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Venerdì, 26 Aprile 2024
Locale-globale. Noi visti da fuori

Locale-globale. Noi visti da fuori

A cura di Flaviano Celaschi

Senza storia, né geografia e senza campo

Che bello e che strano per un italiano vivere in un luogo che non ha storia né geografia, noi che siamo così stabili ed attaccati a tutto ciò che circonda il luogo dove siamo nati e da cui ci sembra possibile non staccarci mai. Noi che siamo così intrisi di storia che il futuro ci sembra impossibile anche solo da pensare

Per arrivare a Jericoacoara si parte da Fortaleza (Nord est del Brasile) con un autobus e dopo cinque ore di strada si arriva dove la strada finisce. Si sbarca dalla corriera e si monta su un Suv vero, un quattro ruote motrici vere ed adeguato alla strada che non c’è, quindi dopo altre due ore di fuori pista, tra dune e boschetti radi, si arriva in un paesello di circa 800 anime che si chiama Jericoacoara, una delle mete turistiche più ambite del mondo, celeberrimo in Brasile e in tutto il sud America.

Jericoacoara fu fondato, pare, dagli Hippies americani verso la fine degli anni ’60 per avere un luogo dove vivere una dimensione libera e liberamente out, droghe ed eccessi, senza controlli nè casini. Gli eccessi ci furono e nessuno si ricorda più nulla del tempo della fondazione, le strade sono di sabbia e le case, poche, sono Posadas che ospitano i turisti, soprattutto in occasione del Revellion (Capodanno) equatoriale. Chi fondò davvero questo luogo, quando, come e perché, sono tutte domande aperte. Nessuno ha tenuto nota, né di quel momento, né dei decenni successivi. Ogni tanto qualche europeo acquista una Posada e la gestisce per qualche anno. Anche italiani, uno è un piacentino che vive là con la compagna brasiliana e due figli, molti milanesi che dopo Puerto Escondido (in Mexico) hanno cambiato luogo di fuga dalla realtà.

Qui le dune di sabbia arrivano a cento metri di altezza, ma soprattutto il vento le muove al ritmo di circa 20 metri l’anno dalla terra ferma al mare, dove si inabissano. Queste dune di sabbia chiara periodicamente travolgono il paesello che di conseguenza è costretto a spostarsi più in la di qualche centinaio di metri. Passata la duna, tre anni dopo, si ritorna nelle vecchie case abbandonate e si toglie la sabbia per riabitarle. Non c’è quindi una geografia certa né stabile, è tutto un andare e venire instabile. Ad un italiano sembra di impazzire, ancorati come siamo alla nostra villetta o al nostro appartamento che pensiamo durerà tutta la vita del mondo. Jericoacoara non ha geografia, né mappe, ne carte geografiche: da una parte c’è il mare, dall’altra c’è la sabbia, stop.

Che bello e che strano per un italiano vivere in un luogo che non ha storia né geografia, noi che siamo così stabili ed attaccati a tutto ciò che circonda il luogo dove siamo nati e da cui ci sembra possibile non staccarci mai. Noi che siamo così intrisi di storia che il futuro ci sembra impossibile anche solo da pensare.

Come si fa a vivere qui? Ci si adatta, direbbe Darwin, e poco alla volta, ma qui la natura aiuta, ci si arrende all’idea che il presente è importante, che le persone con cui puoi relazionarti le hai davanti, perché a Jericoacoara due anni fa non c’era campo per la rete internet. E le persone erano lì davanti a te, oppure a due ore di fuoristrada da te, a 7 ore di autobus, a 11 ore di aereo.

Come si vive nel presente? E’ come fare una doccia interiore. Velocemente tutte le certezze diventano fragili, tutte le abitudini superflue. Tutte le ore buone per vivere e godere un essenziale primordiale. E quando torni a casa non sei più uguale a prima, vedi le cose in un’altra prospettiva, relativizzi, la lite al semaforo ti sembra surreale, la coda alle poste, il telegiornale, facebook, sembrano giochini inutili.

Sabbia e solo sabbia e mare, e dune che vanno e tornano e tu ti sposti più in là: una cosa che mi fa immaginare il concetto di Zen.

Senza storia, né geografia e senza campo

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