Giuseppe Petrosino, detto Joe.

Petrosino era nativo della nota Padula, famosa per la Certosa, e per la casa-museo, un vero e proprio Memoriale a lui dedicato, cittadina del salernitano che lambisce la Calabria. Petrosino combattè la Mano Nera così come in tempi a noi più prossimi a combattere la mafia sono stati magistrati nati e vissuti nello stesso tessuto sociale  come i giudici Falcone e Borsellino. La stessa Palermo dove oltre ad esservi nati e vissuti sono stati anche uccisi. Già a Palermo, a piazza Marina, era stato ucciso lo stesso Joe Petrosino. La storia si è ripetuta tante volte. Cambiano i luoghi, le persone, i modi ma non i motivi dei tanti delitti di cronaca.

Il libro della Russo non è un romanzo storico ma ci fa riflettere sulla storia, sulla storia dell’emigrazione, della mafia, della condizione della donna. Non è casuale il riferimento ad un avvocato difensore: la prima donna avvocato della storia americana. A dimostrazione che la lotta per la liberazione dal crimine è la lotta per l’emancipazione dei più deboli ed in questo caso delle donne, vittime della miseria, delle tradizioni e delle leggi maschiliste. 

La zia Maricchia, sposata per procura,  all’arrivo in America non se l’era passata bene. Aveva dovuto fare i conti con la lingua, con un rapporto coniugale difficile a causa delle abitudini del marito, con un mondo ostile come lo era per tutti gli immigrati italiani. Ma poi era riuscita a raggiungere una buona posizione sociale, tanto da potersi permettere dei viaggi e mandare regali.

La zia Maricchia negli States. Gli zii Calogero, Gaetano e Luigi seguiranno in tempi diversi il viaggio dei tanti racalmutesi in Canadà. Ad Hamilton è emigrato un paese intero a formare un’altra Little Italy. La storia sembra non voler cambiare corso: da fine Ottocento a tutto il Novecento. A Racalmuto come nell’appennino piacentino. Un viaggio  vissuto con la nostalgia di un ritorno continuamente sognato, purtroppo mai più realizzato. La storia non ci ha insegnato nulla se continuiamo imperterriti ad assistere alle centinaia di morti in mare dei tanti profughi disperati che cercano, in ogni modo e con ogni mezzo, di sottrarsi alla guerra ed alla miseria!

Dalla lettura di un romanzo a ricordi giovanili

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