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Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Il mondo sarà veramente al contrario?

Ogni teoria ha i suoi postulati. I postulati sono quei principi indimostrabili da cui prendere le mosse per costruire un teorema. Non sono quindi dimostrabili ma servono, attraverso logiche deduzioni, a costruire sistemi. Questo vale nel campo della geometria, di altre scienze o della pura speculazione filosofica.

Il cartesiano “Cogito ergo sum” può essere considerato un esempio di indimostrabile postulato filosofico. La ragion pratica di Kant si basa sui noti tre postulati: dell’immortalità, della libertà e dell’esistenza di Dio. Così potremmo continuare con altri infiniti esempi in campo filosofico.

Sono stati tentativi nobili che hanno aperto nuove vie al pensiero ed alla conoscenza. Alcuni pensano che costruire teorie basandosi sul senso comune e sul buon senso, espressi dalla maggioranza sia una logica inoppugnabile per essere nel giusto, di esseri sapienti, di gridare ai quattro venti verità assolute!

Ebbene, mi è sembrato di capire che il generale Roberto Vannacci con il suo libro “Il mondo al contrario” abbia posto come postulato di tutta la sua speculazione filosofica “il buonsenso”. Si identificano e si sovrappongono in tutto il testo come premessa ad ogni ragionamento due concetti che in realtà non sono identici, come vedremo non sono sinonimi, anzi l’uno è la negazione dell’altro.

Così dice espressamente già nel primo capitolo il nostro generale: “Il buonsenso costituisce la chiave per approcciare le tante problematiche che affliggono il nostro Paese”. Allora viene spontaneo chiedersi cos’è il buonsenso, il buon senso ed il senso comune secondo Vannacci? Ecco la spiegazione che troviamo subito dopo: il buonsenso è la maggioranza che decide, è la libertà, la legalità. Il buonsenso sono anche alcune espressioni comuni dei nostri nonni, così come il concetto di dovere, servizio, dedizione, Patria, sacrificio, gavetta, merito. Quindi si può dedurre come il buon senso ed il senso comune vengono nella sua logica ad essere concetti equivalenti, principi assoluti che la tradizione ci assicura essere la base da cui partire per valutare qualsiasi fenomeno politico e sociale dei nostri giorni.

A darci una mano, per dipanare questa piccola matassa concettuale, chiameremo a testimone il nostro caro Alessandro Manzoni, degno rappresentante della tradizione culturale della Patria nostra. E non il Manzoni della Colonna Infame ma il Manzoni dei Promessi Sposi.

“Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune” questo scrive Alessandro Manzoni nel XXXII capitolo dei Promessi Sposi. È il capitolo dove si parla della peste e degli untori che l’avrebbero provocata, e della “gente savia che non era molto persuasa che fosse vero il fatto di quegli untori velenosi”.

Manzoni quindi considerava antitetici il senso comune ed il buon senso, due concetti diametralmente opposti.

Il buon senso apparteneva a quelle poche persone che non erano molto persuase che la peste fosse stata provocata dagli untori, erano quindi persone sagge. Il buon senso rappresenta il pensiero critico, la capacità di giudicare, la capacità individuale di riflettere sui fatti e sulle persone.

Il senso comune invece è della maggioranza, convinta che la peste l’avessero portata in città gli untori, quegli untori che poi sarebbero stati le vittime della Colonna Infame. Il senso comune allora che dovrebbe essere sinonimo di equilibrio e assennatezza diventa in realtà luogo comune, banalità, grettezza, perbenismo. In una parola il senso comune è falso, come ingannevoli sono spesso le “verità” della maggioranza. L’ha dimostrato la storia in tante occasioni, una su tutte: la maggioranza dei tedeschi era per Hitler e la sua scellerata politica. I pochi della Rosa Bianca furono i soli a contrastarla, pagando con la morte la loro scelta, decretata dalla legge espressione della maggioranza. Un caso esemplare di maggioranza stolta in contrasto con la saggezza dei singoli individui.

Si attribuisce di solito il buon senso solo alle persone che sono d’accordo con noi. Si fa una piccola traslazione concettuale, il buon senso che coincide con il buon senso delle persone che la pensano come me lo si fa diventare senso comune. Il cane che si morde la coda: la mia visione della realtà è il buon senso, perché coincide con chi la pensa come me, allora da maggioranza il mio buon senso diventa senso comune ed il senso comune diventa la cartina di tornasole per trasformare una mia opinione in vertà assoluta.

Si esalta un mondo scomparso, quando bisognava dare figli alla Patria da trasformare in baionette: “il problema della natalità non esisteva nel Belpaese, tra mille difficoltà, le famiglie che oggi definiremmo numerose rappresentavano la normalità di un’Italia, più rurale, più arretrata ma forse più felice di ora”. Sono capitoli tristi quelli che riguardano la famiglia, la Patria, la sessualità e la scelta di genere. Si sostiene l’idea di Patria come terra, cultura, etnia e tradizioni, tutti valori da contrapporre a globalismo, multietnicità, internazionalismo. “Non sono cittadino del mondo” il suo motto. Eppure bisognerebbe esserlo cittadini del mondo, come sosteneva Elio Vittorini. Essere “un’umanità che ha per patria il mondo”, un’unica Patria senza barriere e frontiere che dividono e sono la “conditio sine qua non” di guerre e disastri umanitari.

Con ciò non si vogliono buttare a mare tutti gli assiomi del libro. Meritano attenzione, possono addirittura meritare condivisione alcuni capitoli che riguardano lo sviluppo energetico, le auto elettriche, l’animalismo. Oltre a prendere le distanze da alcune prese di posizione, qui si vuole solo dimostrare principalmente l’infondatezza metodica del procedere speculativo del nostro generale. 

Unicuique suum: ai filosofi la speculazione etica ed estetica ai militari la capacità di eseguire o dare ordini.

Il mondo sarà veramente al contrario?

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