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Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

“Non sparate sulla scuola”, alcune considerazioni

Sulla scuola in Italia si è scritto tantissimo e si continua a scriverne. Diversamente non potrebbe essere considerato che è la più grande comunità organizzata del Paese, dove sono coinvolte, in un modo o nell’altro, prima o poi, tutte le famiglie italiane. I giovani perché devono frequentarla per legge fino ai sedici anni, praticamente fino al biennio superiore, visto che la legge n. 296 del 2006 ha innalzato l’obbligo scolastico a dieci anni.

I dipendenti tra personale docente e personale tecnico ed ausiliario, si aggirano intorno al milione e duecentomila, il loro numero fa sì che la scuola sia la maggiore azienda nazionale.

Quindi, conseguenza logica vuole che se ne parli e se ne scriva. Così di tanto in tanto qualche pubblicazione ci ricorda l’importanza della scuola e cerca di farci un quadro completo dello stato in cui versa e indica tutte le possibili soluzioni affinché si possa uscire dalla situazione di stallo. Così anche stavolta, caduto nella trappola dei titoli ad effetto, ho letto il libro di Gianna Fregonara ed Orsola Riva: “Non sparate sulla scuola”. Il libro dovrebbe fotografare, nelle intenzioni delle due autrici lo stato della scuola ed essere un compendio delle eventuali proposte di riforma. Non a caso il sottotitolo recita: “Tutto quello che non vi dicono sull’istruzione in Italia”.

Il libro ha tanti pregi, ma un difetto di fondo: è scritto da chi la scuola non l’ha vissuta, né la vive dall’interno. Sono due giornaliste, di un importante giornale nazionale, che si occupano del settore scolastico. Come giornaliste riportano dati statistici e metodologie di valutazione di cui conoscono il loro significato teorico, direi ex legis. Mi riferisco ad esempio al riferimento ed al peso che danno alle prove Invalsi, come fossero la cartina di tornasole della reale preparazione degli studenti. Sappiamo che così non è. Le prove sono spesso concepite come quiz, dove il risultato deve essere univoco e privo di qualsiasi riflessione critica sull’argomento. Questo lo sanno bene gli insegnanti che quelle prove sono costretti a valutare. Continuare a giudicare la preparazione degli alunni attraverso quelle prove è come continuare a credere che le prove di ammissione nelle università a numero chiuso, rispecchino la reale preparazione ed attitudine degli studenti. Esempio eclatante le prove per accedere a medicina, facoltà a numero chiuso per antonomasia. 

Succede negli ultimi anni che studenti, che hanno riportato il massimo dei voti alla maturità, non vengano ammessi nelle università pubbliche. Chi ha le possibilità economiche si laurea nelle università private o all’estero. Dopo la laurea, molti di coloro che erano stati esclusi riescono a raggiungere i massimi vertici nel loro settore.

Nel libro le autrici sostengono anche l’abolizione dei compiti a casa o i compiti per le vacanze. Sono questi compiti, a giudizio degli insegnanti, la prova provata del collegamento scuola-famiglia, infatti le famiglie possono valutare lo svolgimento del programma e stimolare l’impegno dei ragazzi.

Nel libro sono evidenziate le numerose riforme che non sono mai arrivate in porto, riforme che si sono susseguite ed inseguite nel corso degli ultimi decenni. Dettate dai vari ministri delle Finanze, a queste riforme si sono inchinati i vari ministri dell’Istruzione, non avendo la forza e lo spessore culturale per opporsi. Ne conosciamo i nomi, e purtroppo la loro preparazione in ambito pedagogico, come la loro generale levatura culturale.

Risultato eclatante di questa politica di tagli all’istruzione sono le famigerate classi pollaio, credo unico esempio di sovraffollamento in ambito europeo. La diminuzione demografica favorirà la formazione di classi meno numerose o si continuerà invece sulla triste strada dei tagli ed avremo quindi solo meno scuole e classi ancora più numerose? Sul ruolo degli insegnati e sulla loro considerazione sociale le nostre autrici riportano giustamente la frase pronunciata nel 1963 da John Fitzgerald Kennedy: “I cinici e gli scettici moderni non vedono nulla di male nel pagare a coloro ai quali affidano le menti dei loro figli uno stipendio inferiore a quello pagato a coloro ai quali affidano la manutenzione del loro impianto idraulico”. Oggi a sessant’anni di distanza nulla è cambiato! Tenuto conto della considerazione sociale della figura dell’insegnante nell’ambito della società, delle prese di posizione dei tanti genitori, amici dei figli e loro avvocati, della burocratizzazione del ruolo del docente, dell’atteggiamento arrogante e presuntuoso di taluni studenti, non è difficile riproporre quanto Leonardo Sciascia scrisse nelle Parrocchie di Regalpetra: “Entro nell’aula scolastica con lo stesso animo dello zolfataro che scende nelle oscure gallerie”. Per rimanere in Sicilia si riporta il caso di un ricorso al Tar  di una famiglia di Canicattì perché il loro ragazzo aveva preso nove all’esame di licenza media anziché dieci. Ma l’aneddotica riguarda tutto lo stivale, a Varese un padre non ha fatto svolgere i compiti estivi perché doveva, nei mesi estivi, insegnargli a vivere.

Se è vero che a pensare si impara pensando, rischiamo, senza una vera riforma strutturale, di formare cittadini privi di capacità critiche autonome perché non abbiamo formato giovani allenati a pensare, a riflettere. Non abbiamo cioè fornito loro tutte quelle capacità logico-matematiche e linguistiche, oltre quelle digitali, indispensabili ad affrontare il cambiamento e le trasformazioni continue cui siamo sottoposti.

Dimentichiamo spesso che il migliore investimento per uno Stato è investire nella conoscenza, perché come sosteneva Benjamin Franklin “Nessun altro investimento paga migliori interessi”. E l’Italia spende poco e male, basta pensare allo spreco delle sedie a rotelle durante la pandemia e quel poco continua a diminuire negli anni, un lugubre passaparola da un governo all’altro.

Il libro oltre che essere una lente di ingrandimento sull’istruzione nazionale, segnalando le inadempienze e gli errori commessi offre uno spiraglio di fiducia, indica alcune soluzioni idonee a contrastare la dispersione scolastica, ad affrontare la sfida dell’intelligenza artificiale, a come formare una classe docente preparata, ad affrontare un piano di riforme lente e costanti, portate avanti da un governo ad un altro, come il passaggio del testimone in una gara a staffetta.

“Non sparate sulla scuola”, alcune considerazioni

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